Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19962 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19962 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FALERNA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/09/2023 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME
COGNOME, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 14 settembre 2023 dal Tribunale di Lamezia Terme, che ha confermato la decisione del Giudice di pace della stessa città che aveva condanNOME COGNOME NOME per il reato di minacce, commesso in danno di COGNOME NOME.
Avverso la sentenza del Tribunale, ‘l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore di fiducia.
2.1. Con un unico motivo, deduce il vizio di inosservanza della legge penale. Sostiene che non vi sarebbe «corrispondenza tra i fatti sui quali è stata fondata e motivata l’affermazione di colpevoiezza e quelli contenuti nel capo di imputazione».
In particolare, nel capo di imputazione, era stato contestato all’imputato di avere proferito le seguenti parole: «devi morire, sei un ladro, c:he tu possa morire … non è finita qua, in un modo o nell’altro la pagherai …». I giudici di meri invece, avevano ritenuto dimostrato che l’imputato avesse pronunciato le seguenti parole: «la pagherai con il sangue»; «dove hai i piedi ti faccio arrivare la testa».
Con una diversa censura, il ricorrente lamenta una presunta difformità delle dichiarazioni rese dal COGNOME in dibattimento rispetto a quelle rese in sede di presentazione della querela.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
AVV_NOTAIO, per la parte civile, ha depositato, il 14 febbraio 2024, una memoria scritta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1.1. L’unico motivo, in entrambe le censure nelle quali si articola, è inammissibile.
La prima censura è manifestamente infondata.
Va ricordato che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, per aversi mutamento del fatto, rilevante ai sensi degli artt. 521 e 522 cod. proc. pen., occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volta ad accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vedendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l’iter del processo, sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputazione (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010,
COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, n. 16 del 19/06/1996, COGNOME, Rv. 205619; Sez. 3, n. 7146 del 04/02/2021, RAGIONE_SOCIALE, Rv. 281477).
Ebbene, nel caso in esame, la frase che i giudici di merito hanno ritenuto pronunciata dall’imputato – «la pagherai con il sangue» – è sostanzialmente equivalente a quella contestata nell’imputazione: «devi morire … in un modo o nell’altro la pagherai …». Né alcuna discordanza sussiste in ordine alle circostanze di tempo e di luogo. Nessuna incertezza, dunque, sussiste sul ‘fatto storico”, che, nei suoi elementi essenziali, è rimasto lo stesso e, in relazione a esso, l’imputato si è difeso.
La seconda censura è inammissibile, atteso che, in sostanza, il ricorrente contesta la motivazione resa dal giudice di secondo grado, che avrebbe ritenuto attendibili le dichiarazioni rese dal COGNOME, nonostante queste si ponessero in contraddizione con quelle rese dalla medesima persona offesa in sede di querela.
Al riguardo, deve essere osservato che ogni doglianza che si dirige verso la motivazione della sentenza impugnata incontra il limite degli attuali confini del giudizio di legittimità relativo alle sentenze del tribunale che decidono gli appelli contro le sentenze del giudice di pace. Sul punto è sufficiente rimarcare che la pronunzia impugnata è stata emessa dopo l’introduzione (a far tempo dal 6 marzo 2018, data di entrata in vigore del d.lgs. 6 febbraio 2018, n. 11) dell’art. 606, comma 2-bis, cod. proc. pen. e dell’art. 39-bis d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, secondo i quali, contro le sentenze di appello pronunciate per reati di competenza del giudice di pace, il ricorso può essere proposto soltanto per i motivi di cui al comma 1, lett. a), b) e c) dello stesso art. 606.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende, che deve determinarsi in euro 3.000,00.
Nulla deve essere liquidato in favore della parte civile, atteso che l’attività difensiva della parte si è esaurita nella redazione di una memoria depositata il giorno prima dell’udienza fissata, laddove, nel procedimento dinanzi alla Corte di cassazione celebrato nelle forme del rito cartolare secondo la disciplina emergenziale pandemica di cui all’art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, in legge 18 dicembre 2020, n. 176, come successivamente prorogata, le memorie delle parti non possono essere depositate oltre il termine dilatorio di cinque giorni prima della data fissata per la trattazion del processo (Sez. 5, n. 49289 del 15/11/2023, P., Rv. 285560 – 01, con riguardo alla richiesta di liquidazione delle spese della parte civile).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3,000,00 in favore della cassa delle ammende. Nulla per le spese di parte civile.
Così deciso, il 15 febbraio 2024.