Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 25586 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 25586 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME cui CODICE_FISCALE nato a null (CINA) il 17/12/1990 avverso la sentenza del 28/06/2024 della Corte d’appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità udito il difensore
Trattazione cartolare.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 28/06/2024, la Corte d’appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal giudice di primo grado all’esitodi giudizio abbreviato, previa riqualificazione nell’ipotesi di cui al quinto comma dell’art. 73 D.P.R.309/1990 dei fatti contestati a Xu Junjie, concernenti la detenzione a fini di spaccio di grammi 20 di stupefacente sintetico del tipo anfetamina denominato “shaboo”, applicata la diminuente per il rito, ha rideterminato la pena in anni uno e mesi otto di reclusione e confermato nel resto la sentenza impugnata.
Avverso la sentenza ha presentato ricorso per cassazione NOME COGNOME e ne ha chiesto l’annullamento formulando due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio della motivazione in relazione all’affermazione della responsabilità, evidenziando che non è stato effettuato alcun accertamento tecnico in ordine &l’efficacia drogante e alle percentuali effettive di principio attivo della sostanza detenuta, ma solo un narcotest su un campione prelevato da cui non è possibile evincere il superamento della soglia minima di efficacia drogante. Pertanto, non vi è prova della natura stupefacente della sostanza rinvenuta.
2.2. Con il secondo motivo, deduce violazione di legge in ordine alla confisca del danaro rinvenuto unitamente allo stupefacente, statuizione che il giudice territoriale ha confermato, malgrado la riqualificazione dei fatti ai sensi del comma quinto dell’art. 73 d.P.R.309/1990, senza
dunque tenere conto del conseguente mutamento dei presupposti giuridici della confisca. Evidenzia che si contesta la detenzióne di sostanza stupefacente a fini di spaccio, condotta illecita che non genera profitto, e che il danaro può essere, al più, profitto di pregresse condotte di cessione.
Il Procuratore generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto l’inammissibilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Costituisce ius receptum, più volte affermato dalla Corte di legittimità, il principio secondo cui il cd. narcotest può essere sufficiente per accertare la natura della sostanza e, dunque, per affermare la penale responsabilità, potendo il giudice attingere conoscenza da diverse fonti (ad esempio, la confessione dell’imputato), senza necessitò di disporre perizia (Sez. 3, n. 15137 del 15/02/2019, COGNOME Rv. 275968-02; Sez. 6, n. 47523 del 29/10/2013, P.M. in proc. COGNOME, Rv. 257836-01; Sez. 6, n. 43226 del 26/09/2013, Hu, Rv. 25746201), a condizione che il giudice fornisca adeguata motivazione in merito alla sussistenza di elementi univocamente significativi della tipologia ed entità di detta sostanza (Sez.6, n. 40044 del 29/09/2022, Rv. 283942). Ciò in quanto il narcotest non fornisce la prova della quantità del principio attivo contenuto (Sez. 6, n. 6069 del 16/12/2011, dep. 2017, COGNOME e altro, Rv. 269007-01).
Nel caso di scelta di giudizio abbreviato, tali esigenze di accertamento tecnico, se non effettuate nella fase delle indagini preliminari e nel corso del giudizio di primo grado, rilevano purché esso sia indispensabile per la decisione e non comprometta la celerità del rito.Nel giudizio abbreviato d’appello, infatti, le parti sono titolari di una mera facoltà di sollecitazione del potere di integrazione istruttoria, esercitabile dal giudice “ex officio” nei limiti della assoluta necessità ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., atteso che in sede di ap’pello non può riconoscersi ‘alle parti la titolarità di un diritto alla raccolta della prova in termini diversi e più ampi rispetto a quelli che incidono su tale facoltà nel giudizio di primo grado (Sez.2, n. 5629 del 30/11/2021, Rv. 282585). Si è infatti affermato che con la richiesta di rito abbreviato, il ricorrente ha accettato gli elementi di prova raccolti unilateralmente nel corso delle indagini dal P.M., rinunciando al vaglio dibattimentale nel corso del quale ben avrebbe potuto far emergere elementi favorevoli all’imputato (Sez. 4, n. 33988 del 2021).
Nel caso in disamina, si evidenzia innanzitutto che . è stato celebrato il giudizio abbreviato, e che la Corte territoriale ha ritenuto, senza dubbio alcuno, che la sostanza rinvenuta nella disponibilità del ricorrente fosse uno stupefacente contenente il principio attivo della metanfetamina, richiamando al riguardo il verbale di esame qualitativo del 02/09/2022, nonché le dichiarazioni rese dallo stesso imputato il quale, in occasione del proprio interrogatorio ha ammesso di essere in possesso di questo tipo di narcotico. Pertanto, sulla base dei suddetti fattori, complessivamente valutati nella loro molteplicità e univoca convergenza, il giudice a quo ha ritenuto non necessaria l’effettuazione gli ulteriori accertamenti d natura quantitativa, ritenendo sufficiente il. c.d. narcotest ai fini della qualificazione dei fatti.
Si tratta di motivazione che risulta nè incongrua né illogica, basata su una pluralità di circostanze di fatto, valutate congiuntamente, con le quali né l’impugnazione di merito; prima, né il ricorso, poi, si confronta specificamente..
La seconda doglianza non è stata dedotta con i motivi di appello, concernenti esclusivamente l’affermazione della responsabilità e la qualificazione dei fatti dei quinto comma dell’art. 73 d.P.R.309/1990.
Al riguardo, si è affermato che il disposto di cui all’art. 85-bis d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, novellato dall’art. 4, comma 3-bis, d.l. 15 settembre 2023, n. 123, convertito, con modificazioni, in
legge 13 novembre 2023, n. 159, che ha incluso il delitto di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309
del 1990 nel novero di quelli costituenti presupposto della confisca per sproporzione ex art. 240-bis cod. pen., si applica retroattivamente entro i limiti previsti dall’art. 200, comma primo, cod. pen.,
sicché, per l’individuazione del regime applicabile, deve aversi riguardo alla legge vigente al momento in cui è stata emessa la sentenza di primo grado (Sez.4,
n.14095 del 20/03/2024 Cc. (dep. 08/04/2024 ) Rv. 28610).
Nel caso in disamina, il giudice di primo grado, con sentenza emessa nel 2022, anteriormente alle richiamate modifiche normative, aveva disposto la confisca della somma di danaro in
sequestro in relazione alla contestazione della condotta di detenzione di sostanza stupefacente ai sensi degli artt. 87 d.P.R.309/1990 e 240 cod. pen., ritenendo che la somma di danaro fosse
riconducibile all’attività illecita. Il ricorrente ben avrebbe potuto dedurre violazione di legge e vizio della motivazione in ordine a tale statuizione, erroneamente disposta ai sensi dell’art. 240 cod. pen.,
pur essendo la condotta contestata di mera detenzione a fine di spaccio, e non di cessione.
Tuttavia, la doglianza non è contenuta tra i motivi di appello ed è pertanto inammissibile ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
2.Consegue alla dichiarazione di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa
delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 07/02/2025