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Ne bis in idem cautelare: no alla preclusione formale

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di beni archeologici, chiarendo un punto fondamentale sul principio del ‘ne bis in idem cautelare’. La Corte ha stabilito che il rigetto di una prima richiesta di misura cautelare per motivi puramente formali, come una carente formulazione delle accuse, non impedisce la presentazione di una nuova e più corretta richiesta. La decisione sottolinea la distinzione tra un rigetto nel merito, che crea una preclusione, e uno formale, che non la crea.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne Bis in Idem Cautelare: La Cassazione Fa Chiarezza sul Rigetto Formale

Il principio del ne bis in idem cautelare rappresenta un pilastro fondamentale nel diritto processuale penale, garantendo che un individuo non sia sottoposto più volte a provvedimenti restrittivi per lo stesso fatto a seguito di una decisione di rigetto nel merito. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 32505/2025, offre un’importante precisazione su questo tema, distinguendo nettamente tra un rigetto basato su vizi formali e uno basato sulla valutazione del merito delle accuse. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’ordinanza del Tribunale del Riesame di Bari, che aveva modificato una misura cautelare a carico di un soggetto indagato per gravi reati, tra cui associazione a delinquere finalizzata alla ricettazione di beni archeologici e culturali e autoriciclaggio, con l’aggravante della transnazionalità. Inizialmente posto agli arresti domiciliari, l’indagato aveva ottenuto la sostituzione della misura con l’obbligo di dimora e di presentazione alla polizia giudiziaria.

Tuttavia, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, basando la sua difesa su tre motivi principali, il più rilevante dei quali riguardava proprio la presunta violazione del principio del ne bis in idem cautelare.

I Motivi del Ricorso e il Principio del ne bis in idem cautelare

La difesa dell’indagato ha articolato il ricorso su tre censure:

1. Violazione del ne bis in idem cautelare: Secondo il ricorrente, una precedente richiesta di misura cautelare era già stata rigettata, a suo dire, nel merito. Di conseguenza, la nuova ordinanza restrittiva sarebbe stata illegittima.
2. Indeterminatezza delle accuse: Si lamentava una violazione dell’art. 292, comma 2, lett. b), del codice di procedura penale, a causa della presunta indeterminatezza dei fatti contestati e dei criteri usati per individuare il luogo del reato (locus commissi delicti).
3. Disparità di trattamento: Infine, si eccepiva un’illogicità della motivazione per il trattamento deteriore ricevuto rispetto a un coindagato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Terza Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo integralmente e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La Corte ha fornito una motivazione dettagliata per ciascuno dei punti sollevati, concentrandosi in particolare sulla corretta interpretazione del principio del ne bis in idem cautelare.

Le Motivazioni

La Corte ha smontato le argomentazioni difensive con rigore logico e giuridico.

Sul primo e più importante motivo, la Cassazione ha chiarito che il rigetto della precedente richiesta di misura cautelare non era avvenuto nel merito, bensì per ragioni puramente formali. Nello specifico, la prima richiesta era stata respinta a causa della “mancata enunciazione e l’inadeguato sviluppo dei singoli capi di incolpazione”. Un rigetto per motivi formali, ha specificato la Corte, non integra una preclusione cautelare. Questo significa che se la Procura riformula correttamente le accuse e presenta una nuova richiesta, il giudice è libero di valutarla senza essere vincolato dalla decisione precedente. Il principio del ne bis in idem cautelare opera solo quando il primo rigetto si è basato su una valutazione della sostanza degli indizi, ritenendoli non sufficienti.

In merito alla seconda censura, relativa all’indeterminatezza delle accuse, la Corte ha osservato che l’ordinanza impugnata descriveva con sufficiente chiarezza i reperti oggetto del traffico illecito, la struttura del sodalizio criminale, i ruoli dei singoli membri e le specifiche condotte illecite attribuite al ricorrente. Tale livello di dettaglio aveva permesso all’indagato di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, formulando contestazioni specifiche.

Infine, il terzo motivo sulla disparità di trattamento è stato giudicato inammissibile. La Corte lo ha ritenuto una censura “nuova”, ovvero sollevata per la prima volta in sede di legittimità, e comunque non supportata da elementi concreti di valutazione e comparazione con la posizione dell’altro coindagato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un principio cruciale per la corretta amministrazione della giustizia: la forma non deve prevalere sulla sostanza, ma deve garantirla. Il rigetto di un’istanza per un vizio di forma non può cristallizzare una situazione e impedire alla giustizia di fare il suo corso una volta che quel vizio sia stato sanato. Questa decisione consolida l’orientamento secondo cui il principio del ne bis in idem cautelare è una garanzia sostanziale per l’indagato contro la valutazione ripetuta dei medesimi elementi indiziari, ma non uno scudo contro gli errori formali della pubblica accusa. Per gli operatori del diritto, ciò significa prestare la massima attenzione non solo al merito delle prove, ma anche alla corretta formulazione degli atti processuali, poiché da essa può dipendere l’efficacia dell’azione penale.

Un giudice può emettere una misura cautelare se una richiesta precedente per lo stesso fatto è stata respinta?
Sì, è possibile se il rigetto precedente era basato su motivi puramente formali (come una errata o inadeguata formulazione dei capi d’incolpazione) e non su una valutazione nel merito della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.

Cosa si intende per rigetto ‘formale’ di una richiesta di misura cautelare?
Si intende un rigetto motivato da vizi nella forma della richiesta, come la mancata enunciazione dei fatti o l’inadeguato sviluppo delle accuse, senza che il giudice sia entrato nel merito della valutazione degli indizi a carico dell’indagato.

Perché il motivo sulla disparità di trattamento è stato respinto dalla Cassazione?
È stato respinto perché è stato considerato un motivo ‘nuovo’, cioè sollevato per la prima volta nel giudizio di Cassazione, e perché non era supportato da elementi concreti che permettessero un confronto effettivo con la posizione processuale del coindagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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