Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 1278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 1278 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: FILOCAMO COGNOME
Data Udienza: 02/03/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a GUARDASPUR( INDIA) il 05/02/1971
avverso la sentenza del 10/09/2021 della CORTE APPELLO di BRESCIA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza emessa dalla Corte d’appello di Brescia emessa in data 1 appue 204 NOME COGNOME è stato condannato, in parziale riforma della sentenza di primo grado con la concessione delle attenuanti generiche, alla pena di anni 3, mesi 4 di reclusione ed euro 10.000 di multa perché, agendo in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME compiva atti idonei diretti a procurare l’ingresso illegale in Francia di un connazionale già soggiornante clandestinamente in Italia. In particolare, intratteneva più comunicazioni con NOME COGNOME con il quale contrattava il prezzo del viaggio poi effettivamente effettuato all’interno del vano bagagli del furgone Citroen Master tg. TARGA_VEICOLO con altri dieci soggetti clandestini. Detto veicolo veniva fermato, prima qe n valico del Frejus, dai Carabinieri di Susa i quali traevano in arresto NOME COGNOME e NOME COGNOME che conducevano detto furgone.
La responsabilità del ricorrente è stata desunta dalle intercettazioni effettuate sull’utenza in uso a Singh COGNOME dalle quali emergevano tutte le circostanze relative al trasferimento in Francia dall’Italia del connazionale, asseritamente suo parente. Da queste comunicazioni intercettate è stato possibile ricostruire tutte le fasi della vicenda ovvero l’interesse del connazionale a raggiungere i suoi parenti in Germania dopo che egli era giunto in Italia senza titolo di soggiorno, gli accordi sulla partenzaiil prezzo e le modalità di pagamento, comprensive del tasso di cambio con la rupia indiana. In queste conversazioni il migrante veniva definito come “roba” e veniva accordato uno sconto rispetto alla somma richiesta (mille euro, somma certamente superiore a quello di mercato per un viaggio regolare tra Brescia e la Germania) nonché il differimento di una parte del pagamento a trasferimento concluso. Tra gli elementi alla base della sua responsabilità penale per il delitto contestato sono stati valorizzati la consapevolezza della clandestinità del connazionale, del viaggio, il linguaggio criptico utilizzato (“roba”) e il prezzo fu mercato pattuito. L’asserita parentela (cugino), peraltro non dimostrata, è stata considerata neutra rispetto all’accusa Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ricorre per cassazione NOME COGNOME per il tramite del difensore, denunciando, con unico motivo, la violazione di legge in relazione all’aggravante di cui all’art. 12, comma 3, lett. d), d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, e 59 cod. pen. nonch il difetto di motivazione rispetto alla conoscenza ovvero all’ignoranza derivante da 42C colpa dei fatti costitutivi,,raggravante citata sul numero delle persone concorrenti nel reato.
In particolare, l’imputato qui ricorrente contesta che egli abbia mai saputo che il NOME COGNOME, al fine di consentire l’espatrio del presunto cugino, si sarebbe avvalso dell’opera di altre persone ovvero NOME COGNOME e NOME COGNOME che hanno condotto il furgone, poi fermato dai Carabinieri, ove il migrante clandestino viaggiava nascosto con altri all’interno del vano bagagli.
Le sentenze di condanna, sia di primo che di secondo grado, non avrebbero evidenziato alcun elemento da cui desumere la conoscenza del fatto che, per effettuare l’espatrio clandestino, il NOME COGNOME, unico interlocutore dell’imputato, si sarebbe avvalso dell’opera di altre persone.
La motivazione della sentenza impugnata sarebbe, quindi, contraddittoria nella parte in cui ha escluso che l’imputato abbia partecipato all’organizzazione materiale del viaggio e, contestualmente, afferma la sua consapevolezza di partecipare con più persone all’azione delittuosa. La prova della sua inconsapevolezza sarebbe rinvenibile proprio nelle conversazioni intercettate nelle quali non si specificano mai le modalità del trasferimento e, quindi, la presenza fattiva di altre persone coinvolte nel trasferimento all’estero del migrante.
Il Procuratore generale, a seguito di discussione orale, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto dette censure non sono state articolate nell’atto di appello.
Ne deriva che la stessa non può essere dedotta, per la prima volta, con il ricorso per cassazione (Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Rv. 255577).
Invero, il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità è delineato dall’art. 609, comma 1, cod. proc. pen. che ribadisce in forma esplicita il principio, già enucleabile dal sistema, secondo cui la cognizione di detto giudice va commisurata ai motivi di ricorso proposti, che – contrassegnati dall’inderogabile «indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto» che sorreggono ogni att d’impugnazione (art. 581 cod. proc. pan., comma 1, lett. c), e art. 591 cod. proc. pen., comma 1, lett. c) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni.
La disposizione in esame deve infatti essere letta in correlazione con quella dell’art. 606, comma 3, cod proc. pen., nella parte in cui prevede la non deducibilità in cassazione delle questioni non prospettate nei motivi di appello.
2.1 Ne deriva che il combinato disposto delle due norme impedisce la proponibilità in cassazione di qualsiasi questione non prospettata in appello e costituisce un rimedio contro il rischio concreto di un annullamento, in sede di cassazione, del provvedimento impugnato, in relazione a un punto intenzionalmente sottratto alla cognizione del giudice di appello: in questo caso, infatti, è facilment diagnosticabile in anticipo un inevitabile difetto di motivazione della relativa sentenza con riguardo al punto dedotto con il ricorso, proprio perché mai investito della verifica giurisdizionale (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Bolognese, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270316).
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione consegue ex lege, in forza del disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento e al versamento della somma, tale ritenuta con g rua, di euro tremila in favore delle Cassa delle ammende, non esulando profili di colpa nel ricorso (Corte cost. n. 186 del 2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pa g amento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 2 marzo 2023
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