Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 9394 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 9394 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ALTAMURA il 11/04/1971
avverso la sentenza del 06/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente alle aggravanti contestate, rigettando nel resto il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La sentenza impugnata è stata pronunziata il 3 aprile 2024 dalla Corte di appello di Bari, che – per quanto qui di interesse – ha confermato la sentenza del Tribunale di Bari, che aveva condannato NOME NOME per bancarotta
fraudolenta, in relazione alla società “RAGIONE_SOCIALE, fallita il 18 giu 2012.
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’imputato – in qualità di amministratore unico – avrebbe sottratto e distrutto i libri e le altre scritture contabili, «in modo tal non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari, allo scopo di recare pregiudizio ai creditori e di procurarsi un ingiusto profitto». Avrebbe, inoltre, azzerato, nel bilancio relativo all’anno 2008, il conto “debiti verso i soci per finanziamenti”, nel quale era annotato un importo di euro 30.174,00.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la motivazione della sentenza impugnata, nella parte relativa alla sussistenza dell’elemento soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta documentale, sarebbe carente. La Corte di appello, infatti, avrebbe desunto il dolo esclusivamente dalla mancata consegna dei libri e delle scritture contabili.
2.2. Con un secondo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Contesta la sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, sostenendo che, dall’istruttoria dibattimentale, non sarebbe emersa alcuna condotta di distrazione di beni societari in danno dei creditori, né la prova dell’elemento soggettivo del reato.
Dalla relazione del curatore fallimentare, anzi, emergeva che: non erano «emersi fatti di distrazione, occultamento o sottrazione di beni o attività della società fallita»; non erano «stati eseguiti pagamenti sospetti illegittimi o in violazione della par condicio creditorum».
2.3. Con un terzo motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale.
Sostiene che la Corte di appello avrebbe confermato la responsabilità dell’imputato, per il reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale, «per avere azzerato, nel corso dell’anno 2008, il conto debiti verso soci per finanziamenti per la somma di euro 30.174,00, allo scopo di favorire i soci».
Tanto premesso, sostiene che, nella scarna motivazione della sentenza, la Corte territoriale nulla avrebbe detto a sostegno di tale decisione.
2.4. Con un quarto motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione all’art. 219 legge fall.
Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe completamente priva di motivazione in ordine all’applicazione delle aggravanti dell’aver cagionato un
danno di particolare gravità e dell’aver commesso più fatti di bancarotta. La Corte d’appello, infatti, si sarebbe limitata ad affermare che: «trova ampia giustificazione l’aggravante contestata».
2.5. Con un quinto motivo, deduce i vizi di motivazione e di inosservanza di norme processuali, in relazione all’art. 219 legge fall.
Sostiene che la sentenza impugnata sarebbe completamente priva di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell’attenuante dell’avere cagionato un danno patrimoniale di speciale tenuità, sebbene l’applicazione di tale attenuante fosse stata specificamente richiesta con l’atto di appello.
2.6. Con un sesto motivo, deduce i vizi di motivazione e di erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 216 legge fall.
Contesta l’entità delle pene accessorie applicate, sostenendo che la Corte di appello non avrebbe adeguatamente motivato in relazione alla durata delle medesime.
2.7. Con un settimo motivo, deduce il vizio di motivazione, in relazione agli artt. 62-bis, 132 e 133 cod. pen.
Contesta il giudizio di bilanciamento delle circostanze del reato, sostenendo che i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere le attenuanti generiche prevalenti sulle contestate aggravanti, con conseguente riduzione della pena applicata e riconoscimento della sospensione condizionale della pena.
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di annullare la sentenza impugnata, limitatamente alle aggravanti contestate, rigettando nel resto il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere accolto.
1.1. I primi quattro motivi di ricorso – che possono essere analizzati congiuntamente, essendo correlati tra loro – sono fondati.
La motivazione della sentenza impugnata, contenuta, per quanto riguarda il giudizio di responsabilità, a pagina 5 del provvedimento, risulta non solo estremamente sintetica, ma anche poco chiara, non essendo desumibile con certezza neppure quali specifiche forme di bancarotta la Corte di appello abbia ritenuto dimostrate e quali circostanze abbia applicato.
La Corte di appello, invero, non chiarisce bene se abbia ritenuto dimostrata la bancarotta documentale specifica oppure quella generica, facendo prima riferimento all’impossibilità di ricostruire il patrimonio e le attività della socie che sono elementi che rilevano rispetto alla bancarotta generica – per poi
sostenere che la documentazione sarebbe stata distrutta «per le finalità contestate», in tal modo riferendosi agli elementi della bancarotta documentale specifica.
La Corte territoriale, inoltre, sovrappone a tali argomentazioni quelle relative a un presunto impossessamento da parte dell’imputato degli utili dell’originaria società in nome collettivo – che, nel 2006, al momento della trasformazione della fallita in società a responsabilità limitata, sarebbero stati destinati al pagamento di debiti personali dell’amministratore -, senza far comprendere bene se, in considerazione di tale fatto, abbia ritenuto dimostrata anche la bancarotta fraudolenta patrimoniale per distrazione, ritenendo responsabile l’imputato anche di tale reato. La Corte territoriale, inoltre, non precisa neppure l’importo di ta sottrazioni né chiarisce come tale fatto sia ricollegabile all’imputazione, nella quale non solo non è richiamato l’art. 216, comma 1, n. 1, legge fall., ma non viene specificamente contestata la sottrazione di tali utili e la loro destinazione al pagamento di debiti personali dell’imputato, ma solo un azzeramento, nel corso dell’anno 2008, del conto «debiti verso i soci per finanziamenti».
Non si comprende neppure quale sia l’aggravante applicata dalla Corte di appello. Nella sentenza si afferma che «trova ampia giustificazione l’aggravante contestata», senza alcuna altra precisazione. Al riguardo, va rilevata non solo la completa mancanza di motivazione, ma anche la mancata precisazione dell’aggravante applicata, atteso che, nell’imputazione, veniva contestata sia l’aggravante dei più fatti di bancarotta che quella del danno patrimoniale di rilevante gravità.
1.2. I restanti motivi, attinenti alla durata delle pene accessorie, al possibile riconoscimento dell’attenuante dell’aver cagionato un danno patrimoniale di particolare tenuità, al giudizio di bilanciamento delle circostanze e al trattamento sanzionatorio, risultano assorbiti.
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere annullata, con rinvio per un nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Annulla la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di appello di Bari.
Così deciso, il 4 dicembre 2024.