Patteggiamento e Motivazione: Quando il Ricorso è Inammissibile?
L’istituto del patteggiamento, o applicazione della pena su richiesta delle parti, rappresenta una delle colonne portanti dei riti alternativi nel nostro processo penale. Esso permette di definire il procedimento in modo rapido, con un accordo tra accusa e difesa sulla pena da applicare. Tuttavia, quali sono i limiti del controllo del giudice e, di conseguenza, quali sono i margini per impugnare la sentenza che ne deriva? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce la natura e i confini della motivazione della sentenza di patteggiamento, stabilendo criteri rigorosi per l’ammissibilità del ricorso.
I Fatti del Caso: Un Aumento di Pena in Continuazione
Il caso trae origine da una sentenza del Tribunale di Rieti, emessa secondo il rito del patteggiamento. L’imputato vedeva applicarsi una pena di tre mesi di reclusione e 133 euro di multa. Questa pena non era autonoma, ma costituiva un aumento a titolo di continuazione rispetto a reati già giudicati con una precedente sentenza, divenuta irrevocabile, del Tribunale di Venezia. I nuovi fatti contestati erano relativi a reati di sostituzione di persona e truffa.
L’imputato, tramite il suo difensore, decideva di presentare ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione specifico in relazione al reato di sostituzione di persona (art. 494 c.p.).
La Decisione della Corte: La Specificità della Motivazione nel Patteggiamento
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso totalmente inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: la motivazione della sentenza di patteggiamento ha una natura del tutto peculiare e non può essere assimilata a quella di una sentenza emessa all’esito di un dibattimento ordinario.
Il ricorso è stato giudicato generico e, come tale, non idoneo a superare il vaglio di ammissibilità della Corte. Questa conclusione apre la porta a una riflessione più ampia sui poteri di controllo del giudice del patteggiamento e sulle reali possibilità di impugnazione per la difesa.
Le Motivazioni: I Limiti del Controllo Giudiziale sul Patteggiamento
La Corte di Cassazione ha ripercorso i cardini del giudizio ex art. 444 c.p.p. La motivazione del giudice in questo contesto si articola in una duplice delibazione.
Una positiva, che riguarda:
1. La sussistenza dell’accordo tra le parti.
2. La correttezza della qualificazione giuridica del fatto.
3. La congruità della pena concordata, anche in relazione ai principi costituzionali.
4. L’eventuale concedibilità di benefici come la sospensione condizionale della pena.
Una negativa, che consiste nell’escludere la presenza di cause di non punibilità, improcedibilità o estinzione del reato, come quelle previste dall’art. 129 c.p.p. (obbligo del proscioglimento immediato).
È proprio su quest’ultimo punto che la Corte si sofferma. L’obbligo di motivare l’assenza di cause di proscioglimento sorge solo se dagli atti emergono elementi concreti che ne suggeriscano l’esistenza. In caso contrario, è sufficiente una verifica implicita, con esito negativo. La sentenza di patteggiamento, infatti, si basa su un accordo che implica una sostanziale ammissione di responsabilità da parte dell’imputato. Un accertamento esplicito e dettagliato della colpevolezza è estraneo alla logica di questo rito. Di conseguenza, la motivazione può essere sintetica ed essenziale, purché dia atto che il giudice ha esaminato i fatti salienti e ha ritenuto corretta la qualificazione giuridica e congrua la pena.
Il ricorso dell’imputato è stato ritenuto generico proprio perché non indicava elementi concreti che il giudice di merito avrebbe ignorato, limitandosi a contestare la concisione della motivazione. Secondo la Corte, una sentenza che, seppur sinteticamente, palesa l’esame dei fatti e le ragioni della corretta qualificazione giuridica e congruità della pena è pienamente legittima.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche per la Difesa
La pronuncia in commento offre una lezione chiara: impugnare una sentenza di patteggiamento per vizio di motivazione è un’operazione complessa e dagli esiti incerti. Non è sufficiente lamentare una motivazione scarna o sintetica. Per avere speranze di successo, il ricorso deve:
– Essere specifico: deve indicare con precisione gli elementi concreti, emergenti dagli atti, che il giudice avrebbe dovuto considerare per pronunciare una sentenza di proscioglimento ex art. 129 c.p.p.
– Evidenziare un errore di diritto palese: deve dimostrare che la qualificazione giuridica data ai fatti è manifestamente errata o che la pena applicata è illegale.
Un’impugnazione generica, che si limiti a criticare la brevità delle argomentazioni del giudice, è destinata a essere dichiarata inammissibile, con la conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.
Qual è lo scopo principale della motivazione in una sentenza di patteggiamento?
La motivazione serve a verificare la correttezza dell’accordo tra le parti, la giusta qualificazione giuridica dei fatti, la congruità della pena e l’assenza di evidenti cause di proscioglimento immediato (ex art. 129 c.p.p.). Non richiede un’analisi approfondita della responsabilità penale dell’imputato.
È possibile contestare una sentenza di patteggiamento per motivazione insufficiente?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non basta che la motivazione sia sintetica. Il ricorso deve dimostrare che il giudice ha ignorato elementi concreti presenti negli atti che avrebbero imposto il proscioglimento, oppure che ha commesso un palese errore di diritto nella qualificazione del reato o nel calcolo della pena.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché era ‘del tutto generico’. Non indicava elementi specifici a sostegno della tesi difensiva, ma si limitava a lamentare genericamente il vizio di motivazione, senza dimostrare perché la decisione del Tribunale fosse errata in punto di diritto.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14103 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 2 Num. 14103 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Napoli il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia avverso la sentenza in data 06/12/2023 del Tribunale di Rieti; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; preso atto che il procedimento viene trattato nelle forme del rito de plano ex art. 610, comma 5-bis cod. proc. pen.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza ex art. 444 cod. proc. pen., il Tribunale di Rieti, ritenuta la continuazione tra i fatti contestati (artt. 81 cpv., 110, 494, 640, secondo comma, n. 2-bis, cod. pen.) e quelli già giudicati con sentenza del Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Venezia in data 24/07/2021 (irrevocabile in data 21/02/2023), considerato come più grave il capo F) della citata sentenza, tenuto conto della diminuente per il rito, applicava a NOME COGNOME, quale aumento a titolo di continuazione per i reati a lui ascritti, la pena di mesi tre di reclusione ed euro 133 di multa.
Avverso la predetta sentenza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione per lamentare vizio di motivazione in relazione al reato di cui all’art. 494 cod. pen.
3. Il ricorso è inammissibile.
4. La motivazione della sentenza di applicazione della pena ex art. 444 cod. proc. pen. si esaurisce in una duplice delibazione, una positiva e l’altra negativa. Positiva, quanto all’accertamento: a) della sussistenza dell’accordo tra le parti sull’applicazione di una determinata pena; b) della correttezza della qualificazione giuridica del fatto, nonché dell’applicazione o della comparazione delle eventuali circostanze; c) della congruità della pena patteggiata, ai fini e nei limiti di cu all’art. 27, comma 3 Cost.; d) della concedibilità della sospensione condizionale della pena, qualora l’efficacia della richiesta sia stata subordinata al riconoscimento del beneficio. Negativa, quanto all’esclusione della sussistenza di cause di non punibilità o di non procedibilità o di estinzione del reato. Le delibazioni positive devono essere necessariamente sorrette dalla concisa esposizione dei relativi motivi di fatto e di diritto, mentre per quanto riguarda il giudizio negativo sulla ricorrenza di alcuna delle ipotesi previste dall’art. 129, l’obbligo dell motivazione, per la natura stessa della delibazione, sussiste soltanto nel caso in cui dagli atti o dalle dichiarazioni delle parti risultino elementi concreti in ordin alla non ricorrenza delle suindicate ipotesi; in caso contrario, è sufficiente la semplice enunciazione, anche implicita, di avere effettuato, con esito negativo, la verifica richiesta dalla legge e cioè che non ricorrono gli estremi per la pronuncia di sentenza di proscioglimento ex art. 129. Invero, l’accertamento della responsabilità, proprio perché solo implicito, non deve essere espressamente motivato essendo estraneo alla sentenza di patteggiamento che si fonda su un accordo delle parti su tutti gli elementi relativi al reato e alla pena nonché su una sostanziale ammissione di responsabilità dell’imputato (cfr., Sez. U, n. 5777 del 27/03/1992, COGNOME, Rv. 191135). Di conseguenza, si è affermato in giurisprudenza che, quando il giudice accetta integralmente la proposta delle parti dopo aver valutato la presenza delle condizioni previste dalla legge per la pronuncia della sentenza di patteggiamento, la motivazione dev’essere necessariamente sintetica ed essenziale, non avendo l’imputato interesse a lamentarsi di siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica posto che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile (Sez. 1, n. 4951 del 31/10/1994, Padilla Chavez, Rv. 199800). Pertanto, con specifico riferimento alla nullità della sentenza per difetto di motivazione si è statuito che non può essere denurciata per vizio di Corte di Cassazione – copia non ufficiale
motivazione la sentenza che, sia pur sinteticamente, ma compiutamente e comunque con adeguatezza, palesa che il giudice abbia preso in esame i fatti salienti evidenziati dagli atti ed abbia indicato le ragioni essenziali del convincimento al quale il medesimo è pervenuto in ordine alla corretta qualificazione giuridica dei fatti stessi e alla congruità della pena applicabile (Cass. Sez. 6, n. 1109 del 11/07/1990, dep. 1991, Antonacci, Rv. 186280).
La motivazione della sentenza qui ricorsa è pienamente conforme ai sunnominati criteri anche con riferimento al reato di cui all’art. 494 cod. pen.; di contro, l’impugnazione proposta si rivela del tutto generica e, come tale, inammissibile.
Alla pronuncia consegue, per il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 28/03/2024.