Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17491 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17491 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 12/03/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 12/03/2025 R.G.N. 42644/2024
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato in Venezuela il 23/10/1957
avverso la sentenza del 04/04/2024 della Corte di appello di Catania emessa nei confronti di COGNOME NOME e COGNOME NOME visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.:
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con le quali il sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
preso atto che il difensore del ricorrente, avv. NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte;
letta la memoria depositata dal difensore dell’imputato COGNOME, avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria depositata dal difensore dell’imputato COGNOME Francesco, NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia del Tribunale di Ragusa emessa in data 18/11/2026 che, all’esito di giudizio dibattimentale, aveva assolto NOME COGNOME e COGNOME Salvatore dai delitti di usura loro rispettivamente ascritti per insussistenza dei fatti.
Ha proposto ricorso per cassazione la parte civile NOME COGNOME tramite il difensore
di fiducia, articolando due motivi.
2.1 Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata per avere la Corte di appello pedissequamente richiamato il costrutto argomentativo della pronuncia di primo grado, nonostante il quadro probatorio fosse diverso, in ragione della disposta rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con nuovo esame della persona offesa, del figlio della stessa e del consulente del pubblico ministero in ordine ai singoli episodi di usura contestati.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata in punto di sussistenza della pattuizione usuraria.
La Corte di appello ha ritenuto non provato un accordo di tal fatta, assunto che si pone in contrasto con le risultanze dibattimentali, in particolare con la documentazione acquisita (copie degli assegni e appunti scritti di pugno dall’imputato COGNOME). Il collegio di merito ha omesso di analizzare i singoli rapporti economici intervenuti tra le parti che nel ricorso vengono ricostruiti nel dettaglio (pagine 5 e 6) con riferimento a ciascuno degli undici assegni emessi da NOME COGNOME (figlio della parte civile costituita) e consegnati all’imputato COGNOME quale corrispettivo delle somme di denaro da quest’ultimo elargite, sostenendo che tali le dazioni avevano avuto carattere usurario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso Ł inammissibile.
Manifestamente infondato Ł il primo motivo con il quale si deduce il vizio di motivazione della sentenza impugnata che ha confermato la pronuncia di primo grado richiamandone pedissequamente il costrutto argomentativo, nonostante la rinnovata istruttoria dibattimentale.
La Corte di appello – investita del gravame interposto dalla parte civile, odierna ricorrente, avverso l’epilogo assolutorio per insussistenza dei fatti di usura contestati – ha doverosamente proceduto a nuovo esame della persona offesa NOME COGNOME, del figlio della stessa ( NOME COGNOME) e del consulente del pubblico ministero in ordine ai singoli episodi usurari, fonti dichiarative che, unitamente alla documentazione acquisita, il primo giudice aveva ritenuto non sufficienti a fornire la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, di una effettiva pattuizione usuraria intervenuta tra NOME COGNOME e ciascuno degli imputati.
All’esito della disposta rinnovazione, la Corte territoriale – nell’operare l’apprezzamento del materiale probatorio raccolto, che Ł proprio del giudice di merito – ha rilevato come le prove orali riassunte non avevano offerto alcun elemento nuovo di valutazione. In particolare, la testimonianza della persona offesa non aveva chiarito le opacità della ricostruzione fattuale della vicenda precisamente evidenziate nella sentenza assolutoria di primo grado; il contributo reso da NOME COGNOME era risultato di valenza neutra ed il consulente del Pubblico Ministero aveva semplicemente ribadito le valutazioni già espresse nel corso del dibattimento, peraltro fondate sui soli documenti prodotti dalla parte civile.
Correttamente, pertanto, il giudice di appello ha ritenuto che, nonostante la disposta integrazione probatoria, il quadro probatorio fosse rimasto del tutto immutato e, conseguentemente, ha confermato la pronuncia assolutoria di primo grado, in assenza di elementi nuovi sui quali poter fondare un giudizio di responsabilità degli imputati che avrebbe imposto l’adozione della cd. motivazione rafforzata.
Non si vede quale contraddittorietà o manifesta illogicità possa essere ravvisata in tale costrutto argomentativo che, invece, Ł del tutto coerente con le rinnovate risultanze probatorie ed in
linea con il consolidato principio giurisprudenziale di questa Corte secondo cui, nel caso di ribaltamento della sentenza assolutoria, l’eventuale rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sul medesimo materiale già valutato in prima istanza ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, deve essere sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare carenze o insufficienze della decisione assolutoria la quale, quindi, si rivela, a fronte di quella riformatrice, non piø sostenibile neppure nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza; la motivazione rafforzata deve quindi mettere in luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno, confezionando una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (cfr., ex multis, Sez. 6, n. 14444 del 21/02/2023, P., Rv. 2845-03; Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022 dep. 17.4.2023, B., Rv. 284493-03; Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056).
E’ inammissibile anche il secondo motivo di ricorso che, pur formalmente deducendo un vizio di motivazione della sentenza impugnata, di fatto propone al giudice di legittimità la rivalutazione del compendio probatorio di natura documentale con riferimento ai singoli rapporti economici intervenuti tra la parte civile ricorrente e gli imputati (alternativamente ricostruiti alle pagine 5 e 6 del ricorso in termini di pattuizione usuraria), già puntualmente esaminati e vagliati da entrambi i giudici di merito che li ha ritenuti non sufficientemente probanti.
Va ricordato che le doglianze inerenti alla ricostruzione dei fatti, tese a sollecitare una rivisitazione del materiale di prova in un senso considerato piø plausibile non sono consentite in questa sede; la valutazione dei dati processuali e la scelta, tra i vari risultati probatori, di quelli ritenuti piø idonei a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento (cfr., ex multis, Sez. 2, n. 10255 del 29/11/2019, Fasciani, Rv. 278745; Sez. 3, n.18521del 11/01/2018, COGNOME, Rv. 273217; Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME, Rv. 271623).
Deve, dunque, essere ribadito il principio secondo il qualeŁ preclusa alla Corte di cassazione la possibilità di una nuova valutazione delle risultanze acquisite, da contrapporre a quella effettuata dal giudice di merito, attraverso una diversa lettura, sia pure anch’essa logica, dei dati processuali o una diversa ricostruzione storica dei fatti o un diverso giudizio di rilevanza o comunque di attendibilità delle fonti di prova.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 12/03/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME