Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 368 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 368 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Eboli 1’11/01/1955
Avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Salerno il 16/03/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ric:orso.
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RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 16 marzo 2023 il Tribunale di Salerno, quale Giudice dell’esecuzione rigettava l’istanza avanzata da NOME COGNOME finalizzata a ottenere il riconoscimento della continuazione ex art. 671 cod. proc. pen., in relazione ai reati giudicati dalle sentenze irrevocabili presupposte, ritenendo ostativa all’applicazione della disciplina invocata l’ampiezza dell’arco temporale e l’eterogeneità esecutiva che connotava le condotte illecite oggetto di vaglio giurisdizionale.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME ricorreva per cassazione, articolando due censure difensive.
Si deduceva, innanzitutto, la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva tenuto conto della correlazione esistente tra i fatti di reato giudicati dalle decisioni irrevocabili presupposte, cui il Giudice dell’esecuzione si era espresso in termini assertivi.
Si deduceva, al contempo, la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sull’istanza finalizzata a ottenere la declaratoria di ne bis in idem tra il decreto n. 1823/12 e la sentenza n. 1384/13, che era stata avanzata all’udienza del 28 febbraio 2013.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è fondato nei termini di seguito indicati.
Deve, innanzitutto, ritenersi infondato il primo motivo, con cui si deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti all’omesso riconoscimento della continuazione in sede esecutiva, che si imponeva tenuto conto della correlazione esistente tra i fatti di reato giudicati dalle decisioni irrevocabili presupposte, su cui il Giudice dell’esecuzione si era espresso in termini assertivi.
Osserva il Collegio, in linea con quanto affermato dal Tribunale di Salerno, che ostavano all’applicazione della disciplina della continuazione richiesta da NOME COGNOME l’ampiezza dell’arco temporale e le modalità eterogenee c cui
le condotte illecite di cui si invocava la preordinazione criminose si erano concretizzate.
Si consideri, in proposito, che le condotte illecite di cui si assumeva l’unicità del disegno criminoso risultavano commesse da COGNOME in contesti criminali eterogenei – riguardando i reati di omesso versamento delle ritenute previdenziali e di mancata presentazione della dichiarazione dei redditi – ed erano poste in essere in un arco temporale notevolmente ampio, compreso tra il 2007 e il 2011.
Queste connotazioni rendevano evidente come le condotte delinquenziali di COGNOME erano connotate da eterogeneità ed esprimevano caratteristiche comportamentali incompatibili con la preordinazione criminosa invocata dal suo difensore. Sul punto, non si possono non condividere le conclusioni alle quali giungeva il Giudice dell’esecuzione, che, a pagina 2 del provvedimento impugnato, evidenziava che «la distanza temporale di quattro anni impedisce di ritenere che il soggetto agente si fosse determinato alla commissione dei due delitti in esecuzione di un programma pregresso genericamente deliberato ovvero imposto da una comune e non interrotta situazione contingente di necessità».
Deve, al contempo, evidenziarsi che la reiterazione di condotte illecite non può essere espressione di un programma ch vita improntato al crimine e che dallo stesso intende trarre sostentamento, come nel caso di Alfano, venendo disciplinata da istituti differenti dalla continuazione, quali la recidiva, l’abitua la professionalità nel reato e la tendenza a delinquere, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto in esame, viceversa orientato a favorire il condannato, applicandogli un trattamento sanzionatorio mitigato dagli effetti del combinato disposto degli artt. 81, comma secondo, cod. pen., e 671 cod. proc. pen.
Deve, invece, ritenersi fondato il secondo motivo, con cui si deduceva la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, per avere la Corte di merito omesso di pronunciarsi sull’istanza finalizzata a ottenere la declaratoria di ne bis in idem tra il decreto n. 1823/12 e la sentenza n. 1384/13.
Tale omissione decisionale, invero, emerge per tabulas, essendo incontroverso che sulla declaratoria di ne bis in idem tra il decreto n. 1823/12 e la sentenza n. 1384/13, che era stata avanzata dalla difesa del ricorrente all’udienza del 28 febbraio 2013, il Tribunale di Salerno ometteva di pronunciarsi, rendendo, sotto questo profilo, fondate le censure difensive.
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente l’annullamento dell’ordinanza impugnata, limitatamente all’omessa pronuncia sul ne bis in idem invocato tra il decreto n. 1823/12 e la sentenza n. 1384/13, con il conseguente rinvio al Tribunale di Salerno per un nuovo giudizio sul punto.
Il ricordo di NOME COGNOME nel resto, deve essere rigettato.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente all’omessa pronuncia in ordine alla violazione del divieto di bis in idem, con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Salerno.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 27 ottobre 2023.