Ne bis in idem: La Cassazione definisce i limiti del divieto di doppio processo
Il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 649 del codice di procedura penale, rappresenta una colonna portante del nostro sistema giuridico, garantendo che nessun cittadino possa essere processato due volte per lo stesso identico fatto. Tuttavia, l’applicazione di questa garanzia non è sempre automatica e richiede una precisa identità tra i fatti oggetto dei due procedimenti. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 14280/2024) offre un’importante lezione su questo tema, chiarendo quando il ricorso basato su tale principio risulta infondato.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un uomo, condannato in appello per il reato di minaccia aggravata (art. 612 cpv. c.p.). L’imputato, tramite il suo difensore, si è rivolto alla Corte di Cassazione sostenendo, tra le altre cose, la violazione del principio del ne bis in idem. A suo dire, egli era già stato giudicato per il medesimo fatto con una sentenza emessa da un altro giudice e divenuta irrevocabile.
La difesa lamentava quindi che la Corte d’Appello avesse erroneamente confermato una condanna per una vicenda già coperta da giudicato, chiedendo di annullare la sentenza.
Il ricorso e la presunta violazione del ne bis in idem
Il motivo di ricorso presentato alla Suprema Corte non si è limitato a invocare la violazione del ne bis in idem, ma è stato giudicato dagli stessi Ermellini come generico, disordinato e caotico. Secondo la Corte, l’esposizione delle doglianze non rispettava i canoni di una censura ragionata e non permetteva di inquadrare chiaramente i vizi di legittimità denunciati. Questo difetto formale ha rappresentato il primo ostacolo all’accoglimento del ricorso.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile per due ragioni fondamentali: una di forma e una di sostanza.
Innanzitutto, come anticipato, il ricorso è stato ritenuto inammissibile per genericità e aspecificità. La giurisprudenza costante richiede che il ricorso per cassazione articoli le censure in modo chiaro e ordinato, permettendo alla Corte di comprendere le ragioni di diritto che si assumono violate. Un’esposizione prolissa e caotica, come quella del caso di specie, non soddisfa questo requisito.
In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha ritenuto il ricorso manifestamente infondato nel merito. Il cuore della decisione risiede nella corretta interpretazione del principio del ne bis in idem. La Cassazione ha ribadito che la preclusione processuale derivante da un precedente giudicato opera solo quando vi sia una perfetta identità tra il fatto storico già giudicato e quello oggetto del nuovo procedimento.
Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva già correttamente escluso la violazione del divieto, poiché aveva accertato che la condanna impugnata e quella precedente, divenuta irrevocabile, si riferivano a due distinti fatti storici e, di conseguenza, a due diverse condotte dell’imputato. Anche se i reati potevano essere simili nella loro qualificazione giuridica, gli eventi materiali che li costituivano erano differenti. La preclusione, quindi, non poteva operare.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame rafforza un punto cruciale per l’applicazione del ne bis in idem: la valutazione deve concentrarsi sull’identità del fatto storico (idem factum) nella sua dimensione naturalistica, comprensiva di condotta, evento e nesso causale. Non è sufficiente una somiglianza tra le imputazioni o le condotte. Per invocare con successo il divieto di un secondo giudizio, è indispensabile dimostrare che si sta procedendo per lo stesso, identico episodio storico già coperto da una sentenza definitiva. Questa pronuncia serve da monito sulla necessità non solo di fondare i ricorsi su solide basi giuridiche, ma anche di articolarli con chiarezza e precisione, pena la loro inammissibilità.
Che cos’è il principio del ‘ne bis in idem’?
È un principio giuridico fondamentale che vieta di processare una persona due volte per lo stesso identico fatto storico. La sua funzione è garantire la certezza del diritto e proteggere l’individuo da ripetute azioni penali per la medesima vicenda.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per due ragioni. Primo, per un vizio di forma, in quanto l’esposizione delle motivazioni era generica, disordinata e caotica. Secondo, per un vizio di sostanza, poiché era manifestamente infondato: la Corte ha accertato che la condanna impugnata e una precedente sentenza si riferivano a due fatti storici distinti, facendo così venir meno il presupposto fondamentale per l’applicazione del ‘ne bis in idem’.
Cosa si intende per ‘identità del fatto storico’ ai fini del ne bis in idem?
Per ‘identità del fatto storico’ si intende che la condotta, l’evento e il nesso di causalità del nuovo procedimento devono essere esattamente gli stessi di quelli già giudicati con sentenza irrevocabile. Non basta che i reati siano simili o che le condotte si assomiglino; è necessaria una perfetta sovrapposizione dell’episodio storico.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14280 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14280 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/03/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che COGNOME NOME ha impugNOME la sentenza della Corte di appello di Palermo in data 6 marzo 2023, che ha confermato condanna inflittagli per il delitto di cui all’art. 612 cpv c pen. (fatto commesso in Misilmeri il 24 settembre 2018);
che avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a mezzo del difensore, articolando un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, con il quale si lamenta la violazione degli artt. 649 e 531 cod. pr pen. e degli artt. 612 cpv. e 81 cpv. cod. pen., oltre ad essere generico per aspecificità, giacc si sviluppa mediante un’esposizione disordinata, generica, prolissa e caotica, che fuoriesce dai canoni di una ragionata Censura del percorso motivazionale della sentenza impugnata, senza consentire un ordiNOME inquadramento delle ragioni di doglianza nella griglia dei vizi di legitti deducibili ai sensi dell’art. 606 cod. proc. peri. (Sez. 2, n. 29607 del 14/05/2019, Rv. 276748 è altresì manifestamente infondato, posto che, per la giurisprudenza di legittimità, «L preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, risolvendosi in un “error in procedendo”, è deducibile nel giudizio di cassazione a condizione che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere proposta al giudice dell’esecuzione» (Sez. 1, n. 37282 del 24/06/2021, Rv. 282044) e che, comunque, «La preclusione processuale derivante dal divieto di “bis in idem” prescinde dalla configurabilità di un astratto concorso formale e opera solo quando vi sia identità tra il f storico, oggetto di giudicato, e quello oggetto del nuovo giudizio» (Sez. 7, n. 42994 de 20/10/2021; Rv. 282187), come nel caso che occupa in cui la Corte territoriale ha escluso la sussistenza dell’invocata preclusione da bis in idem rispetto alla condanna inflitta a COGNOME dal Giudice di Pace di Termini Imprese, irrevocabile il 22 ottobre 2021, in quanto si trattava di «d distinti fatti storici, e, quindi, due diverse condotte dell’imputato» (vedasi pag. 2, punt della sentenza impugnata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna de ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31 gennaio 2024
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Il consigliere estensore
Il Presidente