Ne bis in idem: la Cassazione ribadisce l’intangibilità del giudicato
Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare una persona due volte per lo stesso reato, rappresenta una colonna portante del nostro sistema giuridico e una garanzia fondamentale per ogni cittadino. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato con forza questo principio, annullando un provvedimento che aveva ricalcolato una pena già definita e unificata da una precedente decisione passata in giudicato. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.
I Fatti del Caso: Una Pena Ricalcolata Illegittimamente
Il caso nasce dal ricorso di un individuo contro un’ordinanza della Corte d’appello di Salerno. Quest’ultima, in qualità di giudice dell’esecuzione, aveva accolto parzialmente un’istanza e riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati giudicati con due distinte sentenze: una del Tribunale di Salerno per reati legati agli stupefacenti commessi nel 2015, e un’altra del Giudice per le indagini preliminari per fatti analoghi commessi tra il 2014 e il 2025. Di conseguenza, la Corte d’appello aveva proceduto a rideterminare la pena complessiva.
Tuttavia, il ricorrente ha eccepito la violazione del principio del ne bis in idem. Egli ha dimostrato che una precedente sentenza, emessa nel 2017 e divenuta definitiva, aveva già esaminato gli stessi reati, li aveva unificati sotto il vincolo della continuazione e aveva stabilito una pena unica e conclusiva: cinque anni e due mesi di reclusione, oltre a una multa di 30.000 euro. La nuova decisione della Corte d’appello, di fatto, stava giudicando una seconda volta una questione già risolta in via definitiva.
La Violazione del Principio del Ne Bis in Idem
Il cuore della questione legale risiede nell’intangibilità del cosiddetto “giudicato”. Quando una sentenza diventa definitiva, non può più essere messa in discussione, se non attraverso specifici mezzi di impugnazione straordinari. Nel caso di specie, il giudice dell’esecuzione non poteva ignorare la precedente sentenza del 2017 che aveva già compiuto l’operazione di unificazione delle pene. Agendo in tal senso, ha violato il divieto di un secondo giudizio sullo stesso fatto, cardine dello stato di diritto.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione, con una motivazione tanto sintetica quanto inequivocabile, ha stabilito che “il ricorso merita accoglimento”. Sebbene il testo della sentenza non si dilunghi, il ragionamento giuridico sottostante è chiaro e consolidato. Una volta che un giudice della cognizione ha valutato e unificato più reati tramite l’istituto della continuazione, e la sua decisione è divenuta definitiva, nessun altro giudice, nemmeno in fase esecutiva, può ripetere tale valutazione. La decisione del 2017 aveva creato un giudicato che copriva non solo la colpevolezza per i singoli reati, ma anche la loro unificazione e la conseguente pena unica. Il provvedimento successivo della Corte d’appello era, pertanto, illegittimo perché si sovrapponeva a una decisione già esistente e intangibile, violando il principio del ne bis in idem.
Le Conclusioni
Questa sentenza ribadisce un concetto cruciale: la certezza del diritto e la stabilità delle decisioni giudiziarie. Un imputato non può rimanere indefinitamente esposto a nuove valutazioni su fatti per i quali è già stato giudicato in via definitiva. La pronuncia della Cassazione tutela il cittadino da possibili abusi o errori del sistema giudiziario, assicurando che una volta concluso un processo con una sentenza irrevocabile, quella decisione non possa essere rimessa in discussione. Si tratta di una vittoria per le garanzie processuali e un monito sull’importanza del rispetto rigoroso del principio del ne bis in idem in ogni fase del procedimento penale, inclusa quella esecutiva.
Che cos’è il principio del ‘ne bis in idem’?
È il principio giuridico fondamentale secondo cui una persona non può essere processata né punita una seconda volta per gli stessi fatti per i quali è già stata giudicata con una sentenza definitiva.
Perché la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso in questo caso?
La Corte ha accolto il ricorso perché i reati in questione erano già stati unificati dal vincolo della continuazione e sanzionati con una pena unica da una precedente sentenza, divenuta definitiva. Il nuovo provvedimento della Corte d’appello violava quindi il ‘ne bis in idem’ tentando di giudicare di nuovo una questione già decisa.
Cosa significa applicare la ‘continuazione’ tra reati?
Significa riconoscere che più reati, anche se giudicati separatamente, sono stati commessi in esecuzione di un unico disegno criminoso. Questo permette, come previsto dall’art. 671 del codice di procedura penale, di unificarli per determinare una sola pena complessiva, generalmente più favorevole rispetto alla somma aritmetica delle singole pene.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28310 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28310 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2102/2025
CC – 17/06/2025
R.G.N. 5402/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
nel procedimento a carico di:
avverso l’ordinanza del 14/01/2025 della Corte d’appello di Salerno
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
Con l’ordinanza in preambolo, la Corte di appello di Salerno, in funzione di giudice dell’esecuzione, in parziale accoglimento dell’istanza formulata da NOME COGNOME ha riconosciuto la disciplina della continuazione di cui all’art. 671 cod. proc. pen. con riguardo ai fatti giudicati con due separate sentenze pronunciate nei suoi riguardi e, segnatamente, con la sentenza del Tribunale di Salerno, in data 11 novembre 2025, di condanna per i reati di cui all’artt. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e 75 d. lgs. n. 159 del 2011, commessi in Pellezzano il 24 giugno 2015 e con sentenza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Salerno,di condanna per i reati di cui agli artt. 74, comma 6, e 73 d. P.R. n. 309 del 1990, commessi in Salerno e Nocera dal 6 novembre 2014 al 24 giugno 2025.
Deduce la violazione del principio del ne bis in idem , giacchØ i reati giudicati con le citate sentenze erano già stati oggetto di disamina da parte del Giudice della cognizione che, con sentenza emessa in data 21 giugno 2017, divenuta definitiva il 15 luglio 2017, aveva già ritenuto i reati unificati dal vincolo della continuazione e rideterminato la pena unica complessiva nella minore misura di cinque anni, due mesi di reclusione ed euro 30.000 di multa.
Il ricorso merita accoglimento.
Così Ł deciso, 17/06/2025
Il Presidente NOME COGNOME