Motivi Nuovi in Cassazione: La Regola Che Blocca il Ricorso
Nel processo penale, la precisione e la completezza degli atti di impugnazione sono cruciali. Introdurre motivi nuovi in cassazione, ovvero doglianze non presentate nel precedente grado di appello, è una strategia destinata al fallimento. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione lo ribadisce con chiarezza, dichiarando inammissibile un ricorso proprio per questa ragione. Analizziamo insieme il caso e le sue importanti implicazioni procedurali.
I Fatti del Caso: dalla Condanna all’Appello
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo da parte del GUP del Tribunale per il reato di illecita detenzione di 100 grammi di cocaina. La pena inflitta era di due anni e otto mesi di reclusione, oltre a una multa di 12.000 euro.
Successivamente, la Corte d’Appello, pur riformando parzialmente la sentenza di primo grado con la revoca di una misura di sicurezza, confermava nel resto la condanna. Contro questa decisione, la difesa dell’imputato proponeva ricorso per cassazione.
La Questione dei Motivi Nuovi in Cassazione e la Dosimetria della Pena
Il punto centrale del ricorso presentato alla Suprema Corte riguardava la dosimetria della pena. La difesa sosteneva che la Corte d’Appello non avesse fornito una motivazione adeguata sui criteri utilizzati per determinare l’entità della sanzione.
Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rilevato un vizio procedurale insuperabile: questa specifica questione non era mai stata sollevata nei motivi di appello. Anche se nei motivi di gravame fosse stata presente una censura generica, questa era stata illustrata in termini specifici solo con il ricorso per cassazione. Questo configura un’ipotesi di inammissibilità prevista dall’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Le Motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, basando la sua decisione su un principio consolidato. I giudici hanno spiegato che non è consentito introdurre in sede di legittimità questioni che non sono state devolute alla cognizione del giudice d’appello. Farlo significherebbe, di fatto, aggirare un grado di giudizio.
La Suprema Corte ha sottolineato come questa regola serva a prevenire un uso strumentale del processo. Consentire di specificare solo in Cassazione una doglianza mossa in modo generico in appello creerebbe il rischio di annullare la decisione impugnata per un “inevitabile difetto di motivazione”, un difetto che però sarebbe stato creato ad arte sottraendo intenzionalmente la questione al giudice precedente. Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
La decisione in esame è un monito fondamentale per ogni difensore. L’atto di appello deve essere formulato con la massima specificità e completezza, delineando in modo chiaro e inequivocabile tutte le censure che si intendono muovere alla sentenza di primo grado. L’omissione o la formulazione generica di un motivo di gravame preclude la possibilità di sollevare validamente la stessa questione dinanzi alla Corte di Cassazione. La conseguenza, come in questo caso, non è solo il rigetto del ricorso, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
È possibile presentare in Cassazione un motivo di ricorso non sollevato in appello?
No, la Corte di Cassazione ha ribadito che, ai sensi dell’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale, non è possibile dedurre motivi di ricorso che non siano stati proposti nei motivi di appello.
Cosa succede se un motivo di appello è generico e viene specificato solo in Cassazione?
Il ricorso viene dichiarato inammissibile. La Corte considera tale pratica un modo per sottrarre intenzionalmente la questione al giudice d’appello, creando un “inevitabile difetto di motivazione” da usare strumentalmente in sede di legittimità.
Quali sono le conseguenze della dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma (in questo caso, tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 23187 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 23187 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/07/2023 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
Osserva
Il difensore di COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Brescia, indicata in epigrafe, con la quale, in rifor della sentenza del GUP del Tribunale di Mantova di condanna del predetto alla pena di anni due, mesi otto di reclusione ed euro 12.000,00 di multa per il reato di cui all’art comma 1, d.P.R. n. 309/1990 (illecita detenzione di gr. 100 di cocaina), è stata revocata la disposta misura di sicurezza, con conferma nel resto (in Virgilio, il 14/12/2014);
ritenuto che il ricorso é inammissibile, ai sensi dell’art. 606, comma 3, ultima part cod. proc. pen., avendo la difesa dedotto una questione (mancata motivazione in ordine alla dosimetria della pena) che non ha costituito oggetto dei motivi di appello, ta dovendosi intendere anche la generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (sez. 2, n. 34044 del 20/11/2020, Tocco, Rv. 280306-01; n. 26721 del 26/4/2023, COGNOME/acqua, Rv. 284768-02), dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato il provvedimento impugnato con riferimento a punto della decisione sul quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per esse stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (sez. 2, n. 29707 de 8/3/2017, COGNOME, Rv. 270316-01).
ritenuto che alla inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte cost. n. 186/2000);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso il 29 maggio 2024
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