Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32867 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1   Num. 32867  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CETRARO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 21/05/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME  COGNOME  che  ha  chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza con cui NOME COGNOME aveva chiesto applicarsi la disciplina di cui all’art. 669 cod. proc. pen. sul rilievo di essere stato giudicato, in violazione del principio del bis in idem , penalmente responsabile dello stesso reato previsto dall’art. 416 bis cod. pen. da due diverse sentenze di condanna emesse dalla Corte d’appello di Catanzaro: la prima in data 12 luglio 2018, nel procedimento denominato ‘Plinius 2’; la seconda in data 28 maggio 2021, nel procedimento denominato ‘Frontiera’
A ragione della decisione, la Corte distrettuale osserva che non può ravvisarsi identità del fatto.
Le due sentenze indicate dal condannati hanno riconosciuto NOME partecipe di due organizzazioni mafiose che, pure operando in contesti territoriali limitrofi, erano, tuttavia, distinte.
NOME, infatti, è stato riconosciuto colpevole:
-nell’ambito del processo ‘Plinius 2’, per avere partecipato all’associazione di  tipo  mafioso  denominato  RAGIONE_SOCIALE  ‘RAGIONE_SOCIALE‘,  operante  in  Scalea  con condotta commessa dal 2012 al 14/05/2015;
-in  esito  al  processo  ‘Frontiera’,  per  avere  partecipato,  con  funzioni organizzative,  all’associazione  di  tipo  mafioso  denominata  ‘RAGIONE_SOCIALE‘,  con condotta perdurante proseguita fino alla sentenza di primo grado emessa il 04 luglio 2019.
Aggiunge il Giudice dell’esecuzione che la Corte di cassazione, con la sentenza n. 48084 del 2022 emessa nel processo ‘Frontiera’, ha già esaminato e ritenuto infondata l’eccezione di violazione del divieto del ne bis in idem sollevata nell’interesse di NOME. Al riguardo, questa Corte aveva evidenziato che la questione non era stata dedotta con motivi di appello, che la dedotta preclusione da precedente giudicato non poteva essere rilevata esercitando i poteri di sindacato attribuiti al Giudice di legittimità, cui non è consentito svolgere accertamenti di fatto e che, in ogni caso, dal confronto tra le imputazioni dei due procedimenti, si evinceva la partecipazione di NOME ad organismi associativi diversi, con condotte commesse in periodi non coincidenti.
Ricorre NOME, per il tramite del difensore di fiducia, articolando un unico motivo con cui denuncia, violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125 e 669 cod. proc. pen.
2.1. Lamenta  che  la  Corte  di  appello  ha  erroneamente  interpretato  il contenuto della sentenza della Corte di cassazione, incappando in un palese vizio di contraddittorietà e logicità della motivazione rilevante ai sensi dell’art. 125 cod. proc. pen.
Il Giudice di legittimità non ha sostenuto l’infondatezza dell’eccezione di ne bis in idem , ma si è limitato a precisare che gli era preclusa l’analisi inerente al merito della controversia.
È, pertanto, frutto di un vero e proprio travisamento l’affermazione dell’ordinanza impugnata secondo cui i giudici di legittimità avrebbero escluso la presenza nel caso in esame della violazione del divieto di un secondo giudizio; al contrario,  il  supremo  Collegio  ha  evidenziato  che  il  sollecitato  vaglio  sulla violazione del principio del ne bis in idem poteva essere legittimamente effettuato in sede di giudizio di esecuzione.
2.2. L’ordinanza impugnata ha erroneamente ritenuto non configurabile la violazione del divieto di cui all’art. 669 cod. proc. pen.
Dalla disamina delle risultanze probatorie formatesi nel procedimento ‘Plinius 2’ e nel procedimento ‘Frontiera’ emerge una sostanziale identità delle condotte addebitate al ricorrente:
-la sentenza del procedimento ‘Plinius 2’ ha riconosciuto l’appartenenza di NOME all’associazione mafiosa ‘RAGIONE_SOCIALE‘ quale ‘collante della ‘ndrina di Scalea nella ‘ndrina cetrarese di RAGIONE_SOCIALE, con condotte poste in essere nei periodi compresi tra il 2012 e il 14 maggio 2015′, ritenendo, quindi, accertato il ruolo di ‘sovrintendente’ assunto ‘in qualità di referente del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ attivatosi sia ‘per dirimere le controversie createsi fra le due fazioni’ sia per ‘indicare definitivamente NOME quale referente con funzione di capo sul territorio di Scalea’;
-nella sentenza del procedimento ‘Frontiera’ risulta, invece, accertata la partecipazione di NOME, nella qualità di promotore / organizzatore, all’associazione di ‘ndrangheta denominata RAGIONE_SOCIALE, operante non solo nel territorio ricompreso fra i comuni di Guardia Piemontese e San Nicola Arcella ma anche lungo la fascia tirrenica lucana e nella valle del Diano, con lo specifico compito di sovrintendere al traffico di narcotici e di sostituire ai dirigenti in caso di scarcerazione, specie per controllare i comuni più importanti del territorio della cosca.
Gli elementi probatori utilizzati in entrambi i procedimenti sono identici e si fermano cronologicamente all’anno 2014; d’altra parte, negli anni successivi al periodo coperto da giudicato della sentenza ‘Plinius 2’, NOME è rimasto sempre detenuto in carcere e non vi è prova che abbia svolto un ruolo attivo in favore dei RAGIONE_SOCIALE.
Le condotte associative sono sovrapponibili perché in entrambe le vicende si contesta a NOME il ruolo di organizzatore della ndrina ‘NOME COGNOME‘, operante a Scalea, per conto del RAGIONE_SOCIALE di riferimento ‘RAGIONE_SOCIALE‘; non rileva che nell’ambito del procedimento ‘Plinius 2’ la condotta è stata contestata sino a tutto l’anno 2015 e che nel procedimento ‘Frontiera’ la permanenza risulta accertata fino al 2017 perché le condotte concretamente ascritte a NOME, in entrambi i procedimenti, si sono protratte fino al 2014.
La responsabilità di NOME è stata, quindi, giudicata due volte in relazione alla partecipazione  alla  medesima  compagine  associativa  in  palese  violazione  della ratio del divieto del bis in  idem sostanziale, che, come  ricordato dalla giurisprudenza di legittimità ed eurounitaria nelle sentenze  analiticamente richiamate, è quella di evitare che possano esserci ‘doppie valutazioni delle stesse note di disvalore del fatto nei confronti della stessa persona’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Non sussiste il denunciato vizio motivazionale.
Il Giudice investito dell’incidente di esecuzione non ha attribuito un valore ‘probatorio’ decisivo alla sentenza della Corte di cassazione n. 48084 del 2022 che ha definito il procedimento ‘Frontiera’; si è limitata ad utilizzare le argomentazioni, di natura esclusivamente giuridica e processuale, poste dalla citata pronuncia a sostegno del rigetto delle eccezione di ne bis in idem per rafforzare il suo giudizio sfavorevole al ricorrente espresso, invece, sulla base di accertamenti di fatto, preclusi in sede di legittimità.
Come sollecitato dal difensore, da Corte distrettuale ha esaminato le condotte partecipative accertate a carico del ricorrente nei due separati procedimenti di cognizione, pervenendo, attraverso un percorso motivazionale, tutt’altro che illogico o arbitrario, alla conclusione che NOME è stato condannato per la partecipazione a due associazioni ndranghetistiche (il RAGIONE_SOCIALE ‘NOME RAGIONE_SOCIALE‘ ed il RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘), rimaste nel periodo di interesse distinte, nonostante agissero in cooperazione tra loro, per struttura organizzativa e composizione, per il territorio in cui operavano (il RAGIONE_SOCIALE ‘NOME RAGIONE_SOCIALE‘ a Scalea ed il RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘ nei comuni di Guardia Piemontese, e San Nicola Arcella con importante influenza lungo la fascia tirrenica lucana e nella valle del Diano). Per di più, NOME aveva in concreto disimpegnato nei due sodalizi un ruolo diverso (partecipe del RAGIONE_SOCIALE ‘NOME‘ promotore / organizzatore del RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘) in periodi temporali non coincidenti (fino al 2015 nel RAGIONE_SOCIALE ‘NOME RAGIONE_SOCIALE‘ e fino al luglio 2019 nel RAGIONE_SOCIALE ‘RAGIONE_SOCIALE‘).
Il delineato apparato argomentativo, oltre ad essere privo di alcun profilo di illogicità, è anche ineccepibile sul piano giuridico.
È  pacifico  approdo  della  giurisprudenza  di  legittimità  che  ai  fini  della preclusione connessa al principio del ” ne bis in idem “, l’identità del fatto sussiste solo  quando  vi  sia  corrispondenza  storico-naturalistica  nella  configurazione  del reato, da considerare in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona ( ex multis , Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Tanzi, Rv. 261937 – 01).
Con particolare riferimento alla preclusione derivante dal giudicato per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen., si è affermato che “l’identità del fatto rilevante ai fini dell’operatività del principio del ” ne bis in idem “, sussiste allorché nel secondo giudizio venga contestata al condannato la partecipazione ad una consorteria criminale avente la medesima sfera operativa e di interessi, la stessa compagine sociale ed i medesimi organi di vertice (Sez. 6, n. 48691 del 05/10/2016, Laudani, Rv. 268226 – 01) e che invece non sussiste qualora, in relazione a periodi diversi,
siano  contestati  all’imputato  due  diversi  reati  permanenti  anche  se  nell’ambito della stessa associazione (Sez. 6, n. 49921 del 25/01/2018, Costantino Rv. 274287).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna  il ricorrente  al  pagamento  delle  spese processuali.
Così deciso, in Roma 30 settembre 2025.
Il Consigliere estensore                                                Il Presidente
NOME COGNOME                                                NOME COGNOME