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Narcotest: è sufficiente per condanna per droga?

Un soggetto viene condannato per detenzione di stupefacenti sulla base di un narcotest e della sua stessa ammissione. Ricorre in Cassazione sostenendo l’insufficienza della prova, ma la Corte rigetta il ricorso. Viene stabilito che, nel contesto di un giudizio abbreviato, il narcotest è una prova valida se corroborata da altri elementi, confermando così la condanna.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Narcotest e Spaccio: La Cassazione Conferma la Condanna

La validità di un narcotest come prova in un processo penale è un tema di grande attualità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 25586/2025, ha ribadito principi fondamentali in materia, specialmente quando l’imputato sceglie il rito abbreviato. La decisione chiarisce che il test rapido, pur non quantificando il principio attivo, può essere sufficiente per affermare la responsabilità penale se supportato da altri elementi probatori.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un individuo condannato in primo e secondo grado per la detenzione a fini di spaccio di 20 grammi di una sostanza stupefacente sintetica, nota come “shaboo”. La Corte d’Appello di Milano, pur riformando parzialmente la prima sentenza, aveva riqualificato il reato nell’ipotesi di minore gravità (prevista dal quinto comma dell’art. 73 del D.P.R. 309/1990) e rideterminato la pena, confermando però la responsabilità dell’imputato.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione basandosi su due principali motivi di doglianza.

Primo Motivo: L’insufficienza del narcotest

Il ricorrente lamentava una violazione di legge, sostenendo che per provare la natura stupefacente della sostanza non fosse sufficiente un semplice narcotest. Secondo la difesa, era necessario un accertamento tecnico per determinare l’effettiva efficacia drogante e la percentuale di principio attivo, elementi indispensabili per superare la soglia minima di punibilità. Senza tale prova, la natura illecita della sostanza non poteva essere dimostrata con certezza.

Secondo Motivo: La confisca del denaro

In secondo luogo, veniva contestata la confisca del denaro trovato insieme alla sostanza. La difesa argomentava che, avendo i giudici riqualificato il fatto come detenzione di lieve entità, e non come spaccio conclamato, il denaro non poteva essere considerato profitto del reato. La condotta di mera detenzione, infatti, non genera un profitto diretto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo entrambi i motivi con argomentazioni chiare e in linea con l’orientamento giurisprudenziale consolidato.

La validità del narcotest nel giudizio abbreviato

Sul primo punto, la Corte ha ribadito un principio consolidato (ius receptum): il narcotest è uno strumento sufficiente per accertare la natura della sostanza e, di conseguenza, per affermare la responsabilità penale. Il giudice non è obbligato a disporre una perizia tecnica se può basare la sua convinzione su altre fonti di prova. Nel caso specifico, la decisione dei giudici di merito si fondava non solo sull’esito del test, ma anche sulle dichiarazioni confessorie rese dallo stesso imputato durante l’interrogatorio.

Inoltre, la Corte sottolinea una conseguenza cruciale della scelta del giudizio abbreviato: con tale rito, l’imputato accetta di essere giudicato sulla base degli atti raccolti durante le indagini preliminari. Rinuncia, di fatto, al dibattimento, sede naturale per l’assunzione di nuove prove come una perizia. La richiesta di accertamenti tecnici in appello, dopo un giudizio abbreviato, è una facoltà eccezionale del giudice e non un diritto della parte.

L’inammissibilità del motivo sulla confisca

Il secondo motivo è stato dichiarato inammissibile per una ragione puramente processuale: la questione della confisca del denaro non era stata sollevata nei motivi d’appello. Il ricorso in appello si era concentrato esclusivamente sulla responsabilità penale e sulla qualificazione giuridica del fatto. Pertanto, la doglianza non poteva essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida due importanti principi. Primo, la scelta del rito abbreviato comporta l’accettazione del quadro probatorio esistente; pertanto, la validità di un narcotest non può essere facilmente contestata in seguito, specialmente se corroborato da altri elementi come la confessione. Secondo, i motivi di ricorso in Cassazione devono essere una diretta conseguenza di quelli già presentati in appello, pena la loro inammissibilità. Questa decisione rafforza la responsabilità delle scelte processuali della difesa e chiarisce i limiti dell’onere della prova in contesti specifici come il giudizio abbreviato.

Un semplice narcotest è sufficiente per provare la natura stupefacente di una sostanza?
Sì, secondo la Corte di Cassazione, il narcotest può essere ritenuto sufficiente per accertare la natura della sostanza, a condizione che il giudice fornisca una motivazione adeguata basata anche su altri elementi di prova convergenti, come ad esempio la confessione dell’imputato.

Se si sceglie il giudizio abbreviato, si può poi contestare la mancanza di una perizia tecnica sulla droga?
Generalmente no. La sentenza chiarisce che, con la richiesta di giudizio abbreviato, l’imputato accetta di essere giudicato sulla base delle prove raccolte fino a quel momento. La rinuncia al dibattimento comporta la rinuncia a contestare la completezza delle indagini. L’integrazione probatoria in appello è un potere eccezionale del giudice e non un diritto della parte.

È possibile presentare per la prima volta in Cassazione un motivo di ricorso non discusso in appello?
No, la Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla confisca del denaro proprio perché non era stato sollevato nei motivi di appello. Questo conferma il principio secondo cui non si possono introdurre nuove questioni nel giudizio di legittimità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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