Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 7710 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 7710 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MAZARA DEL VALLO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 15/06/2023 del GIP TRIBUNALE di MARSALA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG, NOME COGNOMENOME COGNOME, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 15 giugno 2023, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta a ottenere la revoca, ex art. 669 cod. proc. pen., della condanna di cui alla sentenza n. 1636/2019, emessa il 9 dicembre 2019 dal Tribunale di Marsala, confermata dalla sentenza n. 2551/2021, resa in data 5 maggio 2021, dalla Corte di appello di Palermo, irrevocabile il 16 ottobre 2021, in quanto avente ad oggetto i medesimi fatti – furto di energia elettrica consumato presso l’immobile di INDIRIZZO, in Mazara del Vallo – di cui al decreto penale di condanna n. 634/2019 emesso il 30 dicembre 2019 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Marsala, nell’ambito del procedimento n. 3107/2018 RGNR – n. 2327/2018 RGGIP, decreto dichiarato esecutivo il 3 settembre 2020.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento con rinvio e adducendo un unico motivo con cui lamenta l’inosservanza dell’art. 669 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., in merito all’accertamento dell’identità del reato per il cui accertamento erano scaturite le condanne a carico dell’agente.
Da parte del ricorrente si considera come / per la definizione delle due imputazioni / non possa non rilevare che i fatti di reato, come contestati e ritenuti, ricomprendono l’uno (quello oggetto del decreto penale n. 634/2019: furto dal 13 luglio 2013 al 12 luglio 2018), anzitutto dal punto di vista temporale, l’altro (quello oggetto della sentenza n. 1636/2019: furto dal 2 gennaio 2017 al 18 maggio 2017).
Ad avviso della difesa, si è, più in generale, di fronte alla medesima azione delittuosa e il dato si trae dalla semplice valutazione del periodo afferente ai fatti di reato contestati nei due procedimenti: essi identificano fatti identici, commessi senza soluzione di continuità, e determinano la corrispondenza storiconaturalistica nella configurazione dei reati, avuto riguardo, in particolare, alle circostanze di tempo, di luogo e di persona.
Il rilievo che alla base dei due procedimenti siano state svolte differenti attività di verifica è stato – prosegue la difesa – null’altro che il presupposto da cui sono scaturiti, negli effetti, i due procedimenti.
Il Procuratore generale si è espresso per l’annullamento con rinvio,
ritenendo il provvedimento impugNOME inadeguato nell’indicazione del percorso argomentativo seguito e lacunoso nella parte in cui ha fatto riferimento, senza individuarle, alle differenti modalità di accertamento, così prescindendo del tutto dai presupposti costitutivi del prefigurato bis in idem.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso merita accoglimento per le ragioni di seguito esposte.
Riveste, nel caso in esame, rilievo determinante il precetto dettato dal comma 1 dell’art. 669 cod. proc. pen. a mente del quale, se più sentenze di condanna divenute irrevocabili sono state pronunciate contro la stessa persona per il medesimo fatto, il giudice ordina l’esecuzione della sentenza con cui si pronunciò la condanna meno grave, revocando le altre.
Il comma 6 della norma ora richiamata puntualizza che le stesse disposizioni si applicano se si tratta di più decreti penali o di sentenze e di decreti.
Nel caso in disamina, la verifica del lamentato bis in idem riguarda, appunto, due condanne, inflitte l’una con sentenza e l’altra con decreto penale.
La giurisprudenza di legittimità, in proposito, ha affermato che «Ai fini della preclusione connessa al principio “ne bis in idem”, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, Donati, Rv. 231799 – 01; fra le successive, Sez. 2, n. 52606 del 31/10/2018, COGNOME, Rv. 275518 – 02; Sez. 1, n. 41172 del 26/10/2011, Cortinovis, Rv. 251554 – 01).
Precisato ciò, in punto di fatto è stato accertato che NOME COGNOME, a seguito di accertamento effettuato dal personale RAGIONE_SOCIALE in data, 19 maggio 2017, era stato tratto in giudizio innanzi al Tribunale di Marsala in ordine al reato di cui agli artt. 110, 624, 625, n. 2, cod. pen., e condanNOME, in una prima occasione (scrutinata con la sentenza del 9 dicembre 2019), per essersi impossessato, in concorso con altra persona, dal 2 gennaio 2017 al 18 maggio 2017, dell’energia elettrica, che aveva utilizzato a servizio della sua abitazione, sita in Mazara del ValloINDIRIZZO, tramite allaccio abusivo alla rete RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale, accertatane la responsabilità, aveva riconosciuto all’imputato la circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., e lo aveva condanNOME alla pena di mesi quattro di reclusione ed euro 200,00 di multa.
Nell’ambito dell’altro procedimento promosso a carico di COGNOME, il Giudice per le indagini preliminari dal Tribunale di Marsala, su conforme richiesta del Pubblico ministero, in ordine all’imputazione di cui agli artt. 81, 624, 625, n. 2, cod. pen., aveva (con decreto penale del 30 dicembre 2019) condanNOME COGNOME per essersi impossessato dell’energia elettrica utilizzata a servizio della sua abitazione, sita in Mazara del Vallo, INDIRIZZO (la stessa di cui al primo procedimento), tramite allaccio abusivo alla rete elettrica, con riferimento al periodo intercorso dal 13 luglio 2013 al 12 luglio 2018. Tale contestazione era seguita all’accertamento compiuto dal personale dell’RAGIONE_SOCIALE in data 12 luglio 2018, con il susseguente intervento degli operanti della Polizia di Stato di Mazara del Vallo.
Il decreto penale aveva irrogato ad COGNOME, per il reato ascrittogli, la pena di mesi tre di reclusione ed euro 80,00 di multa, pena convertita nella complessiva sanzione pecuniaria di euro 6.830,00 di multa.
Il giudice dell’esecuzione ha basato il rigetto dell’istanza di revoca della sentenza di condanna sull’argomento che, pur essendo analoghe, le condotte illecite contestate e ritenute dovevano, tuttavia, considerarsi distinte, in quanto esse erano state compiute in momenti differenti e accertate a seguito di diverse attività di verifica (effettuate dai verificatori RAGIONE_SOCIALE rispettivamente il 19 maggio 2017 e il 12 luglio 2018), dato che COGNOME, dopo la rimozione dei cavetti da parte dei tecnici RAGIONE_SOCIALE all’esito della prima verifica, aveva ripristiNOME nuovamente l’allaccio abusivo ricominciando l’illecito prelievo di energia elettrica.
4. il ragionamento svolto dal giudice dell’esecuzione non può essere condiviso, in quanto il fatto contestato e poi ritenuto sussistente nel procedimento concluso con l’emissione del decreto penale di condanna del 30 dicembre 2019 è naturalisticamente identico a quello contestato e ritenuto sussistente nel procedimento concluso con la pronuncia della sentenza del 9 dicembre 2019, con la determinante specificazione che il procedimento esitato con il decreto penale aveva riguardato – non il solo furto di energia elettrica avvenuto nel periodo tra il 2 gennaio e il 18 maggio 2017 bensì – la medesima fattispecie penalmente illecita commessa in tutto il tempo intercorso dal 13 luglio 2013 al 12 luglio 2018, ossia in un arco temporale molto più vasto e – dato determinante per quanto qui rileva – tale da ricomprendere interamente quello oggetto dell’imputazione e dell’accertamento di responsabilità nel procedimento concluso con la sentenza del 9 dicembre 2019.
Emerge con chiarezza, quindi, che la condotta, l’evento e il nesso causale siano risultati identici nei due procedimenti e che il tempus commissi delicti non
è in grado di segnare una diversità del fatto, dal momento che l’intero fatto oggetto della prima decisione è stato inserito in quello oggetto del susseguente decreto penale.
4.1. Si deve, pertanto, ritenere che la condotta in questione – che ha integrato furto di energia elettrica e, dunque, un reato a consumazione prolungata, o a condotta frazionata, avvenuto con flusso perdurante e protratto nel tempo, per cui le plurime captazioni di energia che si sono susseguite hanno costituito singoli atti di un’unica azione furtiva, posticipando la cessazione della consumazione fino all’ultimo prelievo. (cfr. Sez. 4, n. 53456 del 15/11/2018, Fargetta, Rv. 274501 – 01; Sez. 5, n. 1324 del 27/10/2015, dep. 2016, Di Caudo, Rv. 265850 – 01) – ha formato oggetto, per il periodo dal 2 gennaio 2017 al 18 maggio 2017, di un duplice giudizio nei confronti di COGNOME, il quale, di conseguenza, per la condotta illecita commessa in quel periodo, è stato giudicato e condanNOME due volte.
Questa conclusione conduce a ritenere erroneo il diverso approdo raggiunto dal giudice dell’esecuzione, basatosi sull’inesatto presupposto che le condotte oggetto dei due giudizi fossero soltanto analoghe ma ontologicamente distinte, anche temporalmente, in ragione della duplicità di accertamenti: per vero, il fatto – sicuramente verificatosi – che COGNOME, dopo il primo accertamento, aveva ripristiNOME l’allaccio abusivo alla rete elettrica e, così, continuato a sottrarre l’energia elettrica non toglie che il secondo accesso dei verificatori aveva poi sortito un accertamento, svolto evidentemente su base anche induttiva, tale da fissare l’inizio della condotta furtiva alla molto più risalente data del 13 luglio 2013 e la sua conclusione al 12 luglio 2018, così da ricomprendere in esso anche il fatto che era stato oggetto della prima rilevazione e della corrispondente denuncia.
Con riferimento ad ambito più specifico, si è, del resto, già segnalato, in epoca molto risalente, ma con articolazione logico-giuridica di immutata chiarezza, che la configurazione giuridica del reato progressivo, caratterizzata dall’inclusione o continenza di un reato meno grave in un reato più grave, violatore dello stesso bene giuridico o di un bene di maggiore importanza, determina l’assorbimento del reato minore in quello maggiore, che finisce per essere una derivazione necessaria del canone generale del ne bis in idem, ossia della regola per cui un fatto non può essere posto più volte a carico della stessa persona (Sez. 1, n. 10097 del 09/01/1974, Acquaviva, Rv. 128865 – 01).
5. Assodato quanto precede, l’ineludibile corollario è che il provvedimento impugNOME deve essere annullato.
Per il resto, non risultano necessari, ai sensi e per gli effetti di cui all’art 620, lett. /), cod. proc. pen., ulteriori accertamenti di fatto, considerato il carattere incontrovertibile del già emerso dato temporale, fissato nelle imputazioni di entrambi i procedimenti, come poi definitivamente acclarato con i due provvedimenti decisori analizzati, nel quadro dell’identità dei dati naturalistico e strutturale – del reato stesso.
Ricorrono, quindi, tutte le condizioni enucleate dall’indirizzo ermeneutico sopra richiamato per applicare, previo annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata, il disposto dell’art. 669 cod. proc. pen. e, di conseguenza, revocare, ai sensi dei commi 1 e 6, la sentenza di condanna alla pena più grave, circoscrivendo resecuzione alla sanzione penale meno grave.
In tale direzione non può dubitarsi che la sanzione più grave – considerato l’oggetto di ciascuna delle decisioni di condanna – è da identificarsi in quella irrogata con la sentenza del 9 dicembre 2019, la quale, per la sola condotta riferita alla frazione temporale (infrannuale) intercorsa dal 2 gennaio al 18 maggio 2017, ha inflitto la pena della reclusione, non convertita, di entità maggiore di quella irrogata con il decreto penale del 30 dicembre 2019, con cui è stata sanzionata la medesima condotta illecita, in fattispecie stavolta configurata in modo da contenere la prima nell’ambito del più vasto periodo valutato, complessivamente pari a cinque anni.
Conclusivamente, la sanzione più grave fra quelle irrogate, ossia quella scaturita dalla pronuncia del Tribunale di Marsala del 9 dicembre 2019, siccome costituisce l’esito dell’analizzata duplicazione condanNOMEria, va revocata, previo annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e revoca la sentenza del Tribunale di Marsala del 9.12.2019, definitiva il 16.10.2021.
Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Marsala. Così deciso il 6 dicembre 2023
Il Consigli re estensore
Il Presidente