Ne bis in idem cautelare: la Cassazione traccia il confine tra rigetto formale e di merito
La recente sentenza n. 32503/2025 della Corte di Cassazione offre un’importante chiave di lettura sul principio del ne bis in idem cautelare. Questo principio, che vieta di processare due volte una persona per lo stesso fatto, trova un’applicazione particolare nel campo delle misure cautelari. La Corte chiarisce quando il rigetto di una prima richiesta di arresto non impedisce al giudice di emettere una nuova ordinanza, delineando la cruciale differenza tra un rigetto per motivi formali e uno nel merito.
I fatti di causa
Il caso riguarda un soggetto sottoposto alla misura degli arresti domiciliari dal G.i.p. del Tribunale di Bari. Le accuse a suo carico erano di particolare gravità: associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di beni archeologici e culturali e autoriciclaggio, con l’aggravante della transnazionalità. L’indagato, ritenendo ingiusta la misura, presentava istanza di riesame, che veniva però rigettata dal Tribunale di Bari. A questo punto, decideva di proporre ricorso per cassazione, affidandosi a tre specifici motivi di doglianza.
I motivi del ricorso
La difesa dell’indagato si articolava su tre punti principali:
1. Violazione del ne bis in idem cautelare: Il ricorrente sosteneva che una precedente richiesta di misura cautelare per gli stessi fatti era già stata rigettata, e che quindi non se ne potesse emettere una nuova.
2. Indeterminatezza delle accuse: Si lamentava una violazione dell’art. 292 c.p.p., a causa della presunta genericità dei capi d’incolpazione e della mancata chiara individuazione del locus commissi delicti (luogo del reato).
3. Disparità di trattamento: Infine, si eccepiva un trattamento deteriore rispetto a quello riservato ad altri coindagati, senza una motivazione logica e adeguata.
La decisione della Cassazione sul ne bis in idem cautelare
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato in ogni suo punto, concentrando la propria analisi sul primo e più rilevante motivo. Gli Ermellini hanno stabilito che il principio del ne bis in idem cautelare non era stato violato. La ragione di tale decisione risiede nella natura del primo rigetto. La Corte ha infatti evidenziato come la prima richiesta di misura cautelare fosse stata respinta per ragioni puramente formali, ovvero per ‘mancata enunciazione e inadeguato sviluppo dei singoli capi di incolpazione’.
Le motivazioni
Analisi del principio ‘ne bis in idem cautelare’
La Suprema Corte ha ribadito un concetto fondamentale della procedura penale: la preclusione processuale legata al ne bis in idem scatta solo quando la precedente decisione è stata una valutazione nel merito, cioè basata sull’analisi della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari. Un rigetto per motivi formali, come in questo caso, non entra nel ‘cuore’ della questione e, pertanto, non preclude la possibilità per l’accusa di ripresentare una richiesta, a patto che questa sia stata corretta e riformulata.
Rigetto per motivi formali vs. rigetto nel merito
Nel caso specifico, la seconda ordinanza cautelare, quella impugnata, si basava su capi d’incolpazione riformulati e su una richiesta di applicazione delle misure rimodulata. Questo dettaglio è stato decisivo. La Corte ha precisato che il primo provvedimento non aveva negato l’esistenza degli indizi, ma si era limitato a constatare un difetto nella loro esposizione da parte del Pubblico Ministero. Di conseguenza, una volta sanato tale vizio, il giudice era pienamente legittimato a riesaminare la questione e ad applicare la misura.
Le altre censure e la loro infondatezza
Anche gli altri due motivi di ricorso sono stati respinti. Riguardo all’indeterminatezza delle accuse, la Cassazione ha osservato che l’ordinanza impugnata descriveva in modo esauriente i reperti oggetto del traffico illecito, il funzionamento del sodalizio criminale e il ruolo apicale del ricorrente, tanto da consentirgli di articolare una difesa specifica. La censura sulla disparità di trattamento è stata invece giudicata ‘nuova’ e non supportata da elementi concreti di comparazione con le posizioni degli altri coindagati.
Le conclusioni
Questa sentenza rafforza un principio cardine del sistema cautelare: la forma è al servizio della sostanza, ma non può paralizzare l’azione della giustizia. Il rigetto di una misura per un vizio di forma non crea un ‘diritto all’impunità’ per l’indagato. Al contrario, consente all’accusa di correggere i propri errori e di ripresentare una richiesta fondata e completa. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione alla redazione degli atti, ma anche avere la consapevolezza che un errore formale non chiude definitivamente la porta all’adozione di misure necessarie per la tutela della collettività e delle esigenze processuali.
Quando non si applica il principio del ‘ne bis in idem cautelare’?
Il principio non si applica se una precedente richiesta di misura cautelare è stata rigettata per motivi puramente formali (come una carente formulazione dei capi d’accusa) e non a seguito di una valutazione nel merito sull’esistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Perché la Corte ha ritenuto le accuse sufficientemente determinate?
La Corte ha ritenuto le accuse sufficientemente determinate perché l’ordinanza impugnata spiegava con precisione quali fossero i reperti archeologici oggetto dei traffici e descriveva in modo esauriente il funzionamento dell’associazione, i ruoli dei vari membri e le condotte illecite dell’indagato, permettendogli di esercitare pienamente il suo diritto di difesa.
Come ha valutato la Corte la censura sulla disparità di trattamento rispetto ai coindagati?
La Corte ha considerato questa censura come ‘nuova’ e, in ogni caso, non supportata da elementi concreti di valutazione e comparazione con le posizioni degli altri coindagati. Inoltre, il ricorrente non aveva specificato per quali ragioni la misura degli arresti domiciliari fosse sproporzionata o eccessivamente gravosa nel suo caso.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 32503 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 32503 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
In nome del Popolo RAGIONE_SOCIALE
TERZA SEZIONE PENALE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso di NOME, nato a Orta Nova il DATA_NASCITA, avverso l’ordinanza in data 16/12/2024 del Tribunale di Bari, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; letta per il ricorrente la memoria dell’AVV_NOTAIO, che non ha potuto presenziare all’udienza, con cui ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza in data 16 dicembre 2024 il Tribunale del riesame di Bari ha rigettato l’istanza di riesame presentata da NOME COGNOME avverso l’ordinanza in data 27 novembre 2024 del G.i.p. del Tribunale di Bari che gli aveva applicato la misura degli arresti domiciliari in relazione al reato di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di plurime ricettazioni di beni archeologici e culturali e di autoriciclaggio con l’aggravante della transnazionalità.
Il ricorrente eccepisce la violazione del ne bis in idem cautelare (primo motivo), la violazione dell’art. 292, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., per indeterminatezza del fatto e dei criteri di individuazione del locus commissi delicti (secondo motivo), la violazione di legge per mancanza di motivazione o illogicità della stessa a causa del trattamento deteriore rispetto a quello del coindagato COGNOME e del coindagato COGNOME (terzo motivo). Nella memoria scritta ribadisce le sue difese.
3. Il ricorso Ł nel complesso infondato.
La prima censura ha trovato adeguata risposta nell’ordinanza impugnata ove si Ł constatato che il rigetto della prima richiesta di misura cautelare era stato giustificato da motivi formali per la mancata enunciazione e l’inadeguato sviluppo dei singoli capi di incolpazione. Il rigetto della richiesta per motivi formali non integra una preclusione cautelare (tra le piø recenti, Sez. 1, n. 15288 del 05/03/2021, Weldensea, Rv. 281063 – 01). Nella memoria il ricorrente ha dettagliato la censura riportando uno stralcio dell’ordinanza del G.i.p. che aveva rigettato, a suo dire, nel merito, la richiesta di applicazione di misure cautelari, non sussistendo i gravi indizi di colpevolezza del reato associativo. L’affermazione non Ł apprezzabile perchØ contenuta solo nella memoria presentata per l’udienza e non nel ricorso per cassazione. Peraltro, non si confronta con la motivazione dell’ordinanza impugnata ove si dà atto che i capi d’incolpazione erano stati riformulati e la richiesta di applicazione delle misure era stata rimodulata.
La seconda censura relativa all’indeterminatezza dei capi d’incolpazione ha del pari trovato adeguata risposta nell’ordinanza che ha spiegato come rechino esattamente i reperti oggetto dei traffici e non vi sia stata lesione del diritto di difesa. Dalla lettura dell’ordinanza impugnata, infatti, emerge agevolmente che il ricorrente ha potuto formulare specifiche contestazioni in tema di partecipazione in posizione apicale al reato associativo. Il Tribunale del riesame ha poi illustrato in modo esauriente la catena illegale di veicolazione dei beni culturali, le modalità di funzionamento del sodalizio, i ruoli ricoperti dai coindagati, i mezzi adoperati per il traffico illecito e le plurime condotte illecite del NOME.
La terza censura appare nuova e per giunta non Ł suffragata da elementi di valutazione e di comparazione con la posizione dei coindagati. Non Ł chiaro neanche per quale ragione il ricorrente abbia ritenuta sproporzionata o eccessivamente gravosa l’applicazione della misura degli arresti domiciliari.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Così deciso, il 17 aprile 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME