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Motivazione sentenza appello: il giudice può integrare

Un soggetto condannato per ricettazione ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando il difetto di motivazione della sentenza di primo grado. La Suprema Corte ha respinto il ricorso, stabilendo che una carente motivazione della sentenza di primo grado non ne causa la nullità. Il giudice di secondo grado, infatti, ha pieni poteri per integrare o riscrivere ex novo la motivazione. Pertanto, la Corte ha confermato la validità della decisione impugnata, sottolineando come la corte d’appello avesse correttamente esercitato i propri poteri.

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Pubblicato il 24 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione sentenza appello: Quando il Giudice può integrare quella di primo grado

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema cruciale della procedura penale: i poteri del giudice di secondo grado di fronte a una sentenza di primo grado con una motivazione carente. La questione centrale riguarda la possibilità di integrare la motivazione sentenza appello senza dover annullare la decisione precedente. Questa pronuncia offre importanti chiarimenti sui limiti del vizio di motivazione e sulle facoltà della Corte d’Appello, delineando un principio di economia processuale fondamentale.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato, condannato per il reato di ricettazione ai sensi dell’art. 648 del codice penale. L’imputato lamentava, tra i vari motivi, la nullità della sentenza di primo grado per un presunto difetto assoluto di motivazione. Secondo la difesa, la decisione iniziale era talmente priva di un apparato argomentativo da non poter essere sanata in secondo grado. Inoltre, venivano contestati aspetti legati alla ricostruzione dei fatti e alla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, sostenendo che la Corte d’Appello non avesse valutato correttamente le prove.

La questione della motivazione sentenza appello

Il cuore della controversia si concentra sui poteri correttivi del giudice di secondo grado. L’appellante sosteneva che la mancanza di motivazione nel primo giudizio costituisse un vizio insanabile, tale da imporre l’annullamento della sentenza e la regressione del procedimento al primo giudice. Questo avrebbe significato ricominciare il processo da capo, con un notevole dispendio di tempo e risorse. La difesa mirava a dimostrare che la Corte d’Appello, nel confermare la condanna, non avesse fatto altro che ratificare una decisione nulla fin dall’origine.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo su tutta la linea le argomentazioni della difesa. I giudici di legittimità hanno ribadito un principio consolidato, citando anche le Sezioni Unite: la mancanza assoluta di motivazione nella sentenza di primo grado non rientra tra le cause di nullità previste tassativamente dall’art. 604 del codice di procedura penale.

La Corte ha chiarito che il giudice d’appello, in virtù dei suoi poteri di piena cognizione sui fatti, ha la facoltà non solo di integrare una motivazione carente, ma persino di redigerla integralmente qualora essa sia del tutto mancante. Nel caso specifico, i giudici hanno osservato che la sentenza di primo grado, pur presentando delle imprecisioni, conteneva comunque elementi sufficienti a collegare l’imputazione all’imputato e alle fonti di prova, escludendo così una mancanza totale di motivazione.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione sottolineando che la Corte d’Appello aveva agito correttamente, utilizzando i propri poteri per colmare le lacune della sentenza precedente attraverso un percorso argomentativo logico, completo e coerente. Per quanto riguarda gli altri motivi di ricorso, relativi alla valutazione delle prove, la Corte li ha ritenuti inammissibili. Essi, infatti, non rappresentavano una critica specifica alla sentenza d’appello, ma si risolvevano in una pedissequa reiterazione delle argomentazioni già respinte in secondo grado e, soprattutto, in un tentativo di ottenere una nuova valutazione del merito dei fatti, attività preclusa al giudice di legittimità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio fondamentale del nostro ordinamento processuale: il giudizio d’appello non è una mera revisione formale, ma un giudizio a tutto tondo che può sanare anche vizi motivazionali gravi della sentenza di primo grado. Il potere di integrare o riscrivere la motivazione sentenza appello garantisce l’efficienza del sistema giudiziario, evitando inutili regressioni del procedimento. Per gli avvocati, ciò significa che contestare la motivazione in Cassazione richiede una critica puntuale e specifica alla sentenza d’appello, dimostrando vizi logici o giuridici nel suo ragionamento, e non semplicemente riproponendo le stesse argomentazioni già disattese.

Se la sentenza di primo grado manca di motivazione, deve essere annullata dal giudice d’appello?
No, secondo la Cassazione, la mancanza assoluta di motivazione non rientra nei casi tassativi di nullità che impongono l’annullamento con rinvio al primo giudice. Il giudice d’appello può sanare tale vizio.

Qual è il potere del giudice d’appello di fronte a una motivazione carente della sentenza di primo grado?
Il giudice d’appello ha poteri di piena cognizione e valutazione del fatto. Di conseguenza, può integrare la motivazione carente o, se necessario, redigerla anche integralmente, senza dover annullare la sentenza.

Quando un motivo di ricorso in Cassazione è considerato inammissibile?
Un motivo è inammissibile quando tende a una rivalutazione delle prove, che è compito esclusivo dei giudici di merito, oppure quando si limita a ripetere le stesse censure già presentate e respinte in appello, senza una critica argomentata e specifica alla sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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