Ricorso in Cassazione: L’Errore Fatale del Motivo Nuovo
Il percorso processuale penale è scandito da regole precise, la cui violazione può avere conseguenze definitive. Una di queste riguarda la formulazione dei motivi di impugnazione. Presentare un motivo nuovo in Cassazione, ovvero una doglianza mai sollevata in appello, è una mossa processualmente rischiosa che, come dimostra una recente ordinanza della Suprema Corte, conduce quasi inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità. Analizziamo insieme un caso emblematico che illustra questo principio fondamentale della procedura penale.
I Fatti del Caso
Un soggetto veniva condannato sia in primo grado sia in appello per una serie di reati, tra cui resistenza a pubblico ufficiale e danneggiamento. La Corte di Appello di Bologna confermava integralmente la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputato pienamente responsabile.
Il Ricorso alla Suprema Corte
Di fronte alla condanna definitiva, l’imputato decideva di presentare ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale. In sostanza, la difesa sosteneva che, data la scarsa gravità del fatto concreto, il proprio assistito non avrebbe dovuto essere punito.
Le Motivazioni della Suprema Corte: L’Inammissibilità del Motivo Nuovo in Cassazione
La Corte di Cassazione, con una decisione tanto sintetica quanto netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Le ragioni sono due, ma strettamente connesse e riconducibili al principio che vieta l’introduzione di un motivo nuovo in Cassazione.
In primo luogo, il ricorso è stato giudicato generico e indeterminato. La difesa non aveva specificato gli elementi concreti su cui si fondava la censura, violando così il requisito di specificità dei motivi previsto dall’art. 581 c.p.p. Questo non permetteva alla Corte di comprendere appieno le ragioni della doglianza.
Ma il punto cruciale, che ha determinato l’esito del giudizio, è stato il carattere “inedito” della questione sollevata. La Suprema Corte ha rilevato che la richiesta di applicazione dell’art. 131-bis c.p. non era mai stata formulata nell’atto di appello. Trattandosi di una questione che implica una valutazione di merito (l’apprezzamento della tenuità del fatto è una decisione discrezionale del giudice), essa non può essere presentata per la prima volta nel giudizio di legittimità. Il combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, del codice di procedura penale preclude infatti l’esame di questioni di merito che non siano già state devolute al giudice d’appello.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale per chiunque affronti un processo penale: la strategia difensiva deve essere completa e articolata sin dai primi gradi di giudizio. Ogni potenziale motivo di contestazione, sia esso di fatto o di diritto, deve essere sollevato già nell’atto di appello. Dimenticare una doglianza o decidere di “conservarla” per il giudizio di Cassazione è un errore strategico fatale. La Corte di Cassazione non è un terzo grado di merito dove si possono riesaminare i fatti o introdurre nuove valutazioni, ma un giudice della legittimità, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici precedenti sui motivi specificamente loro sottoposti. La conseguenza dell’inammissibilità è drastica: il ricorso non viene esaminato nel merito e la condanna diventa definitiva, con l’aggiunta della condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile presentare per la prima volta un motivo di ricorso davanti alla Corte di Cassazione?
No, la Corte di Cassazione, con questa ordinanza, ha ribadito che non è possibile dedurre per la prima volta nel giudizio di legittimità una questione che non sia stata sollevata nei precedenti gradi di giudizio, specialmente se questa, come nel caso della particolare tenuità del fatto, coinvolge profili di merito. Un ‘motivo nuovo’ è causa di inammissibilità del ricorso.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile principalmente perché era ‘inedito’ (o ‘nuovo’). La richiesta di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. non era stata formulata nei motivi di appello e, pertanto, non poteva essere introdotta per la prima volta in Cassazione. Inoltre, è stato ritenuto anche generico.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la Corte non entra nel merito della questione. Come stabilito in questa ordinanza, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza di condanna impugnata diventa così definitiva.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 36747 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 36747 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/01/2025 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che ha confermato la sentenza del giudice di prime cure, con la quale l’imputato era stato ritenuto responsabile dei reati di cui agii artt. 496, 337, 635 comma 2 n. 1 e 340 cod. pen.;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con il quale il ricorrente denunzia vizi di motivazione in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., oltre ad essere generico per indeterminatezza – perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato – è inedito. Infatti, non risulta dall’incontesta sintesi dei motivi di appello, per come riportata nella sentenza impugnata, e neppure dall’atto di appello, che il deducente avesse formulato doglianze in ordine, appunto, al tema dedotto, di modo che, trattandosi di questione che involge profili di merito (ossia, attinenti all’uso della discrezionalità del giudice) non può essere dedotta per la prima volta nel giudizio di legittimità, stante il combinato disposto degli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen.;
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso 1’8 ottobre 2025
Il consigliere estensore