Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27718 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27718 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ARZIG NANO il 22/09/1950
avverso la sentenza del 12/06/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME uditi il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile e dell’avv.to COGNOME NOME, difensore di COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 12/6/2024, la Corte d’appello di Venezia dichiarò non doversi procedere nei confronti di COGNOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 10 ter d.lgs. 74/2000 contestato al capo d) dell’imputazione in quanto estinto per prescrizione confermando la confisca diretta adottata dal Tribunale di Vicenza con sentenza in data 5/5/2022 con revoca della confisca per equivalente.
Avverso la sentenza ha proposto ricorsi per Cassazione l’imputato che, con il primo motivo, denuncia la violazione degli artt. 240 cod. pen., 12 bis d.lgs.
2000/74 e 322 ter cod. pen. Si deduce che era mancante la indicazione del bene da apprendere e che tale lacuna non poteva essere supplita neppure per relationem, non essendo stato mai adottato un provvedimento di sequestro.
2.1 Con il secondo motivo, si denuncia la violazione degli artt. 240 cod. pen., 12 bis d.lgs. 2000/74 e 322 ter cod. pen. Si assume che oggetto della confisca è il vantaggio economico conseguito del reo per cui è necessario che sussista un nesso di pertinenzialità fra il bene e il reato. Si deduce, quindi, che il vantaggio economico era stato conseguito dalla società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione per cui la confisca doveva essere adottata nei confronti della società e non nei confronti di COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto incentrato su motivi non proponibili in sede di legittimità e, comunque, manifestamente infondati.
Il Tribunale di Vicenza aveva disposto la confisca dei beni costituenti il profitto del reato ovvero, qualora non sia possibile, la confisca dei beni di cui l’imputato ha la disponibilità per un valore corrispondente a C 508.891,00.
L’atto di appello attingeva il punto della confisca ma solo per rappresentare che la confisca per equivalente poteva essere disposta solo dopo aver verificato che la società non aveva all’attivo somme che costituivano profitto del reato.
La confisca diretta, quindi, non era stata contestata con il gravame.
I motivi di ricorso sono pertanto inammissibili in quanto relativi a doglianze che non risultano proposte in sede di gravame innanzi alla Corte di Appello tanto è vero che nella sentenza impugnata non se ne fa alcuna menzione ed il ricorrente non ne contesta il punto.
Secondo l’orientamento di questa Corte, condiviso dall’odierno Collegio, “in tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni stato e grado de giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso, non investito dal controllo della Corte di appello, perché non segnalato con i motivi di gravame” (Sez. 4,. n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, Rv. 256631; Sez. 2, n. 1918 del 18/12/2015, (dep. 2016), Cellamare; Sez. 2, n. 8890 del 31/1/2017, COGNOME, Rv. 269368 – 01).
3. Va, altresì, aggiunto che è ormai consolidato il principio secondo il quale il provvedimento ablativo può intervenire anche in mancanza di un precedente
provvedimento cautelare di sequestro e senza che debba individuare i beni da apprendere essendo riconosciuta in capo al destinatario la possibilità di ricorrere
al giudice dell’esecuzione qualora dovesse ritenersi pregiudicato dai criteri adottati dal PM nella selezione dei cespiti da confiscare (Sez. 3, n. 20776 del 06/03/2014,
P.g. in proc. Hong, Rv. 259661 – 01; Sez. 2, n. 5051 del 19/01/2021, Bonnpard,
Rv. 280637 – 01).
Per completezza va, infine, ricordato, richiamando quanto al riguardo precisato dalle Sezioni unite, che “la confisca diretta del prezzo o del profitto del reato
presuppone sempre la prova della derivazione del reato della res oggetto dell’ablazione” per cui “anche nei casi in cui … non si “colpisce” il bene
direttamente derivato dal reato, la confisca, in tanto è qualificabile come diretta, in quanto si dimostri che i beni oggetto dell’ablazione siano stati effettivamente
conseguiti attraverso l’impiego del prezzo o del profitto del reato; nel caso di confisca diretta del bene che costituisce il reimpiego di quello derivante dal reato,
è necessaria, come rilevato in dottrina, la prova degli «elementi che riconducano con certezza il bene alla attività criminosa posta in essere», mediante
l’individuazione di tutti i passaggi e le trasformazioni del profitto originario (cfr. sul tema, Sez. U, n. 20208 del 25/10/2007,dep. 2008, COGNOME, cit.; Sez. U, n. 29951 del 24/05/2004, COGNOME, Rv. 228166 )” (Sez. U, n. 13783 del 26/09/2024, dep. 2025, COGNOME, in motivazione).
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., la condanna della parte privata che lo ha proposto al pagamento delle spese del procedimento.
Non deve disporsi la condanna al pagamento di sanzione pecuniaria, ai sensi dell’art. 616, comma 1, secondo periodo, cod. proc. pen., in considerazione dell’attinenza delle questioni sollevate ai temi oggetto della sentenza delle Sezioni unite innanzi richiamata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 24/6/2025