Ricorso Inammissibile: L’Importanza di Non Introdurre Motivi Nuovi in Cassazione
L’esito di un processo penale dipende non solo dalla solidità delle prove, ma anche dal rigore con cui vengono seguite le regole procedurali. Un principio fondamentale del nostro ordinamento è che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce con fermezza questo concetto, sanzionando l’introduzione di motivi nuovi in Cassazione. Analizziamo insieme questa decisione per comprendere perché la strategia processuale deve essere definita con precisione fin dal primo atto di appello.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una condanna per furto aggravato, ai sensi degli articoli 624 e 625 del codice penale, emessa dal Tribunale di Lecce e successivamente confermata dalla Corte d’Appello della stessa città. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando due specifici vizi: la manifesta illogicità della motivazione in merito alla sua responsabilità penale e la contraddittorietà della stessa riguardo al trattamento sanzionatorio applicato.
La Decisione della Corte: Focus sui Motivi Nuovi in Cassazione
La Suprema Corte, tuttavia, non è nemmeno entrata nel merito delle doglianze. Con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione di tale pronuncia risiede in una fondamentale regola processuale: i motivi del ricorso per cassazione devono corrispondere a quelli già sollevati nell’atto di appello. Nel caso di specie, l’imputato aveva basato il suo appello su questioni completamente diverse, ovvero la richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il riconoscimento di una circostanza attenuante (art. 62 c. 6 c.p.). Le contestazioni sulla logicità della motivazione e sulla pena, invece, sono state sollevate per la prima volta solo davanti alla Cassazione.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte ha fondato la sua decisione sul principio consolidato secondo cui non possono essere dedotte in sede di legittimità questioni che non siano state specificamente devolute alla cognizione del giudice d’appello. Il ricorso per cassazione non è un’occasione per rivedere l’intera vicenda processuale, ma unicamente per controllare la correttezza giuridica della sentenza impugnata sulla base delle critiche già mosse in appello. L’introduzione di motivi nuovi in cassazione viola questo principio, poiché chiederebbe alla Suprema Corte di pronunciarsi su punti che il giudice del grado precedente ha legittimamente omesso di esaminare, non essendogli stati sottoposti.
I giudici hanno citato l’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale, e richiamato una giurisprudenza costante che preclude l’ammissibilità di tali censure tardive. Le uniche eccezioni riguardano questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento o quelle che, per motivi oggettivi, non potevano essere dedotte in precedenza, circostanze non ravvisabili nel caso in esame.
In aggiunta, la Corte ha sottolineato come i motivi presentati fossero comunque caratterizzati da una “marcata genericità”, limitandosi a mere considerazioni teoriche senza un reale confronto con le specificità della sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di tremila euro alla Cassa delle ammende.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito sulla tecnica di redazione degli atti di impugnazione. La scelta dei motivi di appello è un momento cruciale che definisce i confini della discussione processuale nei gradi successivi. Omettere una censura in appello significa, nella maggior parte dei casi, perdere definitivamente la possibilità di farla valere in Cassazione. La decisione evidenzia la necessità di una strategia difensiva completa e lungimirante fin dalle prime fasi del processo, per evitare che preclusioni procedurali, come quella sui motivi nuovi in cassazione, rendano vane le ragioni sostanziali dell’imputato.
Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché l’imputato ha presentato alla Corte di Cassazione dei motivi di ricorso (contestazioni sulla logicità della motivazione e sulla pena) che non aveva sollevato nel precedente atto di appello, violando il principio che vieta l’introduzione di questioni nuove nel giudizio di legittimità.
Quali erano stati i motivi originali presentati in appello?
Nell’atto di appello, i motivi di impugnazione erano limitati a due richieste specifiche: il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) e il riconoscimento di una circostanza attenuante (art. 62 co. 6 c.p.).
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente a seguito della dichiarazione di inammissibilità?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11843 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11843 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a COPERTINO il 06/04/1987
avverso la sentenza del 17/04/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Rg 38969/24 -Udienza del 26 febbraio 2025 -Consigliere COGNOME
Considerato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza emessa dalla Corte di appello di Lecce, con la quale si conferma la sentenza di condanna del Tribunale di Lecce per i reati di cui agli art. 624 e 625 n. 2) e n.4) cod.pen.
Ritenuto che entrambi i motivi di ricorso – con cui si lamentano rispettivamente la manifesta illogicità della motivazione, con riferimento alla violazione degli art. 624 e 62 cod.pen, e la contraddittorietà della motivazione circa il trattamento sanzionatorio – sono inammissibili perché mancano i corrispondenti motivi di appello. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso perché non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunciare siccome non devolute con la dovuta specificità alla sua cognizione, tranne che si tratti di questioni rilevabili di uffi ogni stato e grado del giudizio o che non sarebbe stato possibile dedurre in precedenza (cfr. l’art. 606, comma 3, cod. proc. pen. quanto alla violazione di legge; si vedano, con specifico riferimento al vizio di motivazione, Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745 – 01; Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, Di Domenica).
Invero nell’atto di appello non è stato fatto motivo di ricorso né in merito al responsabilità dell’imputato né al trattamento sanzionatorio stabilito. Dall’atto di appello evince, infatti, che i due motivi di impugnazione erano relativi l’uno al mancato riconoscimento della causa di non punibilità di cui all’art.131-bis. cod.pen. e l’altro alla richie riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’ad 62 co 6 cod.pen.
Valutato, altresì, che in ogni caso entrambi i motivi del ricorso sono caratterizzati da una marcata genericità, in quanto fatti di mere considerazioni teoriche.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26 febbraio 2025
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Il Presidente