Motivi Nuovi in Cassazione: La Regola Che Può Costare Cara
Nel sistema processuale italiano, la strategia difensiva deve essere delineata con precisione fin dai primi gradi di giudizio. Introdurre motivi nuovi in Cassazione, ovvero argomentazioni mai sollevate in precedenza, è una mossa quasi sempre destinata al fallimento. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ce lo ricorda, dichiarando un ricorso inammissibile e condannando il ricorrente a pesanti sanzioni economiche. Analizziamo insieme questa decisione per capire perché.
Il Caso in Esame: Una Difesa Tardiva
Il caso riguarda un imputato che, dopo una condanna confermata in secondo grado dalla Corte d’Appello, decide di rivolgersi alla Corte di Cassazione. Il suo unico motivo di ricorso si basava sulla presunta violazione di legge per il mancato riconoscimento dell’esimente dello stato di necessità, prevista dall’articolo 54 del codice penale.
Tuttavia, emerge un dettaglio procedurale decisivo: questa specifica linea difensiva non era mai stata presentata davanti alla Corte d’Appello. L’imputato ha tentato di giocare una nuova carta difensiva direttamente davanti ai giudici di legittimità, una mossa che le regole processuali non consentono.
L’Inammissibilità dei Motivi Nuovi in Cassazione
La Suprema Corte, con una decisione tanto netta quanto prevedibile, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La sentenza è un’applicazione rigorosa dei principi che regolano il giudizio di Cassazione. Il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare i fatti del processo, ma di verificare che i giudici dei gradi precedenti abbiano applicato correttamente la legge.
Introdurre un argomento nuovo in questa sede significherebbe chiedere alla Corte di effettuare valutazioni di fatto, come quelle necessarie per accertare uno stato di necessità, che le sono precluse. Inoltre, violerebbe il principio devolutivo dell’appello, secondo cui il giudice di secondo grado può pronunciarsi solo sui punti della sentenza di primo grado che sono stati specificamente contestati.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri normativi del codice di procedura penale: l’articolo 606, comma 3, e l’articolo 609, comma 2. Queste norme stabiliscono chiaramente che non possono essere dedotte in Cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello. L’esimente dello stato di necessità, non essendo stata oggetto di devoluzione in appello, è stata considerata una questione nuova e, come tale, “preclusa” in sede di legittimità.
I giudici hanno inoltre sottolineato che una valutazione sull’esistenza di un’esimente implicherebbe inevitabilmente un’analisi dei fatti, attività non consentita alla Cassazione, specialmente in assenza di una precedente e adeguata allegazione documentale e probatoria nei gradi di merito.
Le Conclusioni
La conclusione della vicenda è stata severa per il ricorrente: oltre alla conferma della condanna, è stato obbligato a pagare le spese processuali e una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende. Questa ordinanza ribadisce un insegnamento fondamentale per chiunque affronti un processo penale: la strategia difensiva va costruita in modo completo e organico fin dall’inizio. Sperare di correggere il tiro o di introdurre nuovi argomenti nell’ultimo grado di giudizio non è solo inefficace, ma può anche comportare significative conseguenze economiche. La precisione e la tempestività degli atti processuali non sono meri formalismi, ma elementi essenziali per la tutela dei propri diritti.
Per quale motivo il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo al mancato riconoscimento dello stato di necessità, non era stato sollevato nel precedente grado di appello e quindi costituiva un motivo nuovo, non consentito in sede di Cassazione.
Quali sono le conseguenze per il ricorrente quando un ricorso viene dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende. In questo caso specifico, la somma è stata fissata in tremila euro.
La Corte di Cassazione può valutare i fatti di un caso?
No, la Corte di Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge da parte dei giudici dei gradi precedenti, senza poter entrare in nuove valutazioni sui fatti del processo.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34926 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 34926 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a TORINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 24/11/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale la difesa deduce violazione di legge in relazione al mancato riconoscimento dell’esimente di cui all’art. 54 cod. pen. è precluso in questa sede non avendo formato oggetto di devoluzione in appello e non potendo, perciò, essere dedotta, per la prima volta, in Cassazione, ai sensi degli artt. 606 comma terzo e 609 comma secondo cod. proc. pen. implicando, peraltro, valutazioni di fatto non consentite in sede di legittimità oltre tutto in assenza di previa idonea allegazione;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 9 luglio 2024.