Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 7877 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 7877 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 02/01/1959
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione con cui la ricorrente lamenta violazione degli artt. 533 cod. proc. pen. e 27 Cost. nonché vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità ed all’attendibilità della persona offesa, è aspecifico in quanto reiterativo di medesime doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti e all’interpretazione del materiale probatorio già espresse in sede di appello ed affrontate in termini precisi e concludenti dalla Corte territoriale nonché articolato esclusivamente in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità, restando estranei ai poteri della Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme alle risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo grado come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la pluralità di elementi idonei a dimostrare la penale responsabilità della ricorrente in ordine al reato di truffa (vedi pagg. 1 e 2 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun modo censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fondata su apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittorietà o di manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
rilevato che la versione dei fatti offerta dalla persona offesa risulta essere stata valutata dai giudici dell’appello in maniera logica, congrua e lineare, anche in considerazione della portata dei rimanenti elementi di prova che non hanno evidenziato alcun profilo di contrasto significativo con le dichiarazioni rese dalla persona offesa né alcun interesse all’accusa da parte della stessa;
rilevato che il secondo motivo di impugnazione con cui la ricorrente eccepisce la mancanza della necessaria condizione di procedibilità, non è consentito in quanto ha ad oggetto una doglianza non dedotta in sede di appello e non rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio. Deve essere, in particolare, rimarcato che, in sede di gravame era stata contestata esclusivamente eccepita la tardività della querela (vedi pag. 7 dell’atto di appello) e non la circostanza, dedotta per la prima volta in questa sede, secondo cui la querela in atti sarebbe stata proposta da soggetto non legittimato.
rilevato che non sono proponibili in cassazione motivi con i quali vengono sollevate per la prima volta questioni che, per non essere state dedotte nei motivi di appello, non potevano essere rilevate dai giudici di secondo grado, per non essere riconducibili nei limiti degli effetti devolutivi prodotti dall’impugnazione. In tal caso le censure dedotte per la prima volta nel ricorso in cassazione hanno per
oggetto «punti della decisione» che hanno acquistato autorità di giudicato in base al principio del tantum devolutum, quantum appellatum (vedi Sez. 1, n. 2378 del 14/11/1983, COGNOME Rv. 163151; Sez. 4, n. 17891 del 30/03/2022, COGNOME, non massimata);
rilevato che la mancanza di valida querela non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità, trattandosi di eccezione che comporta accertamenti di fatto devoluti al giudice di merito e che, non essendo stati richiesti tempestivamente, sono preclusi nei successivi gradi di giudizio (Sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568 – 01; da ultimo Sez. 5, n. 2903 del 22/09/2023, dep. 2024, Sica, non massimata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 14 gennaio 2025
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