Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 14583 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 14583 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 11/08/1976
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
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RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Firenze ha confermato la decisione del Tribunale di Pistoia – che ha dichiarato NOME COGNOME colpevole dei reati a lui ascritti in concorso, nella qualità di liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita il 05/11/2013, di bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale, di cui ai capi a) ed e), con la aggravante della pluralità di fatti di bancarotta, condannandolo alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, con le sanzioni accessorie fallimentari di pari durata e l’interdizione dai pubblici uffici di pari durata.
Il ricorso per cassazione, per il tramite del difensore di fiducia, avvocato, è affidato a tre motivi, enunciati nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
2.1. Premette il ricorrente che non può dirsi ricorrente una situazione di c.d. doppia conformità delle sentenze di merito, atteso che quella di primo grado risulta del tutto priva di motivazione, cosicchè quella di appello ha introdotto per la prima volta una motivazione a giustificazione della affermazione di responsabilità
Denuncia, quindi, violazione della legge fallimentare e correlati vizi della motivazione in merito alla ritenuta sussistenza del dolo specifico del contestato delitto di bancarotta documentale per sottrazione delle scritture contabili della fallita. I giudici di merito – si sostiene – in realtà, hanno motivato facendo riferimento al dolo generico, laddove avrebbero dovuto provare la consapevolezza dello stato delle scritture in capo al ricorrente.
2.2. Con il secondo motivo – che denuncia vizi della motivazione – ci si duole della mancata dimostrazione dell’accettazione della carica di liquidatore. Le sentenze di merito hanno desunto la concreta conoscenza dello stato delle scritture contabili valorizzando elementi fattuali (assunzione di analoga carica in altre società decotte, il mancato disconoscimento da parte del COGNOME di firme apparentemente a lui riconducibili, e la distrazione dell’autovettura di cui al capo e), sicuramente a lui riconducibile, elementi che, tuttavia, non consentono di superare il ragionevole dubbio.
2.3. Il terzo motivo denuncia vizi della motivazione nella ordinanza con la quale è stata rigettata la richiesta di perizia grafologica, finalizzata all’accertamento che, stante difformità delle sottoscrizioni presenti in atti, l’identità dell’imputato sia stata utilizzata a sua insaputa. Tanto sul rilievo della decisività della l’accertamento peritale negata dai giudici di merito, pur affermando la falsità di alcune sottoscrizioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
1. Il primo motivo risulta inedito, e, come tale, inammissibile.
In tema di ricorso per cassazione, la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt. 606, comma terzo, e 609, comma secondo, cod. proc. pen. – secondo cui non possono essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, tranne che si tratti di questioni rilevabili di ufficio in ogni sta e grado del giudizio o di quelle che non sarebbe stato possibile dedurre in grado d’appello – trova la sua “ratio” nella necessità di evitare che possa sempre essere rilevato un difetto di motivazione della sentenza di secondo grado con riguardo a un punto del ricorso non investito dal controllo della Corte di appello perché non segnalato con i motivi di gravame. (Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 (dep. 2013) Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Rv. 269745; Sez. 4, n. 10611 del 04/12/2012 (dep. 2013 ), Rv. 256631; Sez. 2, n. 13826 del 17/02/2017, Rv. 269745; Sez. 2, n. 29707 del 08/03/2017, Rv. 270316; Sez. 3, n. 27256 del 23/07/2020, Rv. 279903).
1.12art. 609 cod. proc. pen. comma 1, costituente il parametro dei poteri di cognizione del giudice di legittimità, ribadisce, in forma esplicita, un principio già enucleato dal sistema, e cioè la commisurazione della cognizione di detto giudice ai motivi di ricorso proposti. Detti motivi – contrassegnati dall’inderogabile “indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto” che sorreggono ogni atto d’impugnazione (art. 581, comma 1, lett. c), e art. 591, comma 1, lett. c, cod. proc. pen.) – sono funzionali alla delimitazione dell’oggetto della decisione impugnata e all’indicazione delle relative questioni, con modalità specifiche al ricorso per cassazione. (Sez. 5, n. 42568 del 19/06/2018, Rv. 27392502). Così si è esclusa, per esempio, la possibilità di contestare la sussistenza della condotta sotto il profilo oggettivo qualora in appello sia stata dedotta l’insussistenza dell’elemento psicologico. (Sez. 2, n. 6131 del 29/01/2016, Rv. 266202).
1.2.Nel ribadire l’orientamento costante di questa Corte (Sez. U. n. del 30/06/1999, Piepoli, Rv. 213981) secondo cui la causa di inammissibilità originaria dell’impugnazione per la denuncia di violazioni di legge non dedotte con i motivi di appello resta integrata anche dalla generica prospettazione nei motivi di gravame di una censura solo successivamente illustrata in termini specifici con la proposizione del ricorso in cassazione (Sez. 2 n. 34044 del 20/11/2020, Rv. 280306), si osserva che, nel caso di specie, l’atto di appello era interamente incentrato, nel suo primo motivo, avente riguardo al reato di bancarotta documentale di cui al capo a), sul tema della mancata dimostrazione dell’assunzione consapevole della carica di liquidatore e, dunque, di amministratore formale. In quella sede, il ricorrente censurava la motivazione con la quale il primo giudice si era determinato, invece, in senso opposto sulla
base di un denunciato travisamento della prova, che aveva, invece, dimostrato la mancata accettazione della carica e la circostanza che il ricorrente non fosse mai entrato nella disponibilità dei documenti contabili, solo incidentalmente richiamandosi, a pg. 15, la giurisprudenza in punto di elemento soggettivo del reato, salvo poi a concludere incentrando la doglianza sulla mancata dimostrazione della accettazione della carica.
1.3.Del resto, la Corte di appello nella non contestata sintesi dei motivi di gravame, non fa nemmeno un cenno al tema dell’elemento psicologico del reato di bancarotta documentale c.d. specifica ( cfr. pg . della sentenza impugnata). Su tale aspetto, si richiama l’indirizzo secondo cui è inammissibile, per difetto di specificità del motivo, il ricorso per cassazione con cui si deducano violazioni di legge verificatesi nel giudizio di primo grado, se l’atto non procede alla specifica contestazione del riepilogo dei motivi di appello contenuto nella sentenza impugnata, qualora questa abbia omesso di indicare che l’atto di impugnazione proposto avverso la decisione del primo giudice aveva anch’esso già denunciato le medesime violazioni di legge, in quanto, in mancanza della predetta contestazione, il motivo deve ritenersi proposto per la prima volta in cassazione, e quindi tardivo. ( Sez. 2, n. 9028 del 05/11/2013 (dep. 2014 ) Rv. 259066; conf. Sez. 2, n. 31650 del 03/04/2017, Rv. 270627).
2.11 secondo e il terzo motivo risultano inammissibilmente finalizzati a un’alternativa ricostruzione fattuale rispetto a quella logicamente assunta dai giudici di merito, i quali hanno congruamente motivato sulla consapevole partecipazione del ricorrente al piano ordito dai gestori di fatto.
2.1. Quanto, specificamente, alla rinnovazione istruttoria, negata dalla Corte di appello, la sentenza ha logicamente motivato sulla superfluità della perizia grafologica, con conseguente inammissibilità della relativa censura. Nel giudizio di legittimità, non è consentito invocare una valutazione o rivalutazione degli elementi probatori al fine di trarne proprie conclusioni in contrasto con quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 22242 del 27/01/2011, COGNOME, Rv. 249651, in motivazione; Sez. U, n. 12 del 31/05/2000, lakani, Rv. 216260).
2.2. Nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 603 cod.proc.pen, quale è quella prospettabile nel caso di specie, la rinnovazione è subordinata alla condizione che il giudice ritenga, nell’esercizio del potere discrezionale, che i dati
probatori già acquisiti presentino margini apprezzabili di incertezza e che l’attività processuale richiesta rivesta carattere di decisività. Alla rinnovazione dell’istruzione nel giudizio di appello ai sensi dell’art. 603 Co. 1 cod.proc.pen , può ricorrersi, infatti, solo quando il giudice ritenga “di non poter decidere allo stato degli atti”, sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonché quando l’incombente richiesto sia decisivo , nel senso che lo stesso potrebbe eliminare le eventuali incertezze e ovvero sia di per sé oggettivamente idoneo a inficiare ogni altra risultanza. (cfr. per tutte, Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003 (dep. 2004) Rv. 227494).
2.3. Sostanzialmente, il giudice dell’appello ha l’obbligo di disporre la rinnovazione del dibattimento solo quando la richiesta della parte sia riconducibile alla violazione del diritto alla prova, non esercitato per inerzia colpevole, o quando la sua ammissione sia stata irragionevolmente negata dal giudice di primo grado. In tutti gli altri casi, la rinnovazione del dibattimento è rimessa al potere discrezionale del giudice, il quale è tenuto a dar conto delle ragioni del rifiuto quanto meno in modo indiretto, dimostrando, in positivo, la sufficiente consistenza e la assorbente concludenza delle prove già acquisite ( cfr. Cass. sez. 4, n. 47095 del 02/12/2009, Rv. 245996; Sez. 2 n. 45739 del 04/11/2003, Rv 226977; conf. sez. 3, n. 47963 del 13/09/2016, Faro). Si è, in conseguenza, affermato che, mentre la rinnovazione deve essere specificamente motivata, dando conto dell’uso del potere discrezionale connesso alla consapevolezza di non potere decidere ex actis, al contrario, nell’ipotesi di rigetto dell’istanza di rinnovazione, la motivazione può essere anche implicita nel corpo della motivazione della pronuncia di merito, nella quale si evidenzi la sufficienza degli elementi esistenti, già acquisiti, ai fini della valutazione della responsabilità, senza necessità di rinnovare il dibattimento; l’ordinanza di rigetto dell’ istanza di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale si sottrae, dunque, al sindacato di legittimità, quando la struttura argonnentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fondi su elementi sufficienti per una compiuta valutazione della responsabilità (Cass. sez. 3 n. 47963 del 13/09/2016, Faro, Rv 268657; sez. 6 n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv 262620; sez. 6 n. 11907 del 13/12/2013, Rv, 259893; sez. 6 n. 1249 del 26/09/2013 , COGNOME, Rv. 258758; Sez. 4 n. 47095 del 02/12/2009; Sez. 5 n. 15320 del 10/12/2009, Rv. 246859). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.4. Nel caso di specie, come già detto, la Corte territoriale ha dato conto delle ragioni che non facevano, ragionevolmente, ritenere decisive le prove richieste dalla difesa, sicchè il ricorso, sul punto, è inammissibile.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene
equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma,19 febbraio 2025
Il C6tgliere esteTobe