Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 1161 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 1161 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 17/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 19/10/1980
avverso la sentenza del 26/09/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte di appello di Bologna che ha confermato la pronuncia di condanna resa dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Ravenna per i reati ascritti.
Ritenuto che i motivi sollevati (violazione dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e apparenza della motivazione sul punto; violazione art. 444, comma 2, cod. proc. pen. in relazione alla pena irrogata, tenuto conto della operata continuazione con la sentenza n. 12027/10 della Corte di appello di Bologna) sono inammissibili. Il primo motivo risulta proposto per la prima volta in questa sede di legittimità, non essendo stato dedotto nell’atto di appello. Deve, sul punto, ricordarsi che, secondo consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, non possono essere dedotte con il ricorso per cassazione questioni sulle quali il giudice di appello abbia correttamente omesso di pronunziarsi perché non devolute alla sua cognizione (così, ex mu/tis, Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745-01). In proposito, si è affermato che, dal combinato disposto dagli artt. 606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., è ricavabile la regola che non possano formare oggetto di ricorso in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado d giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, evenienze, queste, non ricorrenti nel caso in esame. La ratto di tale principio risiede nella necessità di evitare che possa sempre essere dedotto un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo ad un punto del ricorso non sottoposto al controllo della Corte di appello, in quanto non devoluto con l’impugnazione (Sez.4, n.10611 del 4/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv.256631- 01). Dalla lettura di tali disposizioni in combinato con l’art. 609, comma 1, cod. proc. pen., che limita la cognizione di questa Corte ai motivi di ricorso consentiti, si evince l’inammissibilità delle censure che non siano state, pur potendolo essere, sottoposte al giudice di appello, la cui pronuncia sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n.28514 del 23/04/2013, COGNOME Rv. 255577- 01; Sez.2, n.40240 del 22/11/2006, COGNOME, Rv.235504- 01; Sez.1, n.2176 del 20/12/1993, dep. 1994, COGNOME ed altro, Rv.196414- 01); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il secondo motivo è inammissibile perché è incensurabile la determinazione del trattamento sanzionatorio, naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, qualora, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o sia assistita da motivazione manifestamente illogica Sul punto, la Corte territoriale ha congruamente illustrato le ragioni rispetto all’entità dell’aumento di pena per la continuazione con la sentenza irrevocabile (p. 2 sent. app.);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 17 settembre 2024
Il Consigliere estensore
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Il P sidente