Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 46976 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 46976 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a COGNOME il 21/02/1949
avverso la sentenza del 22/01/2024 della CORTE APPELLO di ANCONA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso riportandosi alla memoria in atti e chiedendo l’annullamento con rinvio del provvedimento gravato e della sentenza di primo grado.
Udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME che espone i motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento di questi.
RITENUTO IN FATTO
1.NOME COGNOME – componente del consiglio di amministrazione e poi liquidatore della RAGIONE_SOCIALE, società dichiarata fallita con sentenza del 27 aprile 2018 – è stato rin giudizio per il delitto di cui all’art. 217 co. 1 n. 4, in relazione all’art. 224 L.F. p concorso con NOME COGNOME non ricorrente, aggravato il dissesto della suddetta socie astenendosi dal richiedere il fallimento nonostante la società fosse in costante e rilevante per dal 2014 e fino alla dichiarazione di fallimento.
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Ancona ha confermato la decisione del Tribunale di Pesaro, che ha condannato l’imputato alla pena ritenuta di giustizia pre riqualificazione del fatto ai sensi dell’art. 224 co. 1 n. 2 L.F., per avere concorso a cagi aggravare il dissesto della società per inosservanza degli obblighi di legge, ovvero per av omesso di provvedere con tempestività, a fronte della situazione di crisi in cui versava la soci alla approvazione del bilancio di esercizio del 2015 e alla messa in liquidazione della soci piuttosto dando luogo all’imprudente operazione di fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella fallita, che ha provocato la definitiva erosione del capitale sociale, in dell’iscrizione in bilancio di sopravvenienze passive di elevatissimo importo.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, per il tramite del difensore di fiducia, avvo NOME COGNOME che svolge sette motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazio sensi dell’art. 173 disp. att. cod.proc.pen..
2.1. Violazione dell’art. 521, comma 2, cod. proc. pen., poiché – a fronte della contestazi originaria di ritardo nella richiesta del fallimento, previsto dall’art. 217, comma 1, condotte per le quali l’imputato è stato condannato sono la tardiva approvazione del bilancio d 2015 ( avvenuta solo nel 2017) e la imprudente operazione di fusione tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, avvenuta in data 11.12.2015, che aveva dato luogo alla fallita RAGIONE_SOCIALE trattandosi di condotte integranti un fatto storico diverso rispetto a contestato. Si lamenta che la riqualificazione giuridica sia avvenuta, a opera del giudice di p grado, solo in sentenza, cosicchè ne sono rimaste minate le prerogative difensive del ricorrent che si è difeso, durante il dibattimento, cercando di dimostrare, con produzione documentale mediante consulenza di parte, di essersi attivato in ogni modo per eliminare le cause del dissest e di ottenere il pagamento delle fatture emesse dalla incorporata RAGIONE_SOCIALE nei confronti RAGIONE_SOCIALE verso la quale era stata anche intentata una causa civile, conclusasi con u transazione nella quale la RAGIONE_SOCIALE aveva rinunciato a un credito di circa 33 milioni di e e con il pagamento in favore del fallimento della somma di euro 250.000.
2.2. Vizio di motivazione, illogica in ordine alla esistenza del dissesto. La Corte di appello base di una erronea interpretazione del concetto di patrimonio netto ( differenza tra atti passivo), ha contraddittoriamente affermato che il dissesto fosse presente già nel 2014, i contrasto con gli esiti istruttori provenienti dalle dichiarazioni del curatore già dal 201 quanto riconosciuto dal giudice di primo grado; in realtà, il dissesto si era manifestato s seguito della appostazione delle sopravvenienze passive derivanti dalla incorporazione della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta nel novembre 2015, e, quindi, al più, i provvedimenti c assumono omessi avrebbero potuto e dovuto essere assunti dall’assemblea in sede di approvazione del bilancio 2015, nel giugno 2016. Da tale decisivo travisamento della prova dichiarativa del curatore fallimentare si producono conseguenze anche in punto di qualificazion giuridica del fatto, giacchè, avendo la Corte territoriale ritenuto che il dissesto sia deriva dal ritardo della approvazione del bilancio, ma dalla imprudente operazione di fusione, il f rientrerebbe nello schema astratto dell’art. 217 n. 3, L.Fall. , trattandosi di operazione di imprudenza, reato che risulterebbe insussistente laddove si consideri che, come dimostrato dall’imputato, l’operazione aveva una finalità salvifica.
2.3. Vizio di motivazione in ordine al motivo di appello con il quale si contestava che il pas di RAGIONE_SOCIALE fosse aumentato rispetto a quello delle due società fuse, e rappresentando, invece, solo il risultato della somma aritmetica dei due bilanci unificati a seg della fusione; questione con la quale la Corte di appello ha omesso del tutto il confronto.
2.4. Violazione dell’art. 224, comma 1, n. 2 della legge fallimentare, in relazione agli artt. bis, 2484-ter e 2424 codice civile, quanto alla nozione di patrimonio netto di una società capitali rappresentando che quello della fallita, nel 2014, era positivo, cosicchè non incombe sugli amministratori l’obbligo della convocazione dell’assemblea, e neppure la mancata convocazione può avere aggravato il dissesto, dal momento che l’azzeramento del capitale si è manifestato solo dopo la fusione. In sintesi, sostiene il difensore, nel 2014 non si era manifes alcun dissesto, e negli anni successivi alla fusione il passivo sociale delle due società fuse s pressocchè dimezzato rispetto al periodo antecedente alla fusione.
2.5. Violazione degli artt. 217, comma 1, n. 3 e 224, comma 1, n. 2 della legge fallimentare, c riguardo alla valutazione della gravità dell’imprudenza dell’operazione di fusione.
2.6. Violazione di legge, in relazione agli artt. 132, 133 e 62-bis cod. pen., con riferimento al trattamento sanzionatorio. Ci si duole che la Corte di appello, nel discostarsi dal minimo edit e nel negare le circostanze attenuanti generiche, abbia tenuto conto di una precedente condanna, risalente a più di trent’anni prima a pena patteggiata, mentre non ha valorizzato comportamento dell’imputato e i seri tentativi attuati per salvare la società;
2.7. Violazione di legge, in relazione agli artt. 163, comma 3 e 164 ultimo comma cod. pen., co riguardo al diniego della sospensione condizionale, atteso che l’imputato ha compiuto l’età settant’anni prima della sentenza di condanna, con conseguenze sul presupposto del limite legale di pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.E’ fondato, in modo assorbente, il primo motivo, a cui consegue l’annullamento di entrambe le sentenze di merito, con rinvio per nuovo giudizio al Giudice di primo grado.
2.Come premesso, al ricorrente era stato contestato, nella sua qualità di componente del consiglio di amministrazione dal 16 giugno 1995 al 01 settembre 2017, e, da tale data, di liquidatore della fallita fino al fallimento, il reato di cui all’art. 217 co. 1 n. 4, in rel 224 co.1 n. 1, L.F., per avere concorso ad aggravare il dissesto, astenendosi dal richiedere fallimento nonostante la società fosse in costante e rilevante perdita dal 2014 e fino dichiarazione di fallimento. La condanna, fin dalla sentenza di primo grado, è intervenuta per diverso reato di cui all’art. 224 co. 1 n. 2 L.F., avendo il Tribunale ritenuto accertato cagionamento o l’aggravamento del dissesto della società fosse stato la conseguenza – in presenza della grave situazione di crisi in cui versava la società – della mancata approvazion tempestiva del bilancio di esercizio del 2015 con messa in liquidazione della stessa, piuttost dando luogo all’imprudente operazione di fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella fallita, che – in ragione dell’iscrizione in bilancio di sopravvenienze passive di elevat importo – aveva provocato la definitiva erosione del capitale sociale.
2.1. Si è, dunque, passati, dalla condotta omissiva, originariamente contestata ai sensi dell’a 224 co.1 n. 1 ( in relazione alla fattispecie di cui all’art. 217 co. 1 n. 4 L.F.), a ravvis più complessa, in parte omissiva (mancata tempestiva approvazione del bilancio con messa in liquidazione della società), in parte commissiva (imprudente operazione di fusione con erosione del capitale sociale), quali azioni rilevanti ai sensi dell’art. 224 co. 1 n. 2 L.F.
3.Poiché il tema posto dal ricorrente attiene al mutamento del fatto, rilevante ai sensi dell 521 cod. proc. pen., per il quale, secondo consolidato orientamento giurisprudenziale, occorre una trasformazione radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella qu si riassume l’ipotesi astratta prevista dalla legge, giova ricordare che, ai sensi dell’art. 21 è punito a titolo di bancarotta semplice, se è dichiarato fallito, l’imprenditore che, fuori d di bancarotta fraudolenta, commette uno dei fatti elencati in sequenza nei numeri da 1 a 5.
3.1. Più specificamente, l’art. 217 n. 4 L.F., ravvisato, nel caso di specie, è fattispecie a libera calibrata sull’evento ( cagionamento o aggravamento del dissesto), che presuppone un’insolvenza che legittimi la dichiarazione di fallimento, e mira ad evitare che l’eser dell’impresa possa prolungare lo stato di perdita: oggetto della punizione è anche il semplic ritardo nella instaurazione della concorsualità, nel senso che non è richiesto che l’imprendit abbia colpevolmente determinato tale aggravamento essendo sufficiente che esso costituisce il naturale esito del prolungamento dell’attività dell’impresa. La giurisprudenza, come è noto, orientata nel senso che la responsabilità per i fatti di bancarotta semplice patrimoniale essere affermata indifferentemente a titolo di dolo o di colpa.
3.2. L’art. 224 delinea ipotesi di bancarotta semplice rivolte, non all’imprenditore ma amministratori, direttori generali, liquidatori e sindaci di società dichiarate fallite, i qual commesso alcuno dei fatti previsti nell’art. 217, co. 1 e 2, ( art. 224 comma primo n.1 L.
oppure, abbiano concorso a cagionare o aggravare il dissesto della società con inosservanza degli obblighi ad essi imposti dalla legge (art. 224 comma primo n. 2 ). Si tratta di una no di chiusura dell’area delle fattispecie colpose di bancarotta, che incrimina ogni comportament (attivo o omissivo) di amministratori, direttori generali, liquidatori e sindaci di società di fallite che costituisca involontaria inosservanza dei doveri ad essi rispettivamente imposti d legge, e che abbia cagionato o aggravato il dissesto; la norma rinvia per l’integrazione precetto al codice civile e alle leggi extrapenali che pongono obblighi a carico di sogg qualificati.
3.3. Come è chiaro, l’ipotesi dell’aggravamento del dissesto delineata dall’art. 224 comma prim n. 2 presenta similitudini con quella prevista dal combinato disposto degli articoli 217 com primo, n.4 e 224 comma primo n. 1; anche in questo caso, l’evento è dato dal dissesto fallimentare o dal suo aggravarsi, ma, in tale ultima fattispecie, è richiesta la colpa grav essa generica o specifica, mentre nell’art. 224 n. 2 si richiede una colpa specifica inosservanza degli obblighi previsti dalla legge ( non, quindi, dall’atto costitutivo o dallo st tra i quali possono elencarsi, a titolo esemplificativo, quelli generali di amministrar diligenza ( art. 2392c.c.), e non in conflitto di interessi con la società ( art. 2391 c.c.) quello della convocazione dell’assemblea dei soci, richiesta dall’art. 2447 c.c., in presenza di riduzione del capitale al di sotto del limite legale ( sez. 5 n. 8863/2015, Rv. 263421; conf 233385; Rv. 278804).
3.4. GLYPH E’ GLYPH opportuno GLYPH ricordare GLYPH che, GLYPH in GLYPH tema GLYPH di GLYPH bancarotta GLYPH semplice, l’aggravamento del dissesto punito dagli artt. 217, comma primo, n. 4 e 224 legge fall. dev consistere nel deterioramento, provocato per colpa grave o per la mancata richiesta di fallimento della complessiva situazione economico-finanziaria dell’impresa fallita. In particolare, si affe che il reato di bancarotta semplice per aggravamento del dissesto non è automaticamente integrato dalla prosecuzione dell’attività di impresa interessata da uno stato di crisi, ben configura qualora venga provato in giudizio il deterioramento della complessiva situazion economico-finanziaria dell’impresa quale conseguenza della inerzia colpevole dell’amministratore pro-tempore ( n. 15648.2021, conf. Sez. 5, n. 27634 del 30/05/2019, Rv. 276920); pertanto la mera prosecuzione dell’attività qualora la società versi in stato di crisi integra automaticamente l’elemento soggettivo del reato.
4.Poichè il fallimento si può dichiarare solo se l’impresa si trova in uno stato di insolvenza, ov in una condizione di difficoltà economica tale da rendere impossibile il pagamento di qualsia debito, e il rimprovero che è possibile muovere all’imprenditore, che ometta di presentare ricorso finalizzato alla declaratoria di fallimento, presuppone, dunque, la preesistenza di situazione di insolvenza, nel caso in esame, effettivamente, la contestazione formulata ai sens dell’art. 224 comma primo n. 1 L.F., trovava fondamento nella circostanza che il dissesto si foss manifestato già nel 2014, con costanti e rilevanti perdite anche negli anni successivi ( 201 2016 e 2018). Coerentemente con tale accusa, in effetti, nel giudizio, il ricorrente ha incent la propria difesa nel senso di dimostrare l’insussistenza dell’inerzia degli amministrat
mediante una consulenza di parte volta a dimostrare le iniziative per risanare la crisi causa dalla inadempienza di Medioleasing RAGIONE_SOCIALE.
4.1.Nondimeno, all’esito della riqualificazione giuridica, la condanna è avvenuta imputando a ricorrente, nella qualità di amministratore e socio delle società fuse, di avere compiuto imprudente operazione di fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella RAGIONE_SOCIALE, concretizzatasi oltre un anno dopo il momento in cui si era manifestato il disse e cioè, in data 11.12.2015, a seguito della quale si è registrata la perdita del capitale soci sostanzialmente il dissesto della nuova società.
4.2. Dunque, secondo l’Accusa, a dissesto in atto, il ricorrente avrebbe omesso di attivarsi p richiedere la dichiarazione di fallimento; secondo le sentenze di merito, sarebbe stata, invec l’imprudente operazione di fusione e incorporazione, accompagnata dall’inadempimento dell’obbligo di provvedere alla tempestiva approvazione del bilancio 2015 della RAGIONE_SOCIALE, approvazione avvenuta solo nel 2017, a portare al dissesto.
4.3. E’ evidente che si tratta di condotte diverse dal punto di vista materiale: una cosa colpevole ritardo nel richiedere il fallimento; altra è mancare ai propri doveri gestionali d luogo a una imprudente operazione accompagnata dalla ritardata approvazione del bilancio, onde agevolare proprio quella operazione che, nella prospettazione fatta propria dai giudici d merito, il positivo adempimento dell’obbligo di attivarsi per approvare il bilancio avr impedito( cfr. pg . 5 della sentenza di primo grado).
4.4. E che la riqualificazione giuridica abbia prodotto una incertezza sui confini d contestazione con ripercussioni sulla linea difensiva da assumere, emerge in termini dirimenti dalla circostanza – sottolineata nel ricorso e, in effetti, riscontrabile dalla lettura della mot della pronuncia impugnata – che tutta la strategia difensiva dell’imputato era stata imposta dall’intento di escludere l’inerzia degli amministratori, linea difensiva rivelatasi impro rispetto al novum delineato dal giudice di primo grado.
5. In punto di diritto va ricordato che, secondo la giurisprudenza consolidata, per ave mutamento del fatto, rilevante ai sensi dell’art. 521 cod. proc. pen., occorre una trasformazio radicale, nei suoi elementi essenziali, della fattispecie concreta nella quale si riassume l’ip astratta prevista dalla legge, in modo che si configuri un’incertezza sull’oggetto dell’imputazi da cui scaturisca un reale pregiudizio dei diritti della difesa; ne consegue che l’indagine volt accertare la violazione del principio suddetto non va esaurita nel pedissequo e mero confronto puramente letterale fra contestazione e sentenza perché, vertendosi in materia di garanzie e di difesa, la violazione è del tutto insussistente quando l’imputato, attraverso l'”iter” del pro sia venuto a trovarsi nella condizione concreta di difendersi in ordine all’oggetto dell’imputaz (Sez. U, n. 36551 del 15/07/2010, COGNOME, Rv. 248051; Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 264438 – 01). Altrimenti detto, il principio di correlazione tra imputazione e sentenza ri violato quando nei fatti, rispettivamente descritti e ritenuti, non sia possibile individu nucleo comune, con la conseguenza che essi si pongono, tra loro, in rapporto di eterogeneità ed incompatibilità, rendendo impossibile per l’imputato difendersi (Sez. 3, n. 7146 del 04/02/202
Ogbeifun, Rv. 281477 – 01). La violazione – secondo l’impostazione tutt’altro che formalisti della Corte di Strasburgo – deve aver comportato un concreto e non meramente ipotetico regresso sul piano dei diritti difensivi, attraverso un mutamento della cornice accusatoria abbia effettivamente comportato una novazione dei termini dell’addebito tali da rendere la difes menomata proprio sui profili di novità che da quel mutamento sono scaturiti. (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, COGNOME, Rv. 26443801; conf. sez. 5 n. 19380 del 12/02/2018).
5.1. La casistica giurisprudenziale ha posto in evidenza come la nozione di “fatto”, di cui artt. 521 e 522 cod. proc. pen., vada intesa come l’accadimento di ordine naturale dalle cu connotazioni e circostanze soggettive ed oggettive, geografiche e temporali, poste i correlazione fra loro, vengono tratti gli elementi caratterizzanti la sua qualificazione giurid è anche individuato il nucleo essenziale del fatto, rappresentato dalla triade condotta – evento elemento psicologico dell’autore, dovendo escludersi il mutamento del fatto quando vi sia identit dei suddetti elementi.
5.2. Alla luce di tali coordinate, in presenza della identità del fatto storico, rispetto al q correttamente svolto il processo, con l’esplicazione piena dei diritti di difesa, è stata escl violazione del principio. La violazione del principio è stata invece ritenuta sussistente in decisioni, nelle quali è emersa una modificazione – nei suoi elementi essenziali – del fa originariamente contestato.
5.3. Identità tra il fatto-reato contestato e il fatto-reato per il quale il ricorrente h condanna, che, nel caso in scrutinio, non è ravvisabile. Il Tribunale ha, infatti, condan l’imputato per un fatto storico diverso da quello contestato, poiché, a fronte di una imputazi incentrata sull’aggravamento del dissesto mediante omissione della richiesta del fallimento dell società, dissesto già verificatosi nell’anno 2014, con le costanti e rilevanti perdite degl 2014, 2015, 2016 e 2018, la condanna è intervenuta per l’imprudente operazione di fusione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE nella RAGIONE_SOCIALE, avvenuta oltre un anno dop in data 11.12.2015, ed a seguito della quale si è verificata la perdita del capitale soci sostanzialmente il dissesto della nuova società. Condotta quest’ultima, che, nella ricostruzio dei giudici di merito, è stata accompagnata anche dall’avere il ricorrente, nella quali amministratore e socio delle società fuse, ritardato l’approvazione del bilancio 2015 della RAGIONE_SOCIALE, avvenuta nel 2017, così agevolando l’imprudente operazione di fusione che, diversamente, non sarebbe avvenuta. Sono queste due diverse condotte, rispetto alla originaria contestazione, ad essere state ritenute rilevanti ai fini dell’art. 224, comma 1, n. 2 fallimentare, e ad avere portato alla condanna. La conseguenza della scelta del Tribunale è stata quella di variare la natura stessa dell’ipotesi criminosa esaminata, sì da creare una sostanzia situazione di incertezza che non poteva non inficiare le prerogative difensive dell’imputato.
La ravvisata fondatezza dell’indicato motivo comporta l’annullamento sia della sentenza impugnata, sia di quella emessa dal giudice di primo grado, con trasmissione degli atti a tribunale di Pesaro per l’ulteriore corso.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado, disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Pesaro, per l’ulteriore corso.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2024
Il Consigliere estensore