Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11571 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11571 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a SAN DONA’ DI PIAVE il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a PORTOGRUARO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/05/2022 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
MIGNOLO.
1.11 Tribunale di Venezia il 28 ottobre 2015, all’esito del dibattimento celebrato nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, entrambi imputati del reato di naufragio colposo, con contestazione diversamente strutturata per ciascuno:
per COGNOME (capo A dell’editto), per avere condotto, di notte, ad altissima velocità, un natante di sua proprietà tipo “barchino” privo di luci di segnalazione per la navigazione notturna, nelle acque del canale di Falconera antistante Caorle (VE), andando così a collidere, nonostante un tentativo di manovra di emergenza (virata a sinistra), contro altra imbarcazione condotta da NOME COGNOME e provocando il naufragio del proprio natante, che ha iniziato ad affondare, ponendo concretamente in pericolo l’incolumità delle persone trasportate .(oltre a COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME), sbalzate in acqua; tra di esse, NOME COGNOME ha riportato lesioni gravi ed è stato accompagnato a terra con la barca di NOME e, quindi, traportato in ospedale;
per COGNOME (capo C), per avere posto in essere imprudentemente una serie di azioni con finalità di scherzo nei confronti di COGNOME, provocando il naufragio colposo di cui al capo che precede: in particolare, COGNOME dapprima ha rassicurato COGNOME dicendo che gli avrebbe fatto strada precedendolo in mare con la propria imbarcazione ma poi, poco prima della partenza, ha staccato la pompa che collegava la tanica della benzina al motore della barca di COGNOME, che, in conseguenza, poco dopo che entrambe le barche si erano mosse, si è fermato, mentre COGNOME non ha atteso l’altro ma ha proceduto oltre a velocità sostenuta; a questo punto COGNOME, una volta rimessa in moto la propria imbarcazione, è partito ad altissima velocità per tentare di raggiungere COGNOME, senza tuttavia riuscirvi; COGNOME, a questo punto, essendo più avanti di COGNOME, ha spento le luci della propria imbarcazione (a bordo della quale vi erano anche NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME) e ha invertito la rotta per tendere una “sorpresa” a COGNOME (c.d. “scherzo dell’onda”), che stava procedendo, come detto, ad alta velocità essendo privi di luci; le barche sono entrate in contatto, con le conseguenze di cui al capo che precede;
fatti commessi il 2 luglio 2011; ebbene, il Tribunale ha condannato COGNOME e ha assolto COGNOME.
I fatti, in estrema sintesi, come ricostruiti dal Tribunale, che, come si è detto, ha riconosciuto la penale responsabilità di COGNOME, in conseguenza
condannandolo, con le attenuanti generiche, alla pena di giustizia, mentre ha assolto NOME COGNOME per insussistenza del fatto.
2.1. Il Tribunale ha ritenuto COGNOME responsabile del reato contestato, per avere guidato di notte in un canale marittimo dalla forma irregolare, a velocità eccessiva, come riferito da tutti i trasportati a bordo delfa sua barca, che peraltro lo avevano espressamente invitato a rallentare, una barca priva di luci che procedeva con la sola illuminazione del telefonino di uno dei passeggeri, e di avere così provocato, per colpa generica, l’urto con l’altro natante e l’affondamento, sia pure parziale, che, per le caratteristiche concrete (orario, visibilità, presenza di personae a bordo, ferimento di uno dei trasportati), ha – si è ritenuto – le caratteristiche dell’evento-naufragio di cui agli artt. 449 e 428 cod. pen.
E’ stata motivatamente esclusa la versione difensiva dell’imputato, secondo cui vi sarebbe stato un urto fortuito con un corpo sennisommerso, quale un tronco d’albero.
Concesse le attenuanti generiche, la sanzione penale è stata condizionalmente sospesa.
2.2.È stato, invece, assolto all’esito del giudizio di merito di primo grado COGNOME, poiché – ha spiegato il Tribunale – tutti i trasportati nella sua barca hanno riferito che la velocità di navigazione era moderata, poiché non è stato dimostrato che lo stesso abbia spento le luci, che gli occupanti l’altra barca potrebbero non avere visto a causa della conformazione non lineare del canale, ed anche perché si è ritenuto l’ipotesi dello scherzo a COGNOME non essere supporta da prova ma affidata a mere dicerie e a “voci”, apparendo inoltre plausibile e supportata dalle dichiarazioni di alcuni dei trasportati di COGNOME la tesi che lo stesso abbia fatto inversione in quanto l’amico COGNOME non rispondeva al telefono e si poteva temere che fosse successo qualcosa.
3.Interposto appello da parte del P.M. nei confronti dell’assoluzione di COGNOME e da parte della Difesa di COGNOME nei confronti della condanna, la Corte territoriale di Venezia, rinnovata l’istruttoria testimoniale, il 26 maggio 2022 ha integralmente confermato la sentenza nei confronti di quest’ultimo, mentre ha riformato in peius la decisione nei confronti di COGNOME, che ha riconosciuto colpevole e ha condannato (alla stessa pena già applicata a COGNOME).
L’iter motivazionale della sentenza di appello, che preliminarmente rigetta le critiche difensive circa la mancata corrispondenza tra contestazione e sentenza e circa la lamentata lacunosità della rinnovazione istruttoria disposta con ordinanza del 28 ottobre 2019, è il seguente.
3.1. Quanto all’impugnazione nell’interesse di COGNOME, la Corte di merito (pp. 15-31) con plurimi argomenti, richiamando passi dell’istruttoria, ha disatteso i motivi svolti dalla Difesa tesi a dimostrare:
l’insussistenza dell’evento tipico “naufragio” (confutando gli argomenti incentrati su: a) danni all’imbarcazione; b) avere il natante imbarcato acqua senza tuttavia affondare; c) l’assunto che l’urto si sarebbe verificato tra due imbarcazioni che procedevano entrambe a bassa velocità; d) la ricorrenza del requisito della messa in pericolo dell’incolumità di un numero non individuato di persone);
la mancanza di un nesso di causalità tra la condotta posta in essere da COGNOME e l’evento;
e la insussistenza del necessario elemento soggettivo in capo all’imputato; infine confermando la statuizione di primo grado.
3.2. Quanto alla posizione di NOME COGNOME, la Corte di appello ha accolto l’impugnazione della Parte pubblica e ribaltato l’assoluzione pronunziata in primo grado (pp. 32-37).
In particolare, richiamate le considerazioni svolte in precedenza sulla sussistenza nel caso di specie di un evento-naufragio e sulla offensività in concreto dello stesso, la Corte territoriale ha censurato la “superficialità della disamina critica del materiale probatorio” (così alla p. 32) da parte del Tribunale, evidenziando essere emersa prova tranquillizzante delle seguenti circostanze di fatto:
la effettuazione di un primo scherzo in danno di COGNOME;
l’essere le luci della barca condotta da NOME totalmente spente al momento dell’impatto;
l’essere quel tratto del canale non connotata da curve o da anse ma rettilineo;
l’essere stato l’impatto provocato anche dalla determinazione di NOME di tornare indietro, spegnendo le luci, nonostante il buio, per fare a COGNOME il c.d. “scherzo dell’onda”.
Infatti – ha sottolineato la Corte di merito – è emerso dall’istruttoria che:
il teste COGNOME all’udienza del 10 luglio 2015 ha ammesso di essere stato l’autore materiale del gesto, auto-definito “scherzo innocente”, di staccare il tubicino dal serbatoio del motore della barca di COGNOME;
ben quattro testimoni (cioè NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME e NOME COGNOME) hanno dichiarato che al momento dell’urto la barca di NOME procedeva a luci spente, mentre NOME COGNOME ha detto di non ricordare se al momento dell’impatto le luci di NOME fossero ancora acceso o spente;
lo stesso COGNOME all’udienza del 20 settembre 2021 ha dichiarato che l’inversione di marcia da parte di COGNOME fu determinata dall’intenzione di giocare a COGNOME il c.d. “scherzo dell’onda”, appostandosi, non visto, nelle sue vicinanze, per poi passargli vicino;
la morfologia del canale presentava tratti rettilinei e tratti curvilinei ed alcuni testi, quali COGNOME e COGNOME, hanno escluso che in quel punto vi fossero curve o anse; in ogni caso, tutti i passeggeri a bordo della barca di COGNOME, le cui dichiarazioni si richiamano, hanno affermato di non avere visto alcuna luce e che le due imbarcazioni si trovarono “prua contro prua”, situazione in cui non vi potevano essere ostacoli alla visuale;
a ciò si aggiunga che, quand’anche, per mera ipotesi, disattendendo il contributo conoscitivo di COGNOME, il motivo della inversione di marcia non fosse stata determinata dalla volontà di fare uno scherzo, rimarrebbe comunque la gravità della imprudenza: inversione improvvisa, di notte, al buio, a luci spente, da parte di soggetto esperto, essendo la barca di COGNOME priva delle luci sin dall’inizio della navigazione.
Affermata, dunque, la penale responsabilità di NOME e concesse allo stesso le attenuanti generiche, la sanzione è stata condizionalmente sospesa.
Tanto premesso, ricorrono per la cassazione della sentenza entrambi gli imputati, tramite separati ricorsi curati da Difensori di fiducia (NOME COGNOME con l’AVV_NOTAIO del Foro di Venezia; NOME COGNOME con l’AVV_NOTAIO del Foro di Venezia).
Il ricorso nell’interesse di NOME COGNOME è affidato a tre motivi con i quali lamenta violazione di legge (tutti e tre i motivi) e vizio di motivazione (i secondo ed il terzo motivo).
5.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge (art. 603, comma 3, cod. proc. pen.) e mancanza di motivazione in ordine alla disposta rinnovazione istruttoria.
L’ordinanza con cui all’udienza del 28 ottobre 2019 la Corte territoriale ha disposto rinnovarsi l’istruttoria testimoniale sui temi (I) della morfologia del canale, (II) delle condizioni delle barche e (III) se le luci della barche fossero accese o spente sarebbe illegittima in quanto del tutto priva di motivazione, incentrata solo sulla “ritenuta necessità ai fini del decidere” e non consentirebbe alle Parti di conoscere le ragioni dell’esercizio del potere officioso dei decidenti.
5.2. Con il secondo motivo censura ulteriore violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. per mancanza della motivazione quanto alla sostanziale rinunzia, implicita ed immotivata, da parte della Corte di merito all’esame della teste
straniera NOME, una volta acquisita tramite RAGIONE_SOCIALE la notizia dell’avvenuto trasferimento definitivo della stessa all’estero, a Londra, e ciò dopo che la ammissione della stessa era stata, con l’ordinanza del 28 ottobre 2019, ritenuta necessaria ai fini del decidere.
Si richiamando al riguardo più precedenti di legittimità secondo cui solo un compiuto accertamento della effettiva irreperibilità del testimone legittima il “recupero” delle dichiarazioni in precedenza rese, con particolare riferimento alle dichiarazioni rese dalla stessa in primo grado e richiamate alla p. 26 della sentenza impugnata.
5.3. Con l’ultimo motivo NOME COGNOME si duole della violazione degli artt. 449 e 428 cod. pen. e, nel contempo, di mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla integrazione dell’evento-naufragio.
Si sottolinea al riguardo la modestia dell’urto e delle conseguenze materiali per le imbarcazioni, senza il verificarsi di alcuna falla, il non affondamento della barca di COGNOME, rimasta in grado di galleggiare, la possibilità per gli occupanti, che sapevano tutti nuotare e che, tranne COGNOME, non hanno riportato conseguenze, di saltare sull’altra barca, portando con sè borse e telefoni cellulari, rimasti asciutti, la modesta altezza dell’acqua, circa 130 centimetri, che avrebbe consentito a tutti di “toccare” il fondo con i piedi, i soccorsi immediatamente prestati da tutti i presenti, abili in ambiente acquatico poidhé reduci da un corso di vela, all’unico ferito, COGNOME, ed i soccorsi rapidamente sopraggiunti a terra, peraltro “in una notte d’estate, illuminata dalla luna piena, in un canale interno alla laguna di Caorle a quell’ora assai poco frequentato” (così, testualmente, alla p. 8 del ricorso).
Tale situazione di fatto non sarebbe riconducibile alla corretta nozione in diritto di “naufragio” in senso tecnico-giuridico quale delineata dai precedenti di legittimità che si richiamano nel ricorso.
6.11 ricorso di NOME COGNOME è affidato a sei motivi con i quali denuncia promiscuamente violazione di legge e difetto di motivazione.
6.1. Con il primo motivo, ripercorsi gli antefatti, lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 603, comma 3, e 125 cod. proc. pen., con conseguente nullità assoluta dell’ordinanza istruttoria del 28 ottobre 2019 e quindi della sentenza per mancanza di motivazione; si censura, inoltre, violazione del principio della presunzione di completezza dell’indagine dibattimentale di primo grado.
Si tratta di un motivo analogo al primo motivo di ricorso nell’interesse di COGNOME.
6.2. Con il secondo motivo critica ulteriore violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. e dell’art. 727 cod. proc. pen. e mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla pretesa sopravvenuta impossibilità di rinnovare l’esame della teste NOME.
Si tratta di motivo anch’esso analogo al secondo motivo nell’interesse di COGNOME.
6.3. Oggetto del terzo motivo è la violazione degli artt. 111 e 117 Cost., 6 Cedu e 530, 533 e 546 cod. proc. pen. e, nel contempo, mancanza ed illogicità della motivazione, per avere la Corte di appello riformato in peius la sentenza assolutoria in assenza di motivazione “rafforzata” che sia idonea a superare il “ragionevole dubbio” su cui si fonda la precedente sentenza.
E’ motivo esclusivamente svolto nell’interesse di NOME, che in primo grado era stato assolto.
6.4. Con il quarto motivo NOME COGNOME si duole della violazione degli artt. 449 e 428 cod. proc. pen. e di difetto di motivazione in ragione della insussistenza del requisito del pericolo per la incolumità pubblica, essendosi in presenza di un evento limitato a poche persone, la cui incolumità non sarebbe mai stata esposta ad un pericolo da ritenersi serio, concreto ed attuale.
Tale motivo è analogo al terzo motivo di ricorso nell’interesse di COGNOME.
6.5. Con il quinto motivo il ricorrente deduce il travisamento di prove decisive e la loro omessa valutazione, con motivazione incongrua e contraddittoria. Ciò in riferimento ai seguenti temi:
la descrizione e morfologia del canale;
la velocità dei natanti;
le condizioni della barca dopo l’impatto;
la dinamica del sinistro;
la pretesa riconducibilità a COGNOME di “scherzi” in danno di COGNOME.
Su ciascuno di tali aspetti, il ricorrente richiama la motivazione della sentenza impugnata e ritiene di confutarla richiamando quelle che ritiene essere le effettive emergenze istruttorie e il ragionamento a suo tempo svolto dal Tribunale nella sentenza assolutoria, che avrebbe correttamente valutato le prove ed adottato una decisione condivisibile.
6.6. Infine, con l’ultimo motivo la Difesa di NOME COGNOME denunzia la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza posto dall’art. 521 cod. proc. pen., in quanto la condanna riguarderebbe un fatto, in realtà, diverso da quello originariamente contestato, e difetto di motivazione, che sarebbe comunque illogica e contraddittoria.
Il P.G. di legittimità nella requisitoria scritta del 4 dicembre 2023 ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso di COGNOME e rigettarsi quello di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati, per le seguenti ragioni.
2.Appare opportuno affrontare anzitutto i motivi di impugnazione comuni ai due ricorrenti.
2.1. Quanto al primo motivo nell’interesse di entrambi, con il quale si censura l’avvenuta ammissione di prove ex officio da parte della Corte di appello, si osserva quanto segue.
In linea generale, «Nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale ed alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata. (In motivazione, la Corte ha precisato che l’acquisizione di una prova nuova in appello, adottata in assenza del presupposto dell’assoluta necessità dell’integrazione, non determina l’inutilizzabilità della prova)» (Sez. 6, n. 48093 del 10/10/2018, G, Rv. 274230; negli stessi termini, v. già Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv.262620; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME ed altro, Rv. 228353).
Nel caso di specie, tuttavia, la rinnovazione da parte della Corte di merito era in realtà doverosa per effetto della impugnazione del P.M., nella prospettiva della richiesta di condanna, quanto alla posizione di COGNOME, assolto in primo grado, in ossequio al principio di diritto secondo il quale «La previsione contenuta nell’art.6, par.3, lett. d) della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, relativa al diritto dell’imputato di esaminare o fare esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico, come definito dalla giurisprudenza consolidata della Corte EDU – che costituisce parametro interpretativo delle norme processuali interne – implica che il giudice di appello, investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, anche se emessa all’esito del giudizio abbreviato, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603,
comma terzo, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizio assolutorio di primo grado» (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487).
Donde la manifesta infondatezza del motivo di ricorso.
2.2. Passando al secondo motivo nell’interesse sia di COGNOME che di COGNOME, con cui si censura la rinunzia da parte della Corte di appello all’esame della teste straniera, NOME, ammessa di ufficio, una volta accertato il trasferimento della stessa all’estero, è legittima la revoca – qui peraltro solo parziale – dell’ordinanza di ammissione delle prove per superfluità sopravvenuta, essendo sufficientemente istruito il processo (Sez. 5, n. 13277 del 17/01/2013, Sanna, Rv. 254839; Sez. 4, n. 34730 del 12/07/2011, Allalo, Rv. 251112; Sez. 6, n. 490478 del 20/09/2004, Bilardello, Rv. 230615), all’esito delle ulteriori acquisizioni probatorie ufficiose ed anche senza necessità di una specifica motivazione (Sez. 6, n. 13571 del 12/11/2010, dep. 2011, C, Rv. 249907).
In ogni caso, “operata la prova di resistenza”, il ribaltamento della sentenza liberatoria non si fonda sul contributo conoscitivo offerto dalla donna, che dunque risulta “neutro” rispetto all’esito di condanna.
2.3. Il terzo motivo nell’interesse di COGNOME ed il quarto nell’interesse di COGNOME contestano che ci si trovi in presenza di un “naufragio” in senso tecnico.
In realtà, i motivi svolti in entrambi i ricorsi sono vistosamente costruiti in fatto; la ricostruzione degli accadimenti e la spiegazione della decisione che si rinviene alle pp. 16-24 della sentenza impugnata risulta logica e congrua ed i ricorrenti, in buona sostanza, sollecitano – ma inammissibilmente – una rilettura e una rivalutazione del materiale probatorio.
In ogni caso, risulta corretto e pertinente il richiamo da parte della Corte di appello (alla p. 24 della sentenza impugnata) al precedente di Sez. 4, n. 49887 del 16/10/2018, A., Rv. 273997, secondo cui «Ai fini della sussistenza del delitto di cui agli artt. 428 e 449, comma secondo, cod. pen., perché si abbia naufragio non è necessario che il natante sia affondato, ma è sufficiente che lo stesso non sia più in grado di galleggiare regolarmente, risultando così inutilizzabile per la navigazione. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva ritenuto la configurabilità del reato in un caso relativo allo speronamento di un gommone che, a seguito dell’impatto, pur galleggiando, non era più idoneo a proseguire la navigazione tanto da dover essere trainato in porto)».
Nello stesso senso si vedano infatti:
Sez. 4, n. 19137 del 18/11/2014, dep. 2015, Barri, Rv. 263491, secondo cui «Ai fini della sussistenza del delitto di cui agli artt. 428 e 449, comma secondo, cod. pen., perché si abbia naufragio non è necessario che il natante sia affondato, ma è sufficiente che lo stesso non sia più in grado di galleggiare regolarmente, risultando così inutilizzabile per la navigazione. (Fattispecie relativa all’inabissamento parziale di un’imbarcazione a motore dovuto alla falla apertasi nello scafo a seguito dell’urto della porzione poppiera dell’unità contro alcuni scogli)»;
Sez. 4, n. 13983 del 27/02/2009, COGNOME, Rv. 243214, secondo cui «Ai fini della sussistenza del delitto di cui agli artt. 428 e 449, comma secondo, cod. pen., perché si abbia naufragio non è necessario che il natante sia affondato, ma è sufficiente che lo stesso non sia più in grado di galleggiare regolarmente, risultando così inutilizzabile per la navigazione. (Fattispecie relativa all’incagliamento di una imbarcazione a motore sugli scogli da cui era conseguita l’apertura di due falle nello scafo e il danneggiamento delle eliche e del timone)»;
Sez. 1, n. 325 del 20/11/2001, dep. 2002, COGNOME e altri, Rv. 220436, secondo cui «Ai fini della sussistenza del delitto di naufragio è sufficiente che il natante non sia più in grado di galleggiare regolarmente, non essendo richiesto anche il suo inabissamento e, di conseguenza, la sua perdita»;
e Sez. 4, n. 10391 del 15/05/1987, COGNOME, Rv. 176768: «Ai fini della sussistenza del delitto di naufragio è sufficiente che il natante non sia più in grado di galleggiare regolarmente, non essendo richiesto anche il suo inabissamento e, di conseguenza, la sua perdita».
Residuano a questo punto da valutare i motivi nn. 1), 2) e 4) del ricorso nell’interesse di NOME.
3.1. Sul motivo n. 3), sussiste, contrariamente a quanto affermato dalla Difesa, la motivazione “rafforzata” della riforma in peius: infatti, la sentenza impugnata contiene una “pars destruens”, in cui si evidenziano i vizi logici della sentenza di primo grado, ed una ampia e dettagliata “pars construens”, in cui si ricostruiscono insieme, logicamente e congruamente, le varie emergenze istruttorie, dando infine puntuale ragione delle determinazioni assunte: e si è già sintetizzata la struttura della motivazione della sentenza impugnata sub nn. 3, 3.1 e 3.2 del “ritenuto in fatto”, cui si rinvia. Peraltro, la decisione è sta preceduta – come si è visto, correttamente – da rinnovazione dell’istruttoria dichiarativa.
3.2. Quanto al motivo n. 5), con cui si deduce il preteso travisamento in relazione ad alcuni temi rilevanti (descrizione e morfologia del canale; velocità
dei natanti; condizioni della barca dopo l’impatto; dinamica del sinistro; pretesa riconducibilità a canta di “scherzi” a COGNOME), in effetti non si è in presenza di alcun “travisamento”, non ricorrendo nel caso di specie la · tipica situazione di atti processuali aventi carattere di decisività non presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente o adeguatamente interpreti dal giudicante (peraltro, è pacifico che «Il ricorso per cassazione con cui si lamenta il vizio di motivazione per travisamento della prova, non può limitarsi, pena l’inammissibilità, ad addurre l’esistenza di atti processuali non esplicitamente presi in considerazione nella motivazione del provvedimento impugnato ovvero non correttamente od adeguatamente interpretati dal giudicante, quando non abbiano carattere di decisività, ma deve, invece: a) identificare l’atto processuale cui fa riferimento; b) individuare l’elemento fattuale o il dato probatorio che da tale atto emerge e che risulta incompatibile con la ricostruzione svolta nella sentenza; c) dare la prova della verità dell’elemento fattuale o del dato probatorio invocato, nonché della effettiva esistenza dell’atto processuale su cui tale prova si fonda; d) indicare le ragioni per cui l’atto inficia e compromette, in modo decisivo, la tenuta logica e l’intera coerenza della motivazione, introducendo profili di radicale incompatibilità all’interno dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato»: Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, F, Rv. 281085; nello stesso senso v. già Sez. 6, n. 45036 del 02/12/2010, Damiano, Rv. 249035)
In realtà, il ricorrente si limita a “recuperare” alcuni passaggi della sentenza di primo grado (p. 11) e richiama, argomentando ancora una volta in fatto, alcuni passaggi istruttori che ritiene utili sostenendo letture che stima soggettivamente preferibili delle emergenze istruttorie e personali valutazioni in chiave meramente “avversativa” rispetto alla decisione di condanna.
3.3. Infine, in relazione al motivo n. 6) nell’interesse di COGNOME, secondo il quale si sarebbe in presenza di un mutamento illegittimo della contestazione, con violazione dell’art. 521 cod. proc. pen., la Corte di appello dedica al tema ampio spazio, alle pp. 12-14 della sentenza impugnata, spiegando che l’imbarcazione, benchè non “affondata”, come si legge nel capo di imputazione, tuttavia ha imbarcato acqua e si è abbassata sino a toccare il fondale con il piede del motore, non riuscendo più a galleggiare in modo regolare, tanto da dover essere trainata, e richiamando corretti principi di diritto sia in tema di accertamento di quanto effettivamente accaduto nel contraddittorio processuale ove la Difesa ha avuto modo di esercitarsi (cfr., ex plurimis, Sez. Sez. 6, n. 38061 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 277365) sia in tema di non incompatibilità e di non eterogeneità tra quanto contestato e quanto accertato (cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 15560 del 09/03/2022, COGNOME, Rv. 282968).
4. Essendo, quindi, entrambi i ricorsi inammissibili e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost., sentenza n. 186 del 7-13 giugno 2000), alla condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue anche quella al pagamento – ciascuno – della sanzione pecuniaria nella misura, che si stima conforme a diritto ed equa, indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 20/12/2023.