Motivi nuovi appello: la Cassazione chiarisce i limiti
Quando si presenta un appello, è fondamentale includere tutte le proprie doglianze fin da subito. Aggiungere argomenti in un secondo momento è possibile, ma a condizioni molto rigide. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci aiuta a capire esattamente quali sono i limiti per la presentazione di motivi nuovi appello, ribadendo un principio cruciale: non si può allargare l’oggetto della discussione oltre quanto stabilito nell’atto iniziale. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I fatti di causa
Il caso ha origine da una condanna in primo grado per il reato di tentato furto aggravato. La persona imputata aveva presentato appello, ma la Corte d’Appello lo aveva dichiarato inammissibile, confermando di fatto la sentenza precedente. Non soddisfatta della decisione, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la mancata concessione di una specifica circostanza attenuante.
La questione giuridica: i limiti dei motivi nuovi appello
Il cuore della questione sottoposta alla Suprema Corte riguardava la validità della censura relativa alla mancata applicazione dell’attenuante. Il problema, come rilevato dai giudici, era che questa specifica lamentela non era mai stata sollevata nell’atto di appello originario. La difesa ha tentato di introdurla solo in un secondo momento, scontrandosi con le rigide regole procedurali che governano i motivi nuovi appello.
Il dilemma era quindi: può un ricorrente introdurre una censura completamente nuova, non collegata a quelle originarie, dopo la scadenza dei termini per l’impugnazione? La risposta della Corte è stata, ancora una volta, un secco no.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità. I giudici hanno chiarito che i cosiddetti “motivi nuovi” non possono essere utilizzati per introdurre doglianze non tempestivamente formalizzate.
Citando una propria precedente sentenza (n. 36206/2020), la Corte ha ribadito che: “in materia di impugnazioni, la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti”.
In altre parole, sono ammissibili solo motivi aggiunti che approfondiscono o chiariscono ragioni giuridiche già presentate, ma non motivi che allargano l’ambito del “petitum” (l’oggetto della richiesta), introducendo critiche completamente estranee all’impianto originario dell’impugnazione.
Nel caso specifico, poiché la questione dell’attenuante non era stata menzionata nell’atto di appello, non poteva essere introdotta validamente in seguito. La Corte ha quindi confermato la decisione di inammissibilità, condannando la ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
Conclusioni
Questa ordinanza offre un importante monito per chiunque affronti un processo penale: l’atto di impugnazione deve essere redatto con la massima cura e completezza. Non è possibile “correggere il tiro” in un secondo momento introducendo censure o argomenti che si erano omessi in precedenza. La strategia difensiva deve essere chiara e completa fin dall’inizio, poiché i margini per integrare l’appello sono estremamente ristretti e limitati al solo approfondimento dei temi già trattati. Una pianificazione attenta dell’impugnazione è, pertanto, un passo essenziale per tutelare efficacemente i propri diritti.
È possibile aggiungere argomenti completamente nuovi in un appello dopo averlo depositato?
No. Secondo la Corte di Cassazione, i motivi nuovi possono soltanto rappresentare uno sviluppo o una migliore esposizione dei motivi già presentati nell’atto di impugnazione originario, ma non possono introdurre censure o temi completamente nuovi.
Cosa succede se un motivo di ricorso non era stato sollevato nel precedente atto di appello?
Il motivo viene considerato inammissibile. Come chiarito nel provvedimento, la doglianza relativa alla mancata concessione di una circostanza attenuante è stata ritenuta inammissibile proprio perché non era stata dedotta nel primo atto di appello.
Quali sono le conseguenze se il ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La parte che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 26105 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 26105 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
SEDICINA NOME NOME NOME BARI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/02/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto
Rilevato che COGNOME NOME ricorre, per il tramite del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Bari, che, dichiarando l’inammissibilità dell’appello proposto dalla ricorrente, ha confermato la pronuncia del giudice di prime cure, con la quale l’imputata era stata ritenuta responsabile del delitto di tentato furto aggravato;
Considerato che il primo ed unico di motivo di ricorso, con il quale la ricorrente denunzia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e inosservanza delle norme processuali in ordine alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen. e alla dichiarazione di inammissibilità da parte della Corte di merito, è manifestamente infondato, atteso che l’atto di appello non deduceva la censura circa la circostanza attenuante in parola; in ogni caso, il giudice di merito ben chiariva gli elementi ostativi alla concessione della stessa. D’altronde, come ha ben chiarito la giurisprudenza di legittimità, «in materia di impugnazioni, la facoltà del ricorrente di presentare motivi nuovi incontra il limite del necessario riferimento ai motivi principali, di cui i primi devono rappresentare mero sviluppo o migliore esposizione, ma sempre ricollegabili ai capi e ai punti già dedotti, sicché sono ammissibili soltanto motivi aggiunti con i quali si alleghino ragioni di carattere giuridico diverse o ulteriori, ma non anche motivi con i quali si intenda allargare l’ambito del predetto “petitum”, introducendo censure non tempestivamente formalizzate entro i termini per l’impugnazione» (Sez. 6, n. 36206 del 30/09/2020, Rv. 280294 – 01);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
GLYPH Il Pres ente
Così deciso il 25 giugno 2024