Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11199 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11199 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 12/03/2025
R.G.N. 1424/2025
COGNOME SESSA
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME NOME nato a PALERMO il 26/12/1986 avverso la sentenza del 25/06/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME udito il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso; udito altresì l’avv. NOME COGNOME del foro di Palermo, per NOME COGNOME GiuseppeCOGNOME il quale ha esposto i motivi del ricorso e quelli nuovi, concludendo per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Palermo ha riformato la sentenza del GUP del Tribunale cittadino, con la quale NOME COGNOME NOME era stato condannato per i capi 10) e 11) della rubrica (inerenti rispettivamente alla detenzione illecita di n. 131 involucri di sostanza tipo hashish per n. 35,9 dosi e di n. 6 involucri di sostanza di tipo cocaina, in Palermo il 18/08/2016; nonchØ alla detenzione illecita di un chilogrammo lordo di hashish, in Palermo il 12/09/2016), dichiarando estinto il secondo reato per prescrizione e rideterminando la pena per il primo in anni quattro, mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed euro 20.000,00 di multa.
Avuto riguardo ai temi devoluti con il ricorso, con i quali si sono riprese le doglianze veicolate con il gravame, mette conto rilevare che la Corte territoriale ha escluso che, nella specie, ricorresse un’ipotesi di connivenza non punibile dell’imputato, rispetto all’attività criminosa del fratello: il contenuto delle intercettazioni, riportato per stralci in sentenza, aveva dimostrato, secondo i giudici del merito, che il COGNOME era coinvolto in prima persona nel narcotraffico, essendosi sostituito al germano durante lo stato detentivo di costui per altro reato, con riferimento al settore dell’hashish, egli trattando normalmente cocaina. A tale conclusione quel giudice Ł pervenuto attribuendo all’espressione riferita al rapporto tra i due germani (‘ due cose diverse ‘) non già il senso della presa di distanza del LA COGNOME dai traffici illeciti del fratello, bensì quello della diversificazione dei settori criminali, tenuto conto dell’imperturbabilità con la quale egli aveva recepito la richiesta di fornitura da
parte di una donna (chiamata ‘ Foca ‘), non disvelando alcuna incertezza nel comprendere anche le esigenze segnalategli dall’acquirente.
Quanto, poi, al trattamento sanzionatorio, la Corte palermitana ha ritenuto l’imputato non meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, siccome soggetto gravato da precedenti penali per reati come rapina, furto, ricettazione, lesioni personali e anche per detenzione e cessione di sostanza stupefacente, ritenuti indicativi di una personalità incline al delinquere, rimarcando altresì l’assenza di elementi positivamente valutabili.
3. La difesa del COGNOME ha formulato due motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di leggee vizio della motivazione quanto all’affermazione di penale responsabilità con riferimento al capo 10) residuo: richiamato il contenuto del gravame, la difesa ha ritenuto incomprensibile la decisione conforme dei giudici del merito, che si Ł assunta viziata nel suo iter logico-giuridico per mancato confronto con le censure difensive, avendo i giudici ignorato la plausibile spiegazione offerta a difesa circa l’estraneità dell’imputato ai traffici del fratello (il riferimento Ł all’espressione sopra citata ‘ due cose diverse ‘), tale da aver introdotto un ragionevole dubbio.
Con il secondo, ha dedotto analoghi vizi con riferimento al diniego delle circostanze attenuanti generiche, il cui riconoscimento avrebbe consentito un congruo adeguamento della pena al caso concreto, stante l’assoluta modestia del disvalore del fatto commesso.
Il difensore ha depositato motivi nuovi, con i quali ha dedotto l’intervenuta estinzione per prescrizione anche del reato di cui al capo 10), inerente alla cessione di hashish, tenuto conto del tempus commissi delicti , addirittura antecedente alla condotta di cui al capo 11), per il quale era già stata dichiarata l’estinzione per prescrizione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso Ł inammissibile.
2. In primo luogo, quanto ai motivi nuovi, va rilevato che il tema della prescrizione della condotta di reato inerente alla cessione di hashish di cui al capo 10), per la quale neppure Ł stato operato un aumento per la continuazione interna, non Ł deducibile in questa sede, non avendo formato oggetto di deduzione nel giudizio di appello e neppure in sede di ricorso. Secondo un orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità, condensato in un diritto vivente mai superato, i “motivi nuovi” a sostegno dell’impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, cod. proc. pen.) e il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, cod. proc. pen.), devono avere a oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. proc. pen. (Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, Bono, Rv. 210259 – 01), dovendo rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicchØ sono ammissibili soltanto quelli con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto petitum , introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione ( ex multis, Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, COGNOME, Rv. 280294 – 01; Sez. 3, n. 2873 del 30/11/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 284036 – 01 in materia di provvedimento de libertate ; Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 280783 – 01).
Orbene, nella specie, nessun collegamento può cogliersi tra i motivi nuovi e le doglianze di cui ai due motivi di ricorso, ancora richiamandosi il diritto vivente per ribadire che la
prescrizione non può essere rilevata d’ufficio dal giudice di legittimità. Infatti, pur essendosi riconosciuta l’ammissibilità del ricorso per cassazione, con il quale si deduce, anche con un unico motivo, l’intervenuta estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza impugnata ed erroneamente non dichiarata dal giudice di merito, integrando tale doglianza un motivo consentito ai sensi dell’art. 606, comma primo, lett. b) cod. proc. pen., ciononostante, si Ł pure precisato che Ł precluso a questa Corte di legittimità di rilevare la causa estintiva d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 609 comma secondo, cod. proc. pen., ove essa non sia stata rilevata nØ eccepita in appello e neppure dedotta con i motivi di ricorso (Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 266819 – 01 e 266818 – 01).
3. Ciò posto, i motivi di ricorso sono manifestamente infondati e non sorretti dal necessario, previo confronto con il ragionamento svolto nella sentenza impugnata. La difesa ha, sostanzialmente, censurato la valutazione del compendio probatorio e, segnatamente, la lettura di un dialogo, operata in maniera conforme dai giudici del doppio grado di merito, offrendone una diversa esegesi, ritenuta piø corretta, senza tuttavia evidenziare contraddizioni del ragionamento esplicativo o illogicità manifeste idonee a viziarlo nei termini di cui all’art. 606, lett. e), cod. proc. pen. Ora, costituisce principio altrettanto consolidato nella giurisprudenza di legittimità, quello in base al quale Ł completamente estraneo al vaglio di legittimità l’esame degli aspetti del giudizio che si sostanzino nella valutazione e nell’apprezzamento del significato degli elementi probatori che attengono interamente al merito e non possono essere valutati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa, con la conseguente inammissibilità di censure che siano sostanzialmente intese a sollecitare una rivalutazione del risultato probatorio, con invito a considerare nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito (Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, F., Rv. 280601 – 01; n. 47204 del 07/10/2015, COGNOME, Rv. 265482 – 01), stante la preclusione per questo giudice di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito (Sez. 6 n. 25255 del 14/02/2012, COGNOME, Rv. 253099 – 01). Pertanto, sono inammissibili le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747 -01; Sez. 3, n. 17395 del 24/01/2023, Chen, Rv. 284556 – 01). Ciò in quanto la cognizione della Corte di cassazione Ł funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze lo stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, nØ condividerne la giustificazione (Sez. 1, n. 45331 del 17/02/2023, Rezzuto, Rv. 285504 – 01).
Trattasi di principi ancor piø validi allorquando ci si trovi di fronte alla lettura di fatti comunicativi, come nella specie, avuto riguardo al contenuto del dialogo incriminante (Sez. 1, n. 25939 del 29/04/2024, L., Rv. 286599 – 01, in cui si Ł precisato, proprio con riferimento a conversazioni oggetto di intercettazione, che, quando la sentenza impugnata abbia interpretato fatti comunicativi, l’individuazione del contesto in cui si Ł svolto il colloquio e dei riferimenti personali in esso contenuti, onde ricostruire il significato di un’affermazione e identificare le persone alle quali abbiano fatto riferimento i colloquianti, costituisce attività propria del giudizio di merito, censurabile in sede di legittimità solo quando si sia fondata su criteri inaccettabili o abbia applicato tali criteri in
modo scorretto). Il che costituisce, in definitiva, null’altro che il precipitato dei principi affermati dal diritto vivente. Infatti, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01). Pertanto, l’interpretazione e la valutazione del contenuto dell’attività di captazione sono appannaggio esclusivo del giudice di merito, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità, se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01).
4. Quanto, poi, al diniego delle generiche, la doglianza, oltre che manifestamente infondata, Ł del tutto generica. Il giudizio di non meritevolezza non può ritenersi, nel caso all’esame, arbitrario o incongruo, soprattutto ove si consideri la ratio della disposizione di cui all’art. 62 bis , cod. pen., quella cioŁ di adeguare la pena al caso concreto: Ł in ragione di ciò che al giudice di merito non Ł richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva (avendo la difesa agitato anche l’opzione per il rito abbreviato, dimentica che ad essa fa da pendant la riduzione della pena), rientrando il riconoscimento delle circostanze generiche nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737 01; Sez. 4, n. 23679 del 23/04/2013, Viale, Rv. 256201 – 01; Sez. 2, n. 9299 del 07/11/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275640 – 01). Ciò Ł avvenuto nella specie, poichØ la Corte territoriale ha ritenuto assenti elementi positivamente valutabili (in ricorso non indicandosi fatti rilevanti, ignorati dai giudici territoriali); ma, soprattutto, ha valorizzato la personalità dell’imputato, incline al delinquere, giudizio coerente con i parametri legali di riferimento (art. 133, cod. pen.).
5. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, difettando ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 12/03/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME