Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18957 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18957 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SASSOCORVARO il 22/10/1983
avverso la sentenza del 30/09/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che chiedeva dichiararsi il ricorso inammissibile
RITENUTO IN FATI -0
La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 30 settembre 2024 confermava la condanna di COGNOME NOME, pronunciata dal Tribunale di Teramo, alla pena di mesi tre di arresto, previa concessione delle attenuanti generiche, per il reato di cui all’art. 699 cod. pen., così riqualificata l’originaria imputazione e art. 4 L. 110/75.
Entrambi i giudici di merito avevano ritenuto che il fatto contestato dovesse essere riqualificato come indicato, in ragione delle caratteristiche di arma bianca propria del coltello detenuto dal COGNOME e che ciò non avesse violato il principio della necessaria correlazione fra accusa e sentenza.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso l’imputato tramite il difensore di fiducia, articolando quattro motivi di doglianza.
2.1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la mancata valutazione da parte della Corte territoriale delle note di trattazione scritte che contenevano la richiesta di concessione della sospensione condizionale della pena.
2.2 Con il secondo motivo lamenta vizio di motivazione con riguardo alla valutazione delle prove.
Ribadiva il ricorrente come la differente qualificazione della condotta immuti il fatto storico e come ciò abbia influito negativamente-anche sulle scelte difensive.
2.3 Con il terzo motivo lamenta la violazione di legge in ragione della mancata applicazione dell’art. 133 cod. pen., rectius, dal tenore del motivo trattasi del mancato riconoscimento della causa di esclusione della punibilità ex art. 131 bis cod. pen.
2.4 Con il quarto motivo lamenta la omessa motivazione circa la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.
Il sostituto procuratore generale NOME COGNOME depositava requisitoria scritta chiedendo dichiararsi il ricorso inammissibile.
Il ricorrente depositava note in data 3 aprile insistendo nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Il primo motivo è infondato e si ricollega al quarto motivo, parimenti infondato.
Per costante insegnamento di questa Corte, cui si intende dare continuità, i motivi nuovi proposti a sostegno dell’impugnazione devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione enunciati nell’originario atto di impugnazione a norma
dell’art. 581, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., dovendosi ritenere afferente a distinte statuizioni il motivo relativo all’affermazione della responsabilità dell’imputato, investita dall’appello originario, e quello inerente la configurabilità di un’aggravante, con conseguente inammissibilità di quest’ultimo. (Sez. 6, n. 5447 del 06/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280783 – 01)
Conseguentemente, nel giudizio di impugnazione, la facoltà della parte di presentare memorie non può superare le preclusioni fissate dai termini per impugnare e da quelli concessi per la presentazione di motivi nuovi ai sensi dell’art. 585, commi 1, 4 e 5, cod. proc. pen., sicché la memoria difensiva non può contenere doglianze ulteriori e diverse rispetto a quelle proposte con il gravame o con i motivi aggiunti, ma può solo supportare, con dovizia di particolari e più puntuali argomentazioni, i temi già devoluti con il mezzo di impugnazione proposto (Sez. 3 -, Sentenza n. 25868 del 20/02/2024 Ud. (dep. 03/07/2024) Rv. 286729). i
Posto che la istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena venne avanzata, per espressa ammissione del ricorrente, per la prima volta solo nelle note di deposito in vista dell’udienza cartolare, del tutto correttamente il giudice di appello non vi ha fatto cenno, non essendo stata richiesta nell’atto di appello; ed in ogni caso, nonostante il potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio una o più circostanze attenuanti ed anche il beneficio della sospensione condizionale della pena, proprio perché la concessione del beneficio non venne richiesta con l’atto di appello, l’imputato non ha titolo per proporre ricorso per cassazione sul punto.
In questo senso si è espressa questa Corte affermando che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato, nell’atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione. (Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02)
In ogni caso, la questione della concedibilità della sospensione condizionale della pena era già stata affrontata e risolta dal giudice di primo grado, la cui decisione è stata confermata dalla Corte di Appello, comprendendo tale confermaall’evidenza – anche il rigetto della concessione della sospensione condizionale della pena.
1.2 Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Non sussiste violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza nel caso in cui nella contestazione, considerata nella sua interezza, siano contenuti gli
stessi elementi del fatto costitutivo del reato ritenuto in sentenza, posto che l’immutazione si verifica solo laddove ricorra tra i due episodi un rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale per essersi realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, messo così, a sorpresa, di fronte a un fatto del tutto nuovo senza avere avuto nessuna possibilità d’effettiva difesa. (Sez. 2, n. 10989 del 28/02/2023, COGNOME, Rv. 284427 – 01)
Per contro, sussiste la violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza quando il fatto ritenuto in sentenza si trovi, rispetto a quello contestato, in rapporto di eterogeneità o di incompatibilità sostanziale, nel senso che si sia realizzata una vera e propria trasformazione, sostituzione o variazione dei contenuti essenziali dell’addebito nei confronti dell’imputato, tanto da realizzare un’incertezza sull’oggetto dell’imputazione da cui scaturisce un reale pregiudizio dei diritti della difesa. (Sez. 1, n. 4655 del 10/12/2004, dep. 2005, Addis, Rv. 230771 – 01)
Come già ribadito da entrambi i giudici di merito, che sul punto hanno ampiamente argomentato, la mutata qualificazione giuridica dell’arma non muta il fatto storico contestato, che rimane di detenzione di un coltello, disquisendosi unicamente sulla qualificazione del coltello come arma bianca propria ovvero come strumento da punto o da taglio.
1.3 Il terzo motivo è infondato.
Il ricorrente non ha fatto motivo di appello circa il mancato riconoscimento da parte del giudice di primo grado della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto : in difetto di motivo di appello sul punto l’imputat non può farne motivo di ricorso; proprio l’avvenuto esame della applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. da parte del giudice di primo grado e la omessa impugnazione sul punto rende inapplicabile il seguente principio espresso da questa Corte, secondo il quale l’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen. anche d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, rende irrilevante che la sua operatività non fosse stata sollecitata con uno specifico motivo di appello e fosse stata richiesta, invece, dalla difesa dell’imputato solamente nel corso della discussione finale durante il giudizio di secondo grado: se sul giudice di merito grava, anche in difetto di una specifica richiesta, l’obbligo d’ufficio di pronunciare la considerata causa di esclusione della punibilità, un obbligo di esaminare la relativa questione deve ritenersi sussistente, a maggior ragione, allorquando sia stata avanzata una specifica richiesta da parte del difensore, sia pure per la prima volta con le conclusioni del giudizio di appello. (Sez. 6, Sentenza n. 2175 del 2021)
A tale obbligo il giudice di primo grado ha adempiuto, rigettando l’istanza e il ricorrente non ha espresso alcuna doglianza al giudice di appello circa tale
decisione, dunque non può oggi dolersene nel giudizio di legittimità; è infatti pacifico l’orientamento della Corte di legittimità per il quale non possono essere
dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione
(così, in termini generali, Sez. 2, n. 22362 del 19/04/2013, COGNOME, Rv.
255940-01; Sez. 3, n. 16610 del 24/01/2017, Costa, Rv. 269632 – 01; Sez. 5, n.
48416 del 06/10/2014, Dudaev, Rv. 261029 – 01)
In difetto, oltretutto, di specifica sollecitazione sul punto, il giudice di appell che ha confermato la decisione del giudice di primo grado, deve ritenersi che abbia
confermato – anche implicitamente – la esclusione della causa di non punibilità, cosi come il rigetto della concessione del beneficio della sospensione condizionale
della pena.
2. Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 9 aprile 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente