Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 10097 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 10097 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMENOME nato a Catania il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 31/05/2023 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste scritte del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso;
lette per l’imputato le conclusioni scritte dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento, con o senza rinvio, dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31/05/2023, il Tribunale di Palermo rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di COGNOME NOME avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per sproporzione emesso in data 11/05/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione del principio del ne bis in idem cautelare e del diritto di difesa.
Argomenta che il decreto di sequestro impugnato, emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo in 11/05/2023, è stato emesso dopo l’annullamento da parte del Tribunale del riesame di altri due decreti di sequestro, il primo per la somma di euro 61.420,00, annullato per la parte eccedente la somma di euro 39.000,00 ed il secondo per la somma di euro 22.420,00 annullato per l’intera somma; il decreto impugnato ha ad oggetto la medesima somma di euro 22.420,00 già restituita all’indagato perché ritenuta di provenienza legittima; trova, dunque, applicazione il disposto dell’art. 649 cod.proc.pen. applicabile anche in sede cautelare; essendo il medesimo l’oggetto del sequestro trovava applicazione il principio in base al quale non è consentita la moltiplicazione dei titoli cautelari relativamente al medesimo oggetto ed all’interno del medesimo procedimento (Sez 6 n. 16668/2009); inoltre, l’emissione in rapida sequenza temporale di tre decreti di sequestro violava il diritto di difesa costituzionalmente garantito.
Con il secondo motivo violazione di legge per insussistenza dei presupposti di cui all’art. 321 cod.proc.pen.
Argomenta che il fumus commissi delicti era stato già vagliato in sede cautelare personale avendo il Tribunale trattenere sotto vincolo reale l’iniziale somma di euro 39.000,00; quanto, invece, al periculum lamenta che il Tribunale aveva valorizzato l’iniziativa giudiziale di riottenere la somma e non considerato che la somma era di provenienza lecita perché parte provento cli vincite di gioco e parte di proprietà della sorella, in quanto proveniente dai ricavi dell’attivit commerciale svolta ed affidata al ricorrente in deposito fiduciario.
Chiede, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è infondato.
Va premesso che le ordinanze inoppugnabili e quelle impugnabili, qualora non siano state impugnate o si siano esauriti i diversi gradi di impugnazione, acquistano la caratteristica dell’irrevocabilità che, pur non essendo parificabile all’autorità di cosa giudicata, parimenti porta seco il limite negativo della preclusione, nel senso di non consentire il bis in idem, salvo che siano cambiate le condizioni in base alle quali fu emessa la precedente decisione (Sez. U, n. 26 del 12/11/1993, dep. 27/01/1994, Galluccio, Rv. 195806). In motivazione, le Sezioni Unite hanno precisato che “è giurisprudenza costante di questa Corte che l’istituto della preclusione sia operante anche nei procedimenti incidentali, perché altrimenti si consentirebbe, indipendentemente dalla sopravvenienza di fatti nuovi o preesistenti non conosciuti, allo stesso giudice di merito di esaminare le questioni di fatto e di diritto, già decise dal giudice a lui sovraordinato in sede impugnazione o, comunque si darebbe adito ad una ed eventualmente diversa valutazione di elementi già in precedenza presi in considerazione”. La ratio dell’effetto preclusivo è impedire che, immutate le condizioni legittimanti l’applicabilità di una misura cautelare, vi sia una mera rivalutazione degli stessi elementi, dovendosi evitare, in assenza di un quid novi, che venga emessa una misura cautelare in precedenza negata o che venga revocata una misura cautelare in precedenza adottata; in assenza di elementi di novità, non è perciò consentito né al pubblico ministero di richiedere, attraverso una rivalutazione degli stessi elementi, una misura cautelare, né, per converso, all’indagato di ottenere la revoca di una misura precedentemente applicata.
Con riferimento alle misure cautelari reali, è stato precisato che tale principio opera in relazione al medesimo tipo di sequestro, non già in relazione a sequestri diversi, stante la differente finalità perseguita e i differenti presupposti legittiman l’adozione della misura ablativa, e allorchè siano identiche le premesse giuridiche o fattuali su cui si fonda il precedente provvedimento cautelare (cfr Sez. 3, n. 14644 del 2005, Rv. 231610-01, che ha affermato che l’istituto della preclusione procedimentale opera solo quando più misure cautelari reali siano disposte sullo stesso bene a garanzia della medesima esigenza).
Ciò posto, va rilevato, in fatto, che il primo decreto di sequestro preventivo emesso il 27.2.2023 è stato finalizzato alla confisca ex art. 240 cod.pen. del profitto del reato, per la complessiva somma di euro 61.420,00 (somma rinvenuta all’interno dell’abitazione del ricorrente in sede di esecuzione di decreto di perquisizione personale e locale e di sequestro); successivamente, a seguito di riesame ex art. 322 cod.proc.pen., il Tribunale disponeva l’annullamento parziale
del predetto decreto per la parte eccedente la somma di euro 39.000,00 (somma questa ritenuta profitto del contestato reato di cessione di sostanza stupefacente); indi, in data 27.3.2023, in accoglimento della richiesta del Prn, il Giudice per le indagini preliminari emetteva nuovo decreto di sequestro preventivo per la somma di euro 22.420,00 (in precedenza, come visto, dissequestrata),ex art 85-bis d.P.R. n.309/1990, finalizzato alla confisca cd per sproporzione; tale secondo decreto veniva, successivamente, annullato dal Tribunale per difetto di motivazione ex artt. 324, comma 7 e 309, comma 9, cod.proc.pen.; a seguito clí ulteriore richiesta del Pm, il Giudice per le indagini preliminari emetteva nuovo decreto di sequestro preventivo in data 11.05.2023 (oggetto del presente procedimento) sempre per la somma di euro 22.420,00, ai sensi dell’alt 85-bis d.P.R. n.309/1990, finalizzato alla confisca cd per sproporzione.
Correttamente il Tribunale ha ritenuto non operante l’effetto preclusivo del cd giudicato cautelare.
Il riferimento al cosiddetto giudicato cautelare è, infatti, del tutto improprio con riferimento al primo decreto di sequestro preventivo del 27.2.2023, perché l’effetto preclusivo opera, come detto, con riferimento al medesimo tipo di sequestro e finché siano identiche le premesse giuridiche o fattuali su cui si fonda il precedente provvedimento cautelare (Sez. 3, n. 14644 del 2005, Rv. 23161001, cit); nella specie, risulta evidente la diversità dell’oggetto e delle finalità diversi vincoli reali (il primo aveva ad oggetto il profitto del reato ed era finalizzat finalizzato alla confisca ex art. 240 cod.pen, mentre il secondo era funzionale all’anticipazione degli effetti della confisca obbligatoria cd per sproporzione di cui all’art. 85 bis d.P.R. n. 309/1990, così come il sequestro preventivo in data 11.05.2023, oggetto del presente procedimento (il sequestro che, ai sensi dell’art. 85-bis d.P.R. n. 309 del 1990, anticipa gli effetti della confisca “allargata” può essere disposto ove ricorrano due presupposti, ossia la qualità di condannato per taluno dei delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e la sproporzione del patrimonio del quale il condannato ha la disponibilità, anche indirettamente, rispetto al suo reddito o alla sua attività economica).
Alcuna preclusione, poi, può ritenersi operante neppure in relazione alla circostanza che il provvedimento di sequestro preventivo del 27.3.2023, pure emesso ai sensi dell’art. 85-bis d.P.R. n. 309/199 e finalizzato alla confisca obbligatoria cd per sproporzione (sempre per la somma di euro 22.420,00), veniva annullato dal Tribunale del riesame per difetto assoluto di motivazione in relazione al periculum in mora, trattandosi di annullamento per vizio formale.
Va ricordato che l’annullamento di una ordinanza cautelare per motivi formali, quali la mancanza assoluta di motivazione o la mancanza di un’autonoma valutazione da parte del giudice per le indagini preliminari dei requisiti normativi
previsti per l’adozione della misura, non impedisce la rinnovazione della misura atteso che il divieto di rinnovazione, di cui all’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., non si riferisce ai casi di annullamento ex art. 309, comma 9, cod. proc. pen.. Il principio del “ne bis in idem”, infatti, è ostativo alla reiterazione della stessa misur solo quando l’autorità procedente sia chiamata a riesaminare nel merito quegli elementi che già siano stati ritenuti insussistenti o insufficienti e non anche quando tali elementi non siano stati valutati (Cfr con riferimento a misura cautelare reale, Sez.1, n. 20286 del 13/05/2010,Rv.247217 – 01, Sez.3,n.39332 del 13/07/2009, Rv.244616 – 01 e Sez.3,n.43806 del 05/11/2008, Rv. 241415 – 01; nonchè, per analogo principio con riferimento a misura cautelare personale, Sez. 6, n. 8695 del 09/01/2018, Rv. 272217 – 01 e Sez.2 n. 48583 del 11/09/2018, Rv.274466 01, che ha anche manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 309, comma 10, cod. proc. pen., per violazione dell’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede il divieto di rinnovazione dell’ordinanza applicativa della misura cautelare, salve eccezionali esigenze cautelari specificamente motivate, anche nel caso di annullamento disposto per mancanza di motivazione o di autonoma valutazione dei presupposti della misura, ai sensi dell’art. 309, comma 9, ultimo capoverso, cod. proc. pen).
Del tutto generica e, dunque, inammissibile è, infine, la dedotta lesione del diritto di difesa; il ricorrente allega che la sequenza temporale in cui venivano emessi i tre decreti di sequestro non avrebbe consentito di conoscere le motivazioni di annullamento del sequestro precedente, senza indicare alcun elemento di concretezza al riguardo.
La censura, caratterizzandosi per assoluta genericità, integra la violazione dell’art. 581 lett. d) cod.proc.pen., che nel dettare, in AVV_NOTAIO, quindi anche per il ricorso per cassazione, le regole cui bisogna attenersi nel proporre l’impugnazione, stabilisce che nel relativo atto scritto debbano essere enunciati, tra gli altri, “I motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta”; violazione che, ai sensi dell’art. 591 comma 1, lett. c) cod.proc.pen., determina, per l’appunto, l’inammissibilità dell’impugnazione stessa (cfr. Sez. 6, 30.10.2008, n. 47414, RV. 242129; Sez. 6, 21.12.2000, n. 8596, Rv. 219087).
2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile.
Va ricordato che il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo, sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e, quindi, inidoneo a rendere
comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U, n. 25932 del 29/05/2008, COGNOME, Rv. 239692 Sez. 5, n. 43068 del 13.10.2009, Rv. 245093; sez. 6, n. 6589 del 10.1.2013, Rv. 254893).
Nella specie, il ricorrente articola doglianza che si sostanzia in censure di merito afferenti la motivazione esposta dal Tribunale a fondamento del provvedimento di rigetto dell’istanza di riesame.
Il Collegio cautelare nell’ordinanza impugnata, nel disattendere le censure difensive qui riproposte, ha ampiamente e congruamente argomentato in relazione agli elementi di sproporzione, alla questione della dedotta provenienza lecita della somma in sequestro ed alla sussistenza del periculum in mora (pag 9 e 10 della sentenza impugnata).
Le censure mosse in questa sede dal ricorrente sono, pertanto, inammissibili, risolvendosi essenzialmente nella formulazione di rilievi in fatto concernenti la motivazione del provvedimento impugnato che, alla luce dei principi di diritto suesposti, non è consentito proporre in questa sede.
In definitiva, il ricorso è per un motivo infondato e per altro inammissibile e va rigettato nel suo complesso, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen, al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 13/02/2024