Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31331 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31331 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a AVEZZANO il 27/06/1975
avverso la sentenza del 08/11/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza dell’8 novembre 2024 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la pronuncia del Tribunale di Avezzano del 14 novembre 2023 con cui NOME COGNOME era stata condannata alla pena di anni due di reclusione ed euro 1.000,00 di multa in ordine al reato di cui agli artt. 79, comma 1 lett. d), e 95 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, a mezzo del suo difensore, deducendo, con unico motivo, violazione di legge in ordine al ritenuto erroneo riconoscimento dell’elemento soggettivo del reato di cui all’art. 95 D.P.R. n. 115 del 2002; altresì lamentando il mancato riconoscimento in suo favore della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, di cui ricorrerebbero i presupposti applicativi.
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto con motivi non deducibili in questa sede di legittimità.
2.1. Ed infatti, con riferimento alla ritenuta carenza dell’elemento soggettivo del delitto contestatole, deve essere osservato come esuli dai poteri della Corte di Cassazione quello di una «rilettura» degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, COGNOME, Rv. 20794501). La Corte regolatrice ha rilevato che, anche dopo la modifica dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006, n. 46, rest immutata la natura del sindacato che la Corte di cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasta preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, n. 17905 del 23/03/2006, COGNOME, Rv. 234109-01).
In sede di legittimità, pertanto, non sono consentite censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 22445 del 08/05/2009, Candita, Rv. 244181-01).
Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, deve essere osservato, allora, come la ricorrente in realtà invochi un’inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio in atti, e, quindi, una rivisitazione del potere discrezionale riservato al giudice di merito in
punto di valutazione della prova e di qualificazione dei fatti delittuosi confrontarsi, con la dovuta specificità, con l’iter logico-giuridico seguit Corte territoriale per affermare la sua responsabilità penale in ordine al contestatogli (cfr. p. 4).
2.2. Con riguardo, poi, all’invocato riconoscimento dell’istituto pre dall’art. 131-bis cod. pen., deve essere osservato come esso costituisc motivo nuovo, non dedotto con il precedente appello, perciò non sottoponibile vaglio del presente giudizio di legittimità, dovendo trovare applicazion termini troncanti, il consolidato principio per cui non sono deducibili con il per cassazione questioni che non abbiano costituito oggetto di motivi gravame, dovendosi evitare il rischio che in sede di legittimità sia annul provvedimento impugnato con riferimento ad un punto della decisione rispetto a quale si configura “a priori” un inevitabile difetto di motivazione per essere intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello (così, altre: Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316-01; Sez. 2, n. 13 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01; Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, COGNOME, Rv. 255577-01).
All’inammissibilità del ricorso segue, per legge, la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla somma di euro 3.000, in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Cort Cost., sent. n. 186/2000).
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamen delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Ca delle ammende.
Così deciso in Roma il 24 giugno 2025
Il Consigliere estensore