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Ne bis in idem e patrocinio: la Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione del principio del ne bis in idem in un caso di false dichiarazioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato. La Corte ha chiarito che, per stabilire se due fatti sono identici, il giudice deve compiere un’analisi concreta e non fermarsi a dati formali come le diverse date o i numeri dei procedimenti. Il reato si consuma con la sottoscrizione della dichiarazione, e presentazioni multiple nello stesso procedimento non costituiscono reati distinti. La decisione sottolinea l’importanza di una valutazione storico-naturalistica per garantire il divieto di doppio processo.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem e patrocinio a spese dello Stato: la Cassazione traccia i confini

Il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 649 del codice di procedura penale, rappresenta un pilastro di civiltà giuridica: nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto. Ma cosa si intende esattamente per ‘medesimo fatto’? Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 25125/2025) offre un importante chiarimento in materia, specificamente in relazione al reato di false dichiarazioni per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato.

I Fatti del Caso

La vicenda riguarda un cittadino che si è trovato ad affrontare due distinti procedimenti penali per la medesima accusa: aver presentato una dichiarazione non veritiera per ottenere il beneficio del patrocinio a spese dello Stato. Un procedimento si era concluso con una sentenza di assoluzione, mentre l’altro con un decreto penale di condanna. L’interessato ha quindi fatto ricorso, sostenendo che i due procedimenti riguardassero lo stesso identico fatto e che, pertanto, dovesse trovare applicazione il principio del ne bis in idem.

Il giudice dell’esecuzione, tuttavia, aveva respinto la richiesta, ritenendo che i fatti fossero diversi perché ‘commessi in date differenti, addirittura in annualità differenti, ed oggetto di due diversi procedimenti’. Una motivazione che la Corte di Cassazione ha giudicato carente e non conforme ai principi di diritto.

La Decisione della Cassazione sul ne bis in idem

La Suprema Corte ha annullato il provvedimento impugnato, rinviando il caso al Tribunale per un nuovo esame. La decisione si fonda su una rigorosa interpretazione del concetto di ‘medesimo fatto’ e del momento in cui si consuma il reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 115/2002.

Il Momento Consumativo del Reato

Uno dei punti centrali della sentenza è la precisazione del momento consumativo del reato di falsa dichiarazione. La Cassazione ribadisce che il reato si perfeziona con la sottoscrizione dell’atto contenente le false attestazioni sulle condizioni di reddito. La successiva presentazione della domanda al giudice è considerata un ‘post factum non punibile’, rilevante al più per individuare il termine di prescrizione.

Di conseguenza, la semplice presentazione dello stesso documento più volte, all’interno del medesimo procedimento, non integra una pluralità di reati. La condotta penalmente rilevante è unica: la formazione della dichiarazione falsa.

La Valutazione concreta del ne bis in idem

La Corte critica aspramente l’approccio del giudice di merito, definendolo astratto e formalistico. Affermare che i fatti sono diversi solo perché le date o i numeri dei procedimenti non coincidono è un errore. Per applicare correttamente il principio del ne bis in idem, è necessaria una valutazione ‘storico-naturalistica’ del fatto. Il giudice deve scendere nel concreto e verificare se vi sia una piena coincidenza di tutti gli elementi: la condotta, l’evento, il nesso causale e le circostanze di tempo, luogo e persona.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si concentrano sulla carenza dell’indagine svolta dal giudice dell’esecuzione. Quest’ultimo avrebbe dovuto:

1. Confrontare il contenuto effettivo delle dichiarazioni presentate nei due procedimenti per accertare se si trattasse dello stesso documento o di documenti diversi, relativi a redditi e annualità differenti.
2. Analizzare il perimetro dell’imputazione in entrambi i provvedimenti (la sentenza di assoluzione e il decreto penale) per capire quale fatto specifico fosse stato contestato e giudicato.
3. Verificare la natura della richiesta: si trattava di due autonome e distinte domande di ammissione al patrocinio per procedimenti diversi, oppure di una mera reiterazione della stessa istanza all’interno del medesimo contesto processuale?

Senza questi accertamenti concreti, è impossibile stabilire se i fatti siano sovrapponibili. La decisione del giudice, basata solo su elementi formali, viola il dovere di una motivazione approfondita e aderente alla realtà fattuale.

Conclusioni

Questa sentenza riafferma un principio fondamentale per la tutela dei diritti del cittadino: il divieto di essere processati due volte per la stessa condotta non può essere aggirato da distinzioni meramente formali. I giudici hanno il dovere di condurre un’analisi sostanziale e approfondita del ‘medesimo fatto’, andando oltre la superficie dei dati procedurali. La pronuncia offre un’utile guida per distinguere tra una pluralità di reati e un’unica condotta illecita, specialmente in contesti, come quello del patrocinio a spese dello Stato, dove la presentazione di documenti può essere un atto complesso e articolato. Per i cittadini, è una garanzia in più contro il rischio di subire un’ingiusta duplicazione di procedimenti penali.

Quando si commette il reato di falsa dichiarazione per il patrocinio a spese dello Stato?
Il reato si considera commesso nel momento in cui viene sottoscritto l’atto contenente le false dichiarazioni sulle condizioni di reddito o, al più tardi, con la sua presentazione al giudice.

Presentare più volte la stessa dichiarazione per il gratuito patrocinio costituisce più reati?
Non necessariamente. Se la stessa dichiarazione viene presentata più volte nello stesso procedimento, la condotta penalmente rilevante è unica e non si configura una pluralità di reati. La situazione potrebbe essere diversa se la dichiarazione venisse utilizzata per ottenere il beneficio in procedimenti distinti e autonomi.

Cosa deve fare il giudice per stabilire se si applica il principio del ne bis in idem?
Il giudice non può basarsi su dati formali come le diverse date o i numeri dei procedimenti. Deve invece condurre un’analisi concreta e approfondita, confrontando il contenuto delle imputazioni e delle dichiarazioni per verificare se esista una corrispondenza storico-naturalistica completa tra i fatti giudicati (condotta, evento, nesso causale, circostanze di tempo, luogo e persona).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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