LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ne bis in idem e bancarotta: la Cassazione chiarisce

Un imprenditore, precedentemente prosciolto per appropriazione indebita per prescrizione, viene successivamente accusato di bancarotta fraudolenta per la stessa condotta. La Corte di Cassazione ha respinto il suo ricorso basato sul principio del ne bis in idem, stabilendo che la successiva dichiarazione di fallimento costituisce un ‘fatto’ giuridicamente nuovo e distinto. La sentenza conferma anche le misure cautelari, incluso l’arresto domiciliare, a causa di un concreto e attuale pericolo di recidiva derivante dal modus operandi sistematico e professionale dell’indagato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem tra appropriazione indebita e bancarotta: la Cassazione fa chiarezza

Il principio del ne bis in idem, che vieta un secondo processo per lo stesso fatto, è un cardine del nostro sistema giuridico. Ma cosa succede quando una stessa condotta, come la sottrazione di beni aziendali, viene prima qualificata come appropriazione indebita e poi, a seguito del fallimento della società, come bancarotta fraudolenta? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45788 del 2024, offre una risposta chiara, distinguendo tra identità del reato e identità del ‘fatto storico’.

I Fatti del Caso

Un imprenditore veniva indagato per una serie di reati fallimentari, tra cui la bancarotta fraudolenta per distrazione. In sua difesa, l’indagato sosteneva che per una delle condotte distrattive non poteva essere processato, in quanto era già stato prosciolto in un precedente procedimento per il reato di appropriazione indebita a causa dell’intervenuta prescrizione. A suo avviso, si trattava dello stesso identico fatto, e quindi doveva applicarsi il divieto di un secondo giudizio.

Il Tribunale della Libertà, riformando una precedente decisione, aveva ripristinato le misure cautelari degli arresti domiciliari e del divieto di esercitare attività d’impresa, ritenendo sussistente sia il quadro indiziario sia il pericolo di reiterazione dei reati. L’imprenditore ha quindi proposto ricorso in Cassazione, basandolo principalmente sulla violazione del principio del ne bis in idem.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato in tutti i suoi motivi. La decisione si concentra su tre punti fondamentali:
1. L’inapplicabilità del ne bis in idem al caso di specie.
2. La sussistenza di un pericolo di recidiva concreto e attuale.
3. La proporzionalità delle misure cautelari applicate.

Secondo la Corte, il ‘fatto’ oggetto del giudizio per bancarotta non è identico a quello del precedente giudizio per appropriazione indebita. La differenza sostanziale risiede in un elemento storico e giuridico cruciale: la dichiarazione di fallimento.

Ne bis in idem e il concetto di ‘fatto storico’

Le motivazioni della Corte chiariscono che, ai fini dell’applicazione dell’art. 649 c.p.p., l’identità non deve essere valutata solo in base alla condotta materiale (l’appropriazione del denaro), ma rispetto al ‘fatto storico-naturalistico’ nella sua interezza. La bancarotta fraudolenta per distrazione, pur contenendo la condotta appropriativa, si perfeziona e assume una diversa conformazione con l’intervento della sentenza dichiarativa di fallimento.

Questo evento non è una mera condizione di punibilità, ma un elemento costitutivo che arricchisce il fatto, modificandone la natura. L’offesa non è più solo al patrimonio della società (come nell’appropriazione indebita), ma si estende alla garanzia patrimoniale dei creditori, messa in pericolo dall’insolvenza. Il fatto storico della bancarotta è quindi più complesso: è l’appropriazione in un contesto di crisi che porta al fallimento. Di conseguenza, non essendoci identità del fatto, il principio del ne bis in idem non trova applicazione.

La valutazione del pericolo di recidiva

La Corte ha inoltre confermato la valutazione del Tribunale sulla sussistenza di un elevato e attuale pericolo di recidiva. Tale pericolo non è stato desunto solo dai reati passati (risalenti anche a diversi anni prima), ma da un’analisi complessiva del modus operandi dell’indagato. Elementi come la pianificazione accurata degli illeciti, l’uso sistematico di prestanome, la creazione di una ‘galassia’ di società per schermare le proprie attività e una consolidata ‘professionalità’ criminale sono stati ritenuti sintomatici di una pericolosità sociale persistente. La Corte ha sottolineato che le dimissioni da cariche formali sono irrilevanti quando un soggetto è abituato a operare ‘dietro le quinte’ attraverso terzi.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale: il divieto di doppio processo si applica al ‘medesimo fatto’, non al ‘medesimo reato’. La Corte, allineandosi all’interpretazione della Corte Costituzionale, adotta una concezione naturalistica del fatto, che include tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e le circostanze di tempo e luogo. La dichiarazione di fallimento è un evento storico che trasforma la condotta di appropriazione in un fatto diverso e più grave, giustificando un nuovo procedimento. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche, specialmente nei reati d’impresa, dove la stessa azione può assumere diverse qualificazioni giuridiche a seconda del contesto e delle sue conseguenze, come lo stato di insolvenza di un’azienda.

Perché un proscioglimento per appropriazione indebita non impedisce un processo per bancarotta per la stessa condotta?
Perché, secondo la Corte, non si tratta dello stesso ‘fatto storico’. La dichiarazione di fallimento, che è un elemento costitutivo del reato di bancarotta, modifica la natura dell’evento. L’appropriazione indebita lede il patrimonio della società, mentre la bancarotta lede la garanzia patrimoniale dei creditori in un contesto di insolvenza. Questo rende i due fatti giuridicamente e naturalisticamente distinti, impedendo l’applicazione del principio del ne bis in idem.

Come viene valutato il pericolo di recidiva se i reati sono stati commessi anni prima?
La valutazione non si basa solo sulla data dei reati, ma sull’analisi complessiva della condotta dell’indagato. Nel caso di specie, la Corte ha considerato il modus operandi sistematico e professionale, l’uso di prestanome e di una rete di società, e la persistenza di comportamenti illeciti nel tempo come indicatori di una pericolosità sociale concreta e attuale, tale da giustificare una misura cautelare anche a distanza di anni.

Perché gli arresti domiciliari sono stati ritenuti necessari oltre al divieto di esercitare attività d’impresa?
Perché la sola misura interdittiva, che impedisce di rivestire cariche formali, è stata ritenuta insufficiente. Dato che l’indagato operava abitualmente in modo ‘informale’ attraverso prestanome e fiduciari, gli arresti domiciliari sono stati considerati l’unica misura idonea a impedirgli di continuare a gestire di fatto le sue attività illecite e a reiterare reati analoghi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati