Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 26288 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 26288 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VERZINO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 11/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Procuratore generale, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Roma, con la sentenza indicata in epigrafe, ha confermato con riferimento a COGNOME NOME la pronuncia con la quale, all’esito di rito abbreviato, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Roma del 26/05/2022 aveva dichiarato l’imputato responsabile dei reati a lui ascritti ai capi A16), A18), A19) avvinti dal vincolo della continuazione sotto il più grave reato di cui al capo A19) e, riconosciute le attenuanti generiche, lo aveva condannato alla pena di anni tre di reclusione ed euro 14.000 di multa con interdizione dai pubblici uffici per la durata di anni cinque.
NOME COGNOME propone ricorso per cassazione censurando la sentenza, con il primo motivo, per violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla condanna per il capo A16). La difesa si duole del fatto che lo COGNOME sia stato ritenuto responsabile di aver fatto da intermediario nella vendita di 200 grammi di marijuana tra COGNOME NOME e COGNOME NOME sulla base di un solo dato indiziario, costituito dalla conversazione telefonica n.18048, dal quale sono stati desunti due fatti ignoti, così violando il divieto di doppia presunzione. La Corte di appello ha ritenuto dimostrato che nel corso della conversazione telefonica tra COGNOME e COGNOME le «due birre» citate dai conversanti non fossero bevande ma altro, muovendo da premesse connotate da un rilevante tasso di incertezza in quanto marcatamente congetturali e ipotetiche. Il ragionamento probatorio svolto dal giudice di appello inverte i poli del ragionamento indiziario descritto dall’art.192, comma 2, cod. proc. pen. ritenendo che l’esclusione di possibili ipotesi alternative possa supplire alla carenza di certezza dell’indizio.
2.1. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla condanna per il reato di cui al capo A18). La Corte territoriale si è limitata a richiamare i medesimi elementi del giudice di primo grado, dotati di valenza meramente presuntiva e disancorati dai fatti evidenziati dalla difesa. Si è attribuita alla conversazione telefonica un’interpretazione distinta da quella lessicalmente corretta; la Corte di appello ha fornito una motivazione di pochissime righe, con asserzioni di principio. In merito agli elementi di prova valutati dal giudice di appello con riferimento all’asserito acquisto di 50 grammi di cocaina dal COGNOME, il vuoto probatorio è stato colmato con presunzioni congetturali prive di riscontri esterni procedendo per inferenze successive fondate su dati di fatto non univoci. Nulla è dato sapere su quanta sostanza stupefacente il ricorrente abbia acquistato, né può dirsi
accertato che il COGNOME abbia ceduto al ricorrente proprio la sostanza che l’NOME gli avrebbe venduto poche ore prima.
2.2. Con il terzo motivo deduce omessa motivazione in relazione alle specifiche doglianze svolte alle pagg.7-8 dell’atto di impugnazione in relazione al delitto di cui al capo A19). Sul tema l’omissione motivazionale è totale, con violazione dell’art.125 cod. proc. pen.
2.3. Con il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione per il mancato riconoscimento dell’ipotesi di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309. La Corte territoriale ha negato la diversa qualificazione del fatto sul presupposto del quantitativo di sostanza stupefacente trattato al capo A16) e la qualità e quantità dello stupefacente di cui agli altri capi di imputazione, valorizzando esclusivamente il presunto dato ponderale e qualitativo della sostanza stupefacente, accertato tramite elementi desumibili da intercettazioni telefoniche, in assenza di un effettivo riscontro sul peso e sul principio attivo dell’ipotizzata sostanza stupefacente ceduta e acquistata; la fattispecie di speciale tenuità non può essere disconosciuta esclusivamente per un dato quantitativo e qualitativo accertato da dialoghi intercettati, in assenza di prova certa in ordine al peso ponderale della sostanza e in ordine a parametri percentuali di principio attivo.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità in quanto aspecifici.
Con riguardo al capo A16), inerente alla cessione di 200 grammi di marijuana da COGNOME NOME a COGNOME NOME attraverso l’intermediazione di COGNOME NOME in Bologna il 19 novembre 2018, dalla lettura della motivazione della sentenza di primo grado (pagg. 67 e seguenti) risulta una approfondita disamina delle acquisizioni investigative, segnatamente intercettazioni telefoniche e localizzazioni mediante installazione di sistema GPS sul veicolo del COGNOME. In particolare, viene richiamata un’intercettazione telefonica del 20 settembre 2018 (progr. 1274) intercorsa tra COGNOME e
COGNOME nella quale i due si accordano per incontrarsi da «NOME»; tale incontro avviene, in base a quanto emerge da una successiva conversazione (progr. 1285) e in base alla localizzazione del veicolo del COGNOME nella via dove abita COGNOME NOME; elementi corroborati dalle celle agganciate dalla utenza del COGNOME. Vengono menzionate anche precedenti intercettazioni dalle quali è stato possibile accertare come COGNOME svolgesse attività di spaccio anche a Bologna, così da corroborare l’interpretazione delle intercettazioni riguardanti il reato in esame. I giudici di merito hanno, dunque, logicamente ritenuto acquisita da plurimi indizi dotati di certezza la prova che COGNOME si fosse recato il 19 novembre 2018 presso l’abitazione di COGNOME NOME, previo accordo con COGNOME NOME (progr. 18042), come emerso dalla localizzazione mediante sistema GPS, dopo essersi fermato da COGNOME NOME che, nel contempo, aveva avvisato COGNOME NOME che COGNOME stava per arrivare (progr. 18048). Il dato dal quale si è desunta l’entità della cessione è stato indicato nella conversazione tra COGNOME e COGNOME (progr. 18048) in cui i conversanti parlano di «due birre grandi chiuse» e dal concordante indizio della cessione, avvenuta immediatamente dopo, di 200 grammi di marijuana da parte del COGNOME a favore di un terzo acquirente (progr. 1359), nonché nella ulteriore conversazione registrata alle 18.05 nel corso della quale COGNOME chiede a COGNOME se COGNOME abbia ritirato le birre grandi, ricevendone conferma (progr. 18070). Le allegazioni difensive, fondate sul presupposto che sia stata operata una doppia presunzione sulla base di un unico elemento indiziario, risultano del tutto aspecifiche in quanto prive di adeguato confronto con l’insieme delle acquisizioni istruttorie esaminate dai giudici di merito, così da rendere pienamente congrua la replica fornita ai motivi di appello a pag.13 della sentenza impugnata dalla Corte territoriale, che ha sottolineato come le conversazioni dovessero essere lette in collegamento le une con le altre, non potendosi accedere alla parcellizzazione proposta dalla difesa. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Analoga considerazione merita il secondo motivo di ricorso, inerente al reato contestato al capo A18), posto che, secondo quanto si evince dalla motivazione offerta alle pagg.71 e seguenti della sentenza di primo grado, emerge con chiarezza come tra il 13 e il 14 dicembre 2018 NOME si fosse approvvigionato di 200 grammi di cocaina da NOME, manifestando a più riprese la propria soddisfazione per la purezza della sostanza. Subito dopo aver provato la qualità della droga COGNOME aveva chiamato COGNOME (progr. 18281) e al figlio di quest’ultimo, NOME, aveva detto di riferire al padre che era arrivato «NOME»; il giorno dopo
COGNOME e COGNOME si erano accordati per incontrarsi (progr. 18395 e 18550) e il primo, dopo aver ricevuto dalla NOME la consegna della sostanza stupefacente il 14 dicembre 2018, era stato localizzato a Bologna alle ore 21:23, dove aveva consegnato a COGNOME, come desumibile dalle intercettazioni, 50 grammi di cocaina. Anche con riferimento a tale reato le allegazioni difensive, che descrivono solo parzialmente su quali risultanze investigative si sarebbero fondate le conformi sentenze di merito, non superano il vaglio di ammissibilità in quanto aspecifiche, come ulteriormente desumibile dal richiamo fatto a pag.13 della sentenza impugnata alle conversazioni riportate dal primo giudice. La Corte territoriale ha evidenziato come le conversazioni intercettate non lasciassero spazio a dubbi interpretativi essendo assolutamente esplicite; in ogni caso, l’interpretazione del tenore di conversazioni intercettate è questione di fatto insindacabile in sede di legittimità ove non travisante né arbitraria.
4. Con riguardo al reato contestato al capo A19), relativo all’accordo concluso tra COGNOME e COGNOME NOME, con l’intermediazione di COGNOME, per la vendita di 37 ovuli contenenti 116 grammi di cocaina, in Roma il 3 gennaio 2019, i giudici di merito hanno rimarcato che il COGNOME era stato arrestato in flagranza di reato prima di partire per la Calabria, dove avrebbe dovuto consegnare lo stupefacente. Le intercettazioni descritte alle pagg. 74 e seguenti della sentenza di primo grado erano state ritenute ampiamente dimostrative dell’accordo intercorso tra COGNOME e COGNOME circa la trasferta del primo in Calabria, dove COGNOME aveva già trovato dei clienti (progr. 35375), nonché della proposta fatta da COGNOME a COGNOME di fare una trasferta in Calabria per portargli 100 grammi di sostanza stupefacente (progr. 35602). Tale accordo era stato ulteriormente confermato dall’intercettazione del 30 dicembre 2018, nella quale COGNOME informava COGNOME dell’imminente arrivo di COGNOME in Calabria (progr. 36114), corroborato dall’acquisto da parte di quest’ultimo del biglietto del pullman della compagnia Flixbus per la Calabria; la trasferta si era, poi, interrotta con l’arresto del COGNOME alla stazione Tiburtina in quanto trovato in possesso di 37 ovuli contenenti 116 grammi di cocaina celati negli slip. A seguito di consulenza tecnica era stato accertato che la sostanza sequestrata corrispondeva a 520 dosi circa di cocaina di elevata purezza. Era stata, ulteriormente, indicata, a conferma dell’intermediazione ascritta al ricorrente, la conversazione nella quale COGNOME informava NOME dell’arresto del COGNOME. La dettagliata descrizione delle prove valutate dal giudice di primo grado avrebbe reso necessaria un’altrettanto specifica elaborazione del relativo motivo di appello tendente a confutarne il ragionamento, ma la difesa si duole dell’omessa motivazione sul punto senza indicare il tenore della doglianza sulla
quale la Corte territoriale si sarebbe dovuta pronunciare. La Corte territoriale ha, peraltro, espressamente replicato anche con riguardo alle allegazioni difensive attinenti a tale capo d’imputazione, ponendo in correlazione la preventivata trasferta in Calabria del COGNOME con la vicenda occorsa il 13 e il 14 dicembre 2018 (capo A18) e ritenendo irrilevante che al momento del suo arresto, avvenuto poco prima che iniziasse il viaggio in Calabria il 3 gennaio 2019, quest’ultimo fosse stato trovato in possesso di quantitativi diversi da quelli in precedenza acquistati. Osserva il Collegio che la genericità del motivo di ricorso con il quale si lamenta l’omessa motivazione su una censura formulata in grado di appello, senza alcuna indicazione del tenore di tale censura, non consente alla Corte di legittimità di valutare se il motivo di appello sul quale la Corte territoriale non si è pronunciata fosse, a sua volta, ammissibile. E’ stato, in proposito affermato in precedenti pronunce che il difetto di motivazione della sentenza di appello in ordine a motivi generici, proposti in concorso con altri motivi specifici, non può formare oggetto di ricorso per cassazione, poiché i motivi generici restano viziati da inammissibilità originaria, quand’anche il giudice dell’impugnazione non abbia pronunciato in concreto tale sanzione (Sez. 5, n. 44201 del 29/09/2022, Testa, Rv. 283808 – 01; Sez. 3, n. 10709 del 25/11/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262700 – 01)
Anche il terzo motivo di ricorso è privo di confronto con i dati istruttori e con la stessa prova scientifica esaminati in merito alla qualità e alla quantità della sostanza. Contrariamente a quanto allegato dal ricorrente, nelle conformi sentenze di merito i giudici hanno valorizzato il dato ponderale e qualitativo della sostanza stupefacente sulla base di prova certa in ordine al peso e al principio attivo inerenti al reato di cui al capo A19) e per i reati satellite sulla base de chiaro contenuto dei dialoghi intercettati, corroborati da ulteriori intercettazioni rivelatrici della successiva cessione per il capo A16) e del precedente acquisto per il capo A18). In difetto di confronto con tali elementi la censura risulta generica.
Essendo il ricorso inammissibile e, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 2000), alla condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura indicata in dispositivo.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa dell ammende.
Così deciso il 6 giugno 2024
Il onsieJiere estensore
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Il Presidente