Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 22993 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 22993 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME (CODICE_FISCALE nato il 03/02/1980
avverso la sentenza del 06/06/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in epicirafe la Corte di appello di Firenze ha confermato la 12imbIL pronuncia emessa in data 20 ttobi3 2022 dal Tribunale di Prato, con cui l’imputato NOME COGNOME è stato condannato alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 1.000 di multa, in relazione al reato di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. n. 309/1990.
Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione, deducendo, con unico motivo, ai sensi dell’art. 606, co. 1, lett. b) cod. proc. pen., violazione di legge quanto alla ritenuta dimostrazione al di là di ogni ragionevole dubbio dell’offensività del fatto contestato quanto alla capacità drogante dello stupefacente essendo stato solo eseguito il narcotest.
Letta la memoria depositata dal difensore, ad avviso di questo Collegio, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
La sentenza impugnata, ha fatto buon governo della giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui, ai fini della configurabilità di una delle condotte di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990 9 ottobre 1990, n. 309, non è indispensabile un accertamento peritale della qualità e quantità della sostanza stupefacente, ancorché sequestrata, potendo risultare sufficiente anche il solo narcotest, a condizione che il giudice fornisca adeguata motivazione in merito alla sussistenza di elementi univocamente significativi della tipologia ed entità di detta sostanza (v. Sez. 6, n. 40044 del 29/09/2022, COGNOME, Rv. 283942 – 02, fattispecie in cui la Corte ha annullato con rinvio la decisione, per avere le sentenze valorizzato elementi indiziari equivoci, quali il contesto complessivo delle condotte, la qualità dei protagonisti della vicenda, la presenza sul posto di un rappresentante del gruppo dei calabresi, le modalità di occultamento della droga, senza considerare la possibilità che si trattasse di campioni privi di efficacia drogante o contenenti quantitativi modesti di principio attivo, inquadrabili nella fattispecie di cui all’art. 73, co. 5, d.P.R. cit.).
La Corte territoriale, nel solco della giurisprudenza prevalente di questa Corte di legittimità, dopo avere richiamato la sentenza di primo grado, della quale costituisce una “doppia conforme” da cui si ricavava che la notte del 19 marzo 2019 l’imputato era stato controllato all’interno di una sala slot e sottoposto a perquisizione personale, trovato in possesso della cocaina in questione, già suddivisa in quattro dosi, ha ritenuto la destinazione allo spaccio avuto riguardo alle circostanze e modalità del fatto, al confezionamento delle dosi e ai precedenti di polizia specifici. L’esame del narcotest, dunque, è stato ritenuto sufficiente ai fini della affermazione della responsabilità, come corretta è stata ritenuta, nel rispetto dei principi dettati dalla giurisprudenza prevalente, inquadrabile sub art. 73, co. 5 D.P.R. cit.)
Ancora, correttamente la Corte territoriale ha richiamato quella giurisprudenza
(Sez. 6, n. 6069 del 16/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269007 – 01) secondo cui l’accertamento svolto con narcotest consente di provare la natura stupefacente di
una determinata sostanza, ma non fornisce la prova relativa alla quantità del principio attivo contenuto (Fattispecie in cui la Corte ha derubricato la contestazione originaria
nell’ipotesi meno grave prevista dall’art.73, comma quinto, d.P.R. n.309 del 1990
che, invece, non era stata riconosciuta sulla base del solo narcotest, senza che fosse stata accertata la quantità di principio attivo), circostanza verificatasi nel caso in
esame, in cui già il primo giudice – a fronte di tre episodi di cessione accertati – aveva ritenuto di ricondurre il fatto nell’ambito della ipotesi di lieve entità. deve esser
dichiarato inammissibile, in quanto il profilo di doglianza si concreta in censure non consentite dalla legge in questa sede di legittimità assolutamente in tutto generiche
e aspecifiche e non si confronta con la sentenza impugnata che, invece, reca appropriata motivazione, basata su definite e significative acquisizioni probatorie ed
immune da vizi logico-giuridici e omette di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. Esso, altresì, deve essere dichiarato inammissibile, in quanto volto a prefigurare una rivalutazione alternativa delle fonti probatorie estranea al sindacato di legittimità.
Infatti, nel caso di specie la Corte territoriale ha ben motivato circa la mancata assoluzione dell’imputato, già gravato da precedenti giudiziari, dal fatto per cui si procede, tenuto conto del tipo di sostanza detenuta ovvero un tipo di droga c.d. pesante già suddivisa in dosi e quindi potenzialmente idonea a soddisfare le richieste di più clienti cessionari (fogli 3 e 4 della sentenza impugnata) (cfr. Cass., Sez. VI, n. 40044/2022, Rv. 283942-02).
Alla inammissibilità del ricorso a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla somma di euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 10 giugno 2025