Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 21654 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 21654 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 29/06/2023 del Tribunale del riesame di Catanzaro
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, anche in sostituzione dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame proposta da COGNOME NOME avverso l’ordinanza del 2 maggio 2023, con la quale il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Catanzaro aveva applicato ai ricorrente la misura cautelare degli arresti dornr(Hiri con braccialetto elettronico in relazione
al capo 13) dell’ordinanza impositiva, relativo al reato di cui all’art. 73, comma 1-bis, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
È oggetto di contestazione la cessione di una partita di cocaina, per la quale residuava ancora un credito da parte dei fornitori pari a 3.960,00 euro.
2.Avverso l’ordinanza COGNOME ricorre per cassazione, deducendo i seguenti motivi, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., nei li strettamente indispensabili ai fini della motivazione:
2.1. Vizio di motivazione in relazione agli artt, 649 cod. proc. pen. e 73 d.P.R, cit.
La difesa, in sede di riesame, sosteneva la violazione del principio del ne bis in idem tra le contestazioni di cui ai capi 13) e 14 (per il quale l’imputato veniva giudicato separatamente e condannato in via definitiva).
Il tribunale del riesame rigettava l’eccezione facendo riferimento a una intercettazione fra COGNOME e COGNOME, dalla quale non emergeva alcun riferimento ai fratelli COGNOME; il ricorrente era ritenuto soggetto interlocutore COGNOME, solo “verosimilmente; il termine “amico” usato da COGNOME non poteva essere in alcun modo ascritto al concorrente.
Nelle telefonate dal 3 ottobre al 28 novembre non sono mai stati effettuati riferimenti a debiti per forniture pregresse. Pertanto, la somma di euro 3.960,00 doveva essere riferita alla potenziale compravendita della droga sequestrata il 28 novembre 2020, ragione per cui è evidente che si tratta della medesima condotta in relazione alla quale è stata emessa stata sentenza irrevocabile di condanna.
Non vi è traccia, nella ordinanza impugnata, delle emergenze investigative contenute tra le pagine 603 e 608 della richiesta del Pubblico ministero. Nello specifico, vengono indicate conversazioni che provano chiaramente, a giudizio della difesa, che quella contestata fosse la prima e l’unica tentata cessione.
2.2. Vizio di motivazione in relazione alle esigenze cautelari.
Il tribunale del riesame ha richiamato la gravità del fatto contestato, sostenendo, poi, che ricorrente avesse la capacità di prendere parte a ulteriori traffici di droga.
L’ordinanza, però, è palesemente illogica e apodittica. In realtà, rispetto ai numerosi traffici contestati ad altri indagati, COGNOME risulta coinvolto in un solo episodio. Inoltre, successivamente al 28 novembre 2020, il ricorrente è scomparso dal contesto investigato. Anche la distanza temporale tra i fatti e il momento della decisione cautelare è dissonante con l’attualità e l’intensità delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi generici e, comunque, manifestamente infondati.
Il Tribunale del riesame ha ritenuto che il ricorrente, attraverso la mediazione di NOME COGNOME e NOME COGNOME, abbia ceduto, in concorso col fratello NOME COGNOME, ad NOME e NOME COGNOME – vicini all’associazione facente capo a NOME COGNOME e NOME COGNOME, individuati quali referenti della ‘ndrina Abruzzese-Forastefano, capace di intavolare trattative per l’importazione di importanti partite di cocaina sia dal Sudamerica che, dalla Germania – cocaina, per la quale, alla data dei 28 novembre 2020, residuava un credito per i fornitori pari a euro 3.960,00.
Nell’ordinanza impugnata si dà atto che l’odierno ricorrente era sottoposto ad intercettazioni telefoniche e a indagini tecniche. I Carabinieri avevano proceduto, in data 8 ottobre 2020, anche a operazioni di osservazione diretta per accertare un incontro del ricorrente con COGNOME e i coindagati, incontro poi fallito essendosi i predetti accorti della presenza dei militari.
Il Tribunale ha esaminato il contenuto delle conversazioni intercettate ed ha, con motivazione congrua e logica, ritenuto accertato che l’indagato, prima di cedere nuovamente cocaina a COGNOME, pretendesse il pagamento di una precedente partita di cocaina, avvenuta nel mese di ottobre. Ricevuto il pagamento, il 28 novembre l’indagato era fermato dalla polizia giudiziaria mentre si recava all’appuntamento con COGNOME e veniva trovato in possesso di 193 gr. di cocaina. Per tale fato è stato arrestato e ha patteggiato la pena di anni due e mesi otto di reclusione.
L’ordinanza impugnata ha analiticamente illustrato il contenuto criptico delle conversazioni intercorse fra NOME COGNOME e COGNOME, da un lato, e COGNOME dall’altro.
Vengono evidenziate le conversazioni del 26 e 27 novembre 2020, ritenute, a ragione, significative perché denotano le sollecitazioni di COGNOME all’COGNOME e il suo malcontento rispetto al ritardo nell’arrivo del COGNOME. L’ordinanza impugnata ha ricostruito, da un lato, la sequenza delle conversazioni intercorse tra NOME COGNOME e il padre, che lo spronava a sentire l’COGNOME e, dall’altro, i tentativi di questi, su insistenza del ricorrente, di contattare NOME COGNOME che, quando raggiunto, rassicurava l’COGNOME COGNOME suo ari ivo imminente con notizie che venivano prontamente girate a COGNOME.
Estremamente rilevante viene, correttamente, ritenuta la conversazione tra COGNOME NOME ed COGNOME, nel corso della quale il primo informava il secondo di avere la cocaina richiesta («c’è quella famosa … che abbiamo parlato») e invitava l’interlocutore a leggere il messaggio che gli aveva lasciato sul cellulare dedicato. Tale messaggio recitava testualmente: «gentilmente trovate i 3.960 … li dovete trovare.., però domani vi porto i 200 che vi servono». COGNOME riferiva immediatamente il contento del messaggio a COGNOME, lasciandosi andare a commenti.
Con motivazione logica, il tribunale del riesame ha ritenuto che tali conversazioni e messaggi consentissero di respingere l’eccezione difensiva di ne bis in idem, non essendo il fatto di cui al capo 13) assorbito nella contestazione delittuosa di cui al capo 14).
3.E’ di tutta evidenza che i motivi di ricorso non si confrontano con le argomentazioni del Tribunale che, sulla base di una puntuale disamina del contenuto delle conversazioni intercettate, della loro sequenza e concatenazione ha ritenuto accertate sia l’identificazione del COGNOME, quale destinatario della consegna della partita di cocaina caduta in sequestro il 28 novembre 2020, sia la precedente consegna, della quale non era stato saldato il prezzo di acquisto e il cui pagamento veniva sollecitato dal COGNOME. COGNOME non risulta essere stato in diretto contatto con il ricorrente, ma l’ordinanza impugnata ne ha descritto e analizzato i contatti telefonici intrattenuti con NOME COGNOME, il mediatore dell’operazione che, trovandosi in Germania, il 2 ottobre 2020 lo aveva informato della richiesta di “quell’amico” di saldare una vecchia fattura e il successivo tentativo di incontro (dell’8 ottobre 2020), con COGNOME e NOME COGNOME, documentato dai contatti telefonici e dai risultati del tracciamento GPS coordinati con quelli del servizio di osservazione allestito nei pressi della macelleria del COGNOME, incontro fallito perché il RAGIONE_SOCIALE si avvedeva della presenza dei Carabinieri e allertava l’COGNOME.
Si tratta di risultanze che si saldano, componendo un quadro gravemente indiziario, con il contenuto delle conversazioni intercettate sull’utenza in uso a COGNOME a partire dal 26 novembre 2020, dalle quali emerge l’impazienza del ricorrente nell’attesa dell’arrivo del COGNOME fino a quando l’COGNOME, alle insistenze del COGNOME, gli aveva letto, per rassicurarlo sull’arrivo del fornitore, il messaggio che aveva ricevuto dal ricorrente in merito al saldo delle sue spettanze (3.960,00 euro), con la promessa che l’indomani avrebbe portato “i 200”. L’epilogo della vicenda è noto poiché gli inquirenti avevano intercettato l’arrivo di NOME COGNOME, traendolo in arresto, circostanza non conosciuta da COGNOME che, nel giorno fissato per l’appuntamento, esprimeva all’COGNOME
tutto il suo malcontento, interrogandosi sulle ragioni del mancato arrivo del COGNOME addebitandolo alla inadeguatezza di questi.
Quanto alle esigenze cautelari, il Collegio della cautela ha, puntualmente, evidenziato che il modus operandi e la spregiudicatezza dell’indagato conclamano il pericolo di reiterazione palesato dalle peculiari modalità organizzative del fatto, che ne escludono la occasionalità e che rivelano i collegamenti dell’indagato con ambienti criminali dediti al traffico di stupefacenti.
L’ordinanza impugnata sottolinea, inoltre, la disponibilità dì un considerevole quantitativo di stupefacente da parte del ricorrente, non compatibile con un esclusivo uso personale, la gestione di una propria rete di acquirenti e consumatori, la professionalità dimostrata nelle trattative per la vendita di droga.
Le conclusioni del Tribunale sono ineccepibili e bilanciano, in sede di scelta della misura da applicare, la necessità di prevenzione del pericolo di reiterazione con gli elementi che la difesa ha allegato a sostegno della insussistenza delle esigenze, quali la risalenza del fatto e il numero di operazioni nelle quali l’indagato è stato coinvolto.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
Considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle C GLYPH ammende.
Così deciso il 28 febbraio 2024
Il Consiglr – e estensore
si dente