Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28784 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28784 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ERCOLANO il 26/07/1968
avverso la sentenza del 17/02/2025 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza del 17 febbraio 2025, la Corte di appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Napoli del 22 ottobre 2024, ha condannato NOME alla pena di anni quattro di reclusione ed euro 20000,’ di multa, oltre che al pagamento delle spese processuali, in ordine al reato di cui all’art.73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione l’imputato, a mezzo del suo difensore, deducendo, con due motivi: violazione di legge e di motivazione con riguardo alla mancata riqualificazione del fatto nella fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 390/1990; vizio di motivazione per mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in quanto proposto con ambedue motivi non specifici.
I motivi dedotti non sono specifici perché non sono scanditi da necessaria critica analisi delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata, prospettando deduzioni generiche e assertive, prive delle ragioni di diritto e dei dati di fatto che sorreggono le richieste.
Per come ripetutamente chiarito da questa Corte di legittimità (cfr., ex plurimis, Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584-01), la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione di motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), devono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta. Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, cioè, è innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione, in motivazione, Sez. 6 n. 8700 del 21/1/2013, Rv. 254584; Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
Risulta di chiara evidenza, pertanto, che se il motivo di ricorso, come nel caso in esame, non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, per ciò solo si destina all’inammissibilità, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica argomentata al provvedimento).
Le censure prospetatte dal ricorrente, lungi dal confrontarsi con la congrua e logica motivazione resa dalla Corte territoriale in ordine alle ragioni di
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riconoscimento della penale responsabilità dell’imputato, di fatto reiterano le o GLYPH
medesime considerazioni critiche espresse nel precedente atto innpugnatorio, proposto avverso la sentenza di primo grado, vagliate da parte della Corte
territoriale.
La Corte di appello di Napoli, invero, ha adeguatamente motivato sia l’impossibilità di riqualificare il fatto nella fattispecie di lieve entità prevista
comma 5 dell’art.73 d.P.R. 390/1990, sia il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche in regime di prevalenza.
Oltre al dato ponderale della sostanza (paria 45 + 73 dosi di cocaina), vengono valorizzati l’entità della somma rinvenuta, il reperimento di un libro
mastro con i nomi degli acquirenti, e infine l’organizzazione dello spaccio nella propria abitazione dov’era sottoposto a detenzione domiciliare.
La motivazione del giudice, invero, indica elementi che non consentono di riconoscere la lieve entità del comma 5, oltre che un diverso bilanciamento delle
attenuanti generiche (riconosciute equivalenti), dimostrandosi chiara e non illogica.
4. All’inammissibilità del ricorso per questi motivi segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in data 24 giugno 2025 Il Consigliere estensore COGNOME Il Pr idnte