Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37479 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37479 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
letto il ricorso;
lette le conclusioni del AVV_NOTAIO udita la relazione svolta d l AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
procedimento trattato con le forme di cui all’art. 611 c.p.p.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME, a mezzo del difensore di fiducia, ricorre per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Roma del 6/02/2024, con cui è stato dichiarato inammissibile l’appello proposto dall’imputato nei confronti della sentenza del Tribunale di Roma che lo ha condanNOME alla pena di giustizia in ordine al delitto di riciclaggio.
L’ordinanza COGNOME ha COGNOME motivato COGNOME la COGNOME declaratoria COGNOME di COGNOME inammissibilità dell’impugnazione, ai sensi dell’art. 591, comma 1, cod. proc. pen., per la genericità dei motivi dedotti, sul presupposto della violazione del canone normativo (art. 581 cod. proc. pen.) che esige che l’atto di appello contenga “i motivi, con indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto sorreggono ogni richiesta”.
La difesa deduce l’inosservanza degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., nonché il vizio di motivazione del provvedimento impugNOME.
In particolare, sottolinea che la declaratoria di inammissibilità non sia sorretta da adeguata e specifica motivazione e che i motivi di appello risultavano, in verità, articolati secondo un grado di specificità tale da consentirne lo scrutini Si evidenzia, in particolare, che la difesa dell’imputato, con il motivo di appell avesse censurato espressamente la ritenuta non meritevolezza delle circostanze attenuanti generiche: in relazione a tale profilo sarebbero state pienamente spiegate le ragioni giustificative della richiesta difensiva.
Secondo il ricorrente, risultava pienamente soddisfatto il precetto normativo risultante dal combiNOME disposto degli artt. 581 e 591 cod. proc. pen., vale a dire, l’indicazione, a pena di inammissibilità, di punti e capi della sentenza impugnata; delle questioni di diritto che si intendono prospettare in relazione ad essa; dell ragioni di diritto e degli elementi di fatto posti a base della richiesta.
Il P.G. presso questa Corte, nella persona dell’AVV_NOTAIO, con requisitoria del 4/07/2024, ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Dall’esame dell’atto di appello risulta che la difesa ebbe anzitutto a dolersi della mancata concessione all’imputato delle circostanze attenuanti generiche. Tuttavia, per come rilevato nell’ordinanza impugnata, la censura a tale passaggio argomentativo della sentenza di primo grado si traduce in una serie di critiche
t
generiche che non affrontano i profili in forza dei quali il primo giudice aveva disatteso la tesi difensiva.
La difesa, infatti, si è limitata a riproporre l’unica prospettazione g articolata nel corso del giudizio di primo grado, senza tuttavia criticare alcuno degli argomenti, pure sistematicamente esposti, compendiati nella motivazione di rigetto delle circostanze attenuanti generiche.
E tanto ha fatto mediante un generico riferimento – per come sottolineato dalla Corte territoriale – al fatto che la condotta dell’imputato “non rientra sicuramente tra quelle che destano maggiore allarme sociale in particolare per tutte le circostanze oggettive e soggettive emerse a seguito del commesso episodio delittuoso” (v. pag. 3 dell’appello).
Era compito della difesa individuare l’eventuale omissione di un qualche elemento specifico di segno contrario, ovvero, anziché fare riferimento a categorie generali di meritevolezza (meramente enunciate), specificare in forza di quali dati di fatto emersi al processo la Corte di merito avrebbe dovuto porre rimedio all’ingiustificato diniego.
Né sul punto risulta utile il riferimento al comportamento processuale dell’imputato: questi era risultato assente nel dibattimento, con la conseguenza che, correttamente, tale scelta non è stata ritenuta coerente con l’indicato beneficio.
Non priva di rilievo a tale proposito è l’osservazione contenuta nella requisitoria del P.G. presso questa Corte: «… orbene, nell’odierno ricorso, la difesa – ribaltando il corretto senso logico dell’apprezzamento giudiziale – assume la genericità della motivazione sul punto, affermando che il giudice avrebbe dovuto specificare “in che modo e per quale motivo l’assenza del COGNOME (dal giudizio) dovrebbe escludere il riconoscimento delle circostanze di cui all’art. 62 bis c.p.” Evidente l’inversione di metodo, che giunge a ritenere “ottimo” il comportamento processuale dell’imputato che decide di non partecipare al proprio processo: e, con essa, la più AVV_NOTAIO inversione sul profilo degli elementi rilevanti ai fini de concessione delle attenuanti in questione. Non essendo l’attenuante di cui all’art. 62 bis c.p. un diritto processuale dell’imputato, appare ovvio che il giudice si possa ‘fermare’ ad una costatazione in negativo (“non ci sono fatti sintomatici della meritevolezza dell’attenuante”), la quale impone alla difesa di sottoporre, appunto in sede di impugnazione, specifici elementi pretermessi, al di là della generica doglianza circa il diniego o l’asprezza della pena».
Pertanto, sebbene la difesa abbia formalmente individuato il punto decisorio oggetto dell’impugnazione, quest’ultima ha finito, però, per omettere qualsivoglia confronto critico con le ragioni reiettive della stessa tesi difensiva.
Analoghe considerazioni debbono essere svolte con riguardo al secondo motivo di appello, ove la richiesta di rideterminazione del trattamento sanzioNOMErio:
si lega all’enunciazione di categorie prive dell’indicazione degli specifici elementi di sostegno (“così da rendere la stessa più aderente al minimo disvalore penale del fatto criminoso de quo nonché alla personalità del prevenuto”);
fa riferimento al generico richiamo dei parametri di cui all’art. 133 cod. pen. (“la pena in concreto irrogata non risulta essere equa e proporzionata rispetto ai fatti contestati, soprattutto in considerazione dei criteri previsti dall’art. 133 che impongono, come predetto, ai fini della quantificazione della pena, la valutazione di tutti gli elementi oggettivi e soggettivi indicati dalla norma stessa senza spiegare le ragioni per le quali l’imputato sarebbe stato meritevole di una pena più contenuta;
si lega all’altrettanto generico richiamo al fatto che la condott dell’imputato “non rientra tra quelle che destano maggior allarme sociale”, asserzione che non solo non è riferita a precisi elementi di minor disvalore del fatto, ma “distonica” rispetto al tipo di reato commesso e alla pena inflitta pari anni quattro di reclusione.
Correttamente, pertanto, l’ordinanza impugnata ha ritenuto che l’impugnazione di merito violasse il disposto dell’art. 591 cod. proc. pen., per come costantemente affermato dalla Corte di legittimità secondo cui, ai fini della valutazione dell’ammissibilità dei motivi di appello sotto il profilo della specifi è necessario che il ricorrente non si limiti a contestare semplicemente il punto della pronuncia di cui chiede la riforma, ma che rispetto ad esso indichi le ragioni di fatto o di diritto per cui non ne condivide la valutazione (v. ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01).
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In conclusione, il ricorso va rigettato, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese<tm processuali.
Così deciso, il 20 settembre 2024.
COGNOME