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Motivazione specifica: Cassazione annulla custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per un’accusa di estorsione aggravata. La decisione è fondata sulla totale mancanza di una motivazione specifica da parte del Tribunale del Riesame, che in un provvedimento di oltre 460 pagine non ha analizzato in modo puntuale e distinto gli elementi di prova a carico del singolo ricorrente, limitandosi a un richiamo generico alle risultanze investigative.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione Specifica: Perché la Cassazione Annulla una Custodia Cautelare

L’obbligo di fornire una motivazione specifica e puntuale è uno dei pilastri fondamentali dello stato di diritto, specialmente quando un provvedimento giudiziario incide sulla libertà personale di un individuo. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce con forza questo principio, annullando un’ordinanza di custodia cautelare in carcere proprio per la sua carenza. La decisione sottolinea come non sia sufficiente un richiamo generico a un’enorme mole di atti d’indagine; il giudice deve, invece, analizzare nel dettaglio la posizione del singolo indagato.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine da un’indagine su un’associazione di stampo mafioso dedita al controllo del settore della pesca, al traffico di stupefacenti e a numerose attività estorsive ai danni di imprenditori locali. Nell’ambito di questa operazione, un individuo veniva raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare in carcere con l’accusa, tra le altre, di aver svolto il ruolo di “reggente” del clan durante la detenzione del capo.

Il Tribunale del Riesame, investito della questione, confermava la misura cautelare. La difesa dell’indagato, tuttavia, proponeva ricorso per cassazione lamentando, in particolare per un’accusa di estorsione, una violazione di legge e un vizio di motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale non aveva adeguatamente valutato gli elementi a suo carico, che anzi sembravano dipingerlo più come una vittima che come un partecipe attivo del reato contestato.

La Decisione della Corte di Cassazione: la necessità di una motivazione specifica

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del Riesame limitatamente al reato di estorsione e rinviando gli atti per un nuovo giudizio. Il cuore della decisione risiede nella severa critica mossa alla modalità espositiva del provvedimento impugnato. La Corte ha stigmatizzato la scelta del Tribunale di redigere una motivazione di oltre 460 pagine, in cui gli elementi di prova venivano riprodotti in modo confuso e generalizzato per tutti gli indagati, senza una disamina mirata sulla posizione specifica del ricorrente.

Le Motivazioni

I giudici di legittimità hanno affermato un principio cardine della procedura penale: non è consentito delegare alla Corte di Cassazione la valutazione diretta delle fonti di prova o l’individuazione degli elementi probatori rilevanti. Il Tribunale del Riesame ha il dovere di “enucleare”, ovvero estrapolare e analizzare puntualmente, gli elementi posti a fondamento della gravità indiziaria per ogni singolo indagato e per ogni singola accusa.

Nel caso di specie, il Tribunale si era limitato a un richiamo generico a circa 450 pagine di risultanze investigative, senza poi, nella parte dedicata alla posizione del ricorrente, descrivere concretamente le prove che ne avrebbero dimostrato il concorso nel reato di estorsione. Questo approccio rende la motivazione meramente apparente e rende impossibile per la Cassazione esercitare il proprio controllo di legittimità. In pratica, il provvedimento mancava di una motivazione specifica e si risolveva in una riproduzione indifferenziata di atti che non spiegava il percorso logico-giuridico seguito dal giudice per affermare la responsabilità del singolo.

Conclusioni

Questa sentenza rappresenta un importante monito per i giudici di merito sull’importanza della redazione di provvedimenti chiari, specifici e individualizzati. Una motivazione non può essere una semplice congerie di atti investigativi, ma deve essere il risultato di un’analisi critica e ragionata, che permetta all’indagato di comprendere le accuse a suo carico e al giudice superiore di verificare la correttezza del ragionamento. La libertà personale è un bene primario e ogni sua limitazione deve essere supportata da argomentazioni solide, trasparenti e, soprattutto, specifiche.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare?
La Corte ha annullato l’ordinanza perché il Tribunale del Riesame non ha fornito una motivazione specifica e individuale. Invece di analizzare puntualmente le prove a carico del singolo ricorrente per il reato contestato, ha fatto un richiamo generico e confuso a centinaia di pagine di atti investigativi validi per tutti gli indagati, rendendo la motivazione solo apparente.

Cosa significa che una motivazione deve ‘enucleare’ gli elementi di prova?
Significa che il giudice ha l’obbligo di estrarre e isolare, dalla massa complessiva delle prove raccolte, quegli elementi specifici che si riferiscono alla posizione di un singolo indagato, analizzandoli in modo puntuale per dimostrare come essi supportino l’accusa mossa nei suoi confronti.

Qual è il compito del Tribunale del Riesame secondo questa sentenza?
Il Tribunale del Riesame non può limitarsi a confermare una misura cautelare con motivazioni generiche. Ha il dovere di condurre una disamina autonoma e specifica della posizione processuale dell’indagato, vagliando criticamente gli elementi di prova a suo carico per verificare la sussistenza della gravità indiziaria, senza delegare tale compito alla Corte di Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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