Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 35021 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 35021 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
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RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 25 settembre 2024 la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia del Tribunale di Ferrara dell’8 giugno 2020, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME NOME e COGNOME NOME in ordine ai reati di furto aggravato loro contestati ai capi A e B per mancanza di querela, per l’effetto rideterminando la pena inflitta nei loro confronti, per il residuo delitto di cui agli artt. 110, 56, 624, 625 n. 2 cod. pe rubricato al capo C, nella misura di mesi cinque, giorni dieci di reclusione ed euro 80,00 di multa.
1.1. Gli imputati, in particolare, sono stati ritenuti responsabili di av realizzato, in concorso tra loro e a fini di profitto, atti idonei diretti in modo equivoco – rimuovendo i dispositivi antitaccheggio dalle bottiglie e cercando di oltrepassare le casse – ad impossessarsi di dieci bottiglie di vino e liquori del valore commerciale complessivo di euro 211,30 esposte in vendita sugli scaffali di un supermercato, senza riuscire nel loro intento per cause indipendenti dalla loro volontà, e in particolare per l’intervento del responsabile dell’esercizi commerciale. Con l’aggravante di aver commesso il fatto con violenza sulle cose.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del loro difensore, eccependo due motivi di doglianza.
Con il primo hanno dedotto erronea applicazione di legge, lamentando che i giudici di appello avrebbero dovuto dichiarare l’estinzione del reato in conseguenza di assunzione di condotte riparatorie, ai sensi dell’art. 162-ter cod. pen.
In modo particolare, il COGNOME, in occasione dei fatti, dopo essersi reso conto di essere stato colto nell’atto di sottrarre alcune bottiglie di vino, si sareb recato presso una cassa del supermercato per pagare il corrispettivo della merce posizionata sul carrello, desistendo spontaneamente dalla sua condotta prima dell’arrivo delle Forze dell’Ordine.
Si tratterebbe, pertanto, di un comportamento rilevante ai fini dell’applicazione dell’istituto previsto dall’art. 162-ter cod. pen., idoneo consentire la declaratoria di estinzione del reato.
Con la seconda censura i ricorrenti hanno eccepito violazione dell’art. 131bis cod. pen., deducendo l’erronea omessa applicazione della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui ricorrerebber presupposti applicativi.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono manifestamente infondati e devono, pertanto, essere dichiarati inammissibili.
Deve, infatti, essere osservato come entrambe le censure proposte dai ricorrenti siano state per la prima volta eccepite in sede di legittimità, in quant non dedotte con l’atto di appello.
Trova applicazione, allora, in termini troncanti, il principio, reiteratamente affermato da questa Suprema Corte, per cui non sono deducibili con il ricorso per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi di gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annullato provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto al quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere stato intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, tra le altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, COGNOME, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
Ne deriva la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore
Il Prs ente