Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25732 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25732 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME DomenicoCOGNOME nato a Napoli il 19/02/1952, avverso l’ordinanza in data 12/02/2025 del Tribunale di Napoli; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 12/02/2025, il Tribunale di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha disposto la revoca del provvedimento di sospensione dell’ordine di demolizione del manufatto sito in Pozzuoli, alla INDIRIZZO emesso con sentenza, in data 13/11/1997, del giudice monocratico del Tribunale di Napoli, sezione distaccata di Pozzuoli, in seguito divenuta irrevocabile, respingendo, ad un tempo, i ricorsi presentati nell’interesse di COGNOME Domenico.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to NOME Marco COGNOME che ha articolato tre motivi di
ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 552, comma 3, 178, comma 1, lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen., in relazione al disposto degli artt. 24 e 111 Cost.
Sostiene, in specie, che il giudizio per l’abusiva edificazione del manufatto di cui era stata disposta la demolizione, in esito al quale COGNOME Domenico era stato, peraltro, assolto, risulterebbe viziato dall’omessa notifica a costui del decreto di citazione, sicché l’indicata ingiunzione, pur se conseguente alla condanna pronunziata nei confronti del coimputato COGNOME COGNOME dovrebbe ritenersi illegittima nei confronti del predetto, perché emessa in violazione dei suoi diritti di difesa e causativa di danni evidenti.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., di violazione di legge in relazione a quanto previsto dall’art. 6 CEDU.
Assume al riguardo che il provvedimento oggetto d’impugnativa sarebbe inficiato da gravi violazioni del diritto di difesa del ricorrente, conseguite al fat che costui non sarebbe stato messo in condizioni di avere conoscenza della pendenza, a suo carico, del processo in esito al quale fu emesso l’ordine di demolizione, che, sebbene abbia natura di sanzione amministrativa, soggiace alla regola dell’equo processo.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso lamenta infine, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., violazione di legge in relazione a quanto sancito dall’art. 3 Cost.
Sostiene, in particolare, che il provvedimento impugnato, nel riconoscere al solo condannato (il predetto COGNOME Gaetano) il diritto di incidere sull’ordine di demolizione correlato alla sentenza di condanna, negandolo invece a chi – come il coimputato attualmente ricorrente – era stato mandato assolto, violerebbe il principio, di rango costituzionale, di eguaglianza formale, affermato dall’evocata disposizione normativa.
Il medesimo difensore, in data 13/06/2025, ha altresì presentato un motivo aggiunto, con cui, ad integrazione del primo motivo di ricorso, si è doluto, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., di violazione di legge e, segnatamente, delle previsioni codicistiche in tema di prescrizione, assumendo che, con riguardo alla contravvenzione urbanistica per cui era intervenuta la condanna del coimputato COGNOME COGNOME, risulterebbe già
maturata l’indicata causa estintiva e depositando, a sostegno della deduzione, una consulenza tecnica di parte.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del di. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Domenico è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituito di fondamento è il primo motivo di ricorso, il cui vaglio ha valenza assorbente rispetto alla disamina di quelli ulteriori, con cui si lamenta l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 552, comma 3, 178, comma 1, lett. c), e 179, comma 1, cod. proc. pen., in relazione al disposto degli artt. 24 e 111 Cost., sostenendo che il giudizio penale per l’abusiva edificazione del corpo di fabbrica di cui era stata ordinata la demolizione, in esito al quale il COGNOME era stato, peraltro, mandato assolto, sarebbe viziato dall’omessa notifica allo stesso del decreto di citazione, sicché l’ingiunzione, seppur correlata alla condanna del coimputato COGNOME, risulterebbe illegittima nei confronti del predetto, in quanto emessa in violazione dei suoi diritti di difesa e causativa di danni evidenti.
Ritiene in proposito il Collegio che la doglianza fatta valere con il motivo in oggetto, in quanto imperniata sulla regolare vocatio in ius del COGNOME nel giudizio penale di cognizione illo tempore celebrato e conclusosi con l’assoluzione del predetto, non può formare oggetto del ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice dell’esecuzione, dispositivo della revoca della sospensione dell’ordine di demolizione dell’immobile abusivo emesso per effetto della condanna di un coimputato, posto che, secondo quanto autorevolmente chiarito dalla Suprema Corte, il rimedio esperibile è, in tal caso, la richiesta di restituzione nel termine di cui all’art. 175, comma 1, cod. proc. pen.
Giova richiamare, infatti, il principio di diritto estratto da una recentissima decisione del giudice di legittimità, secondo cui «La nullità degli atti introduttivi di giudizio definito con sentenza irrevocabile, che abbia determinato un’errata dichiarazione di contumacia o di assenza, non rientra in alcuno dei casi per cui è
consentita la revisione, ma, concorrendone le altre condizioni, può essere fatta valere con il rimedio della restituzione del termine di cui all’art. 175 cod. proc. pen. (nella versione vigente antecedentemente alle modifiche introdotte dall’art. 11 legge 28 aprile 2014, n. 67), in caso di sentenza contumaciale o con quello della rescissione del giudicato di cui all’art. 629-bis cod. proc. pen., in caso di sentenza pronunciata in assenza» (Sez. 3, n. 14631 dell’11/01/2024, Posillo, Rv. 286194-01).
Inammissibile è, poi, il motivo aggiunto, con cui ci si duole di violazione di legge e, in specie, delle previsioni codicistiche in tema di prescrizione, assumendo che, con riguardo alla contravvenzione edilizia per cui era intervenuta la condanna del coimputato COGNOME Gaetano, risulterebbe già maturata, alla data della decisione, l’indicata causa estintiva.
Osserva, infatti, il Collegio che ne impedisce, in radice, lo scrutinio l’assoluta mancanza di collegamento con i motivi ab origine articolati, costituendo consolidato insegnamento della Suprema Corte quello secondo cui «In materia di impugnazioni, la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicché sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto “petitum”, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione» (così, da ultimo, Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, Tobi, Rv. 280294-01, nonché, in precedenza, Sez. 3, n. 18293 del 20/11/2013, G., Rv. 259740-01, Sez. 2, n. 1417 dell’11/10/2012, dep. 11/01/2013, P.C. in proc. Platamone e altro, Rv. 254301-01, Sez. 6, n. 73 del 21/09/2011, dep. 04/01/2012, Aguì, Rv. 251780-01 e Sez. 1, n. 46950 del 02/11/2004,Sisic, Rv. 230281-01).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso 1’01/07/2025