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Ne bis in idem Cassazione: quando è inammissibile

La Cassazione dichiara inammissibile un ricorso basato sul principio del ne bis in idem in Cassazione perché sollevato per la prima volta in tale sede e richiedente accertamenti di fatto. L’imputata, condannata per invasione di edifici, sosteneva di essere già stata giudicata per gli stessi fatti, ma la Corte ha stabilito che tale verifica spetta al giudice dell’esecuzione.

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Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem Cassazione: quando è inammissibile

Il principio del ne bis in idem, secondo cui nessuno può essere giudicato due volte per lo stesso fatto, è un cardine del nostro ordinamento giuridico. Tuttavia, la sua applicazione pratica presenta delle complessità, specialmente quando la questione viene sollevata per la prima volta in sede di legittimità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti entro cui è possibile far valere la violazione di tale principio, sottolineando che il ricorso per ne bis in idem in Cassazione diventa inammissibile se richiede accertamenti sui fatti.

I fatti del processo

La vicenda processuale ha origine da una sentenza della Corte di Appello che, in parziale riforma di una decisione di primo grado, dichiarava la prescrizione per alcuni reati edilizi. Per i reati residui, ovvero due episodi di invasione aggravata di edifici e una violazione di sigilli, la Corte riduceva la pena inflitta all’imputata a sette mesi di reclusione e 700 euro di multa.

Il ricorso e la questione del ne bis in idem in Cassazione

Contro questa decisione, l’imputata proponeva ricorso per cassazione. Il motivo principale del ricorso era la presunta violazione dell’articolo 649 del codice penale, ovvero il divieto di un secondo giudizio per il medesimo fatto. La ricorrente sosteneva di essere già stata giudicata per gli stessi identici fatti con una precedente sentenza emessa da un altro tribunale.

La difesa chiedeva quindi alla Suprema Corte di verificare la coincidenza dei fatti, dell’immobile coinvolto, della violazione dei sigilli e dell’accertamento alla base dei due procedimenti penali.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su due argomenti fondamentali.

In primo luogo, la Corte ha rilevato la tardività del motivo. La questione del ne bis in idem non era mai stata sollevata nei gradi di merito del processo, ma era stata dedotta per la prima volta in sede di legittimità. Questo rappresenta un primo ostacolo procedurale.

In secondo luogo, e in modo ancora più decisivo, la Corte ha chiarito la natura del suo giudizio. Il ricorso per cassazione è un giudizio di legittimità, non di merito. Ciò significa che la Corte può controllare la corretta applicazione della legge, ma non può compiere nuovi accertamenti sui fatti del caso. La violazione del ne bis in idem può essere considerata un error in procedendo e quindi deducibile in Cassazione, ma a una condizione precisa: che la sua risoluzione non richieda valutazioni di fatto.

Nel caso specifico, la richiesta della ricorrente di verificare la “medesimezza del fatto”, dell’immobile e della violazione dei sigilli implicava necessariamente un’analisi fattuale che esula dalle competenze della Corte di Cassazione. Per stabilire se i fatti fossero identici, la Corte avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio gli atti dei due procedimenti, un’attività tipica dei giudici di merito.

La Suprema Corte ha quindi ribadito un principio consolidato: quando la questione del ne bis in idem richiede accertamenti di fatto, la sede corretta per proporla non è la Cassazione, ma il giudice dell’esecuzione.

Le conclusioni

In conclusione, l’ordinanza stabilisce un chiaro confine per l’operatività del principio del ne bis in idem in Cassazione. Se la violazione emerge chiaramente dagli atti senza necessità di ulteriori indagini, può essere fatta valere. Se, al contrario, richiede una comparazione e una valutazione dei fatti materiali, la richiesta deve essere dichiarata inammissibile. Di conseguenza, il ricorso è stato respinto e la ricorrente è stata condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito sull’importanza di sollevare tutte le eccezioni procedurali e di merito nelle fasi appropriate del giudizio.

Quando si può sollevare la violazione del principio ne bis in idem in Cassazione?
Si può sollevare in Cassazione come error in procedendo, ma solo a condizione che la decisione sulla questione non comporti la necessità di nuovi accertamenti di fatto.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la ricorrente chiedeva alla Corte di Cassazione di compiere valutazioni di fatto (verificare l’identità dei fatti, del luogo e della violazione) che non rientrano nella competenza del giudizio di legittimità.

Qual è la sede corretta per contestare una violazione del ne bis in idem se sono necessari accertamenti di fatto?
Secondo la sentenza, se la questione richiede accertamenti di fatto e non è stata sollevata nei gradi di merito, deve essere proposta al giudice dell’esecuzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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