Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27721 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3
Num. 27721 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME nato a CECCANO jl 09/08/1978 COGNOME NOME nato a BOLOGNA il 28/02/1964 DI NOME nato a PESCARA il 10/05/1987
avverso la sentenza del 16/04/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME uditi il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili e l’avv.to NOME COGNOME, difensore di COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 16/4/2024, la Corte d’appello di Roma, in riforma della sentenza del GUP del Tribunale di Frosinone in data 7/3/2022:
in accoglimento della proposta di concordato avanzata nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME ha rideterminato la pena in anni tre, mesi dieci e giorni
venti di reclusione, previa declaratoria d’improcedibilità per prescrizione in relazione al reato contestato al capo bb);
ha assolto COGNOME NOME dal reato associativo per non aver commesso il fatto e ha rideterminato la pena al medesimo irrogata in un anno di reclusione riducendo in pari misura la durata delle pene accessorie;
ha confermato la sentenza appellata in ordine alla posizione di COGNOME
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso gli imputati, a mezzo dei difensori di fiducia.
2.1 Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME risulta articolato in due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia la violazione di legge, “avendo la Corte motivato per relationem senza il confronto con le censure dell’appellante e per travisamento del fatto”. Si passano, quindi, in rassegna le prove fondanti il giudizio di responsabilità e si deduce che:
dall’interrogatorio di COGNOME non emergeva che COGNOME avesse consapevolezza del fatto che le fatture emesse in favore della società JBC da società effettivamente esistenti fossero “gonfiate”;
COGNOME, contrariamente a quanto sostenuto dalla Corte territoriale, non si era mai incontrato con i responsabili delle “cartiere”, essendo emerso che aveva avuto contatti solamente con COGNOME;
la Corte territoriale, pur ritenendo le intercettazioni telefoniche significative, non si era confrontata con il motivo di appello che segnalava che, delle trentasei intercettazioni che riguardavano COGNOME, solo in tre “si parlava di ricambi” risultando, peraltro, il termine inserito in contesti comunicativi che non presentavano anomalia alcuna e che smentivano l’ipotesi dell’accusa secondo cui la parola era utilizzata per evocare il denaro;
i giudici di merito non si erano confrontati con l’argomento difensivo, volto a dimostrare che l’incontro dell’ 1/3/2017 non poteva avere avuto come scopo la restituzione di denaro a COGNOME, avendo la polizia rinvenuto € 9000,00 di denaro contante in possesso di COGNOME dopo che questi si era incontrato con COGNOME.
Si sostiene, quindi, che era rimasto provato che le prestazioni documentate dalle fatture che i giudici di merito avevano ritenuto “gonfiate” erano state pagate da COGNOME mentre non era stato dimostrato che tali corrispettivi fossero stati restituiti, anche solo in parte, a COGNOME.
Si lamenta, ancora, che la Corte d’appello aveva ignorato:
la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria dell’Emilia-Romagna del 7/7/2021 che aveva riconosciuto che le sponsorizzazioni e le pubblicità fatte dalla RAGIONE_SOCIALE nell’interesse della RAGIONE_SOCIALE erano effettivamente avvenute, prestazioni per la cui esecuzione la RAGIONE_SOCIALE si era avvalsa della collaborazione della RAGIONE_SOCIALE;
la sentenza del Tribunale di Bologna in data 11/6/2024, che aveva assolto COGNOME per “fatti analoghi”, rilevando che non potesse escludersi che COGNOME, per eseguire le prestazioni in favore della RAGIONE_SOCIALE si fosse avvalso della RAGIONE_SOCIALE utilizzandone il contributo senza aveva contezza del coinvolgimento della società in operazioni volte a frodare il fisco.
Si espone, quindi, che la sentenza impugnata aveva lasciato senza risposta i motivi di appello così incorrendo nella violazione dell’obbligo di motivazione denunciato.
2.2 Con il secondo motivo si denuncia il “difetto di motivazione e l’illogicità della stessa” in ordine alla quantificazione dei beni sottoposti a confisca.
Si deduce che la Corte d’appello aveva ritenuto che COGNOME si fosse avvalso di fatture “gonfiate” avendo COGNOME ammesso che “le operazioni riportate in fattura e le relative prestazioni furono sovrafatturate”.
La sentenza, tuttavia, non si cura, secondo il ricorrente, di determinare il valore delle prestazioni rese dalla società emittente in favore della società di RAGIONE_SOCIALE nØ determina il valore degli immobili siti in INDIRIZZO di proprietà, in ragione di 1/9, di Jacoboni per cui la confisca disposta era del tutto arbitraria essendo rimasta ignota tanto l’imposta evasa quanto il valore dei beni complessivamente confiscati.
3. Il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME si articola in due motivi.
Con il primo, si denuncia la violazione dell’art. 416 cod. pen. lamentando che la Corte d’appello si era limitata a richiamare la sentenza appellata che, a sua volta, aveva ripreso quanto sostenuto nei provvedimenti cautelari senza procedere a un vaglio critico del compendio probatorio. Si deduce, quindi, che COGNOME aveva avuto rapporti solo con COGNOME NOME COGNOME e “su ordine di questo, ha disposto i flussi finanziari ed ottenuto documenti contabili dei quali ne ha beneficiato la Pu bbl i evo l ution “.
3.1 Con il secondo motivo, si deduce la violazione degli artt. 125, 533 e 546 cod. proc. pen.
Si rileva che la Corte territoriale aveva ritenuto l’appello di COGNOME “alquanto generico” e, in sostanza, si era limitata a richiamare quanto esposto nella sentenza del GUP senza considerare, però, che le censure difensive non avevano attinto la sussistenza dell’associazione in quanto volte a rappresentare che COGNOME aveva avuto rapporti solo con COGNOME, con cui si era coordinato “per ricevere fatture e gestire i flussi finanziari”, senza avere rapporti con altri soggetti coinvolti nel procedimento, a parte “qualche sporadico contatto con la commercialista, NOME COGNOME” e senza che avesse la consapevolezza della sussistenza dell’associazione o fosse stato parte di un preventivo accordo, coinvolgente almeno tre persone, di carattere generale e continuativo volto a commettere una serie di reati.
Si aggiunge che:
non vi era prova della stabilità del vincolo associativo essendo stato del tutto circoscritto il ruolo di COGNOME NOME che, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, aveva sostenuto che era stato assunto dalla M.D.M. per accompagnare tre volte a settimana NOME COGNOME presso banche e uffici postali.
COGNOME la cui posizione era molto simile a quella di COGNOME, essendosi limitati entrambi a utilizzare le fatture per operazioni inesistenti loro messe a disposizione da COGNOME, era stato assolto dal reato associativo.
Il ricorso di COGNOME NOME COGNOME si compone di un solo motivo con cui si denuncia il vizio di motivazione, in tutte le sue declinazioni, in relazione agli artt. 125, 546 e 605 cod. proc. pen.
Si assume che la Corte territoriale “non aveva assolto all’obbligo motivazionale di disaminare le specifiche censure mosse dall’appellante”.
La difesa di COGNOME ha trasmesso note d’udienza con cui si ribadiscono le censure proposte con il ricorso richiamando in particolare le due sentenze della Corte di Giustizia Tributaria e del Tribunale di Bologna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi dei ricorsi impongono di chiarire che il giudice d’appello non Ł tenuto a rispondere a tutte le argomentazioni svolte nell’impugnazione, giacchØ le stesse possono essere disattese per implicito o per aver seguito un differente iter motivazionale o per evidente incompatibilità con la ricostruzione effettuata (Sez. 6, n. 1307 del 26/09/2002, dep. 2003, COGNOME, Rv. 223061 01; Sez. 6, n. 34532 del 22/06/2021, Depetris, Rv. 281935- 01; Sez. 3, n. 24429 del 27/5/2025, S.). In presenza di una doppia conforme in tema di affermazione di responsabilità, va, peraltro, ritenuta la validità della motivazione della sentenza d’appello per relationem a quella della decisione impugnata, sempre che le censure formulate contro la sentenza di primo grado non contengano elementi ed argomenti diversi da quelli già esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nell’effettuazione del controllo della fondatezza degli elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non Ł tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermato il primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificamente e criticamente censurate. In tal caso, infatti, le motivazioni della sentenza di primo grado e di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile al quale occorre, in ogni caso, fare riferimento per giudicare della congruità della motivazione, tanto piø ave i giudici dell’appello abbiano esaminato le censure con criteri omogenei a quelli usati dal giudice di
primo grado e con frequenti riferimenti alle determinazioni ivi prese ed ai passaggi logico-giuridici della decisione, sicchØ le motivazioni delle sentenze dei due gradi di merito costituiscano una sola entità (Sez. 3, n. 13926 del 1/12/2011, NOME, Rv. n. 252615; Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, dep.2013, COGNOME, Rv. 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218) .
Il vizio di mancanza di motivazione, in altri termini, in caso di “doppia conforme” Ł strettamente legato alle ragioni addotte ton il gravame nel senso che la riproposizione di questioni già adeguatamente risolte dal primo giudice o deduzioni generiche, superflue, non pertinenti, manifestamente infondate o palesemente inconsistenti legittimano una scelta motivazionale che prescinde dall’esame dettagliato delle doglianze proposte con l’appello, gravando sulla Corte territoriale l’obbligo di confrontarsi con le questioni specifiche, introduttive di rilievi non sviluppati nel giudizio anteriore o contenenti argomenti che pongano in discussione le valutazioni in esso compiute (Sez, 6, n. 3432 del 17/12/2024 (dep. 2025), Fallea;Sez. 5, n. 52619 del 5/10/2016, COGNOME; Sez. l, n. 39537 del 8/3/2019, Gulizia)
Due ultime precisazioni sono necessarie prima di esaminare le censure mosse dalle difese alla sentenza impugnata.
Va, in primo luogo, ricordato che in tema di impugnazioni Ł inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secondo grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale accoglimento della doglianza non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio. (Sez. 2, n. 10173 del 16/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 263157 01).
In tema di ricorso per cassazione, inoltre, la censura di omessa valutazione da parte del giudice dell’appello dei motivi articolati con l’atto di gravame onera il ricorrente della necessità di specificare il contenuto dell’impugnazione e la decisività del motivo negletto al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono non risolte e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità, dovendo l’atto di ricorso contenere la precisa prospettazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica (Sez. 4, n. 24619 del 18/12/2024, Possamai; Sez. 3, n. 8065 del 21/09/2018, dep. 2019, C., Rv. 275853-02).
2. Tanto premesso, va rilevato che il GUP ha fondato il giudizio di responsabilità adottato nei confronti di COGNOME sulle dichiarazioni eteroaccusatorie di COGNOME NOME COGNOME e di COGNOME NOMECOGNOME sul fatto che anche i bonifici disposti da COGNOME, come quelli effettuati dagli altri imprenditori che si erano avvalsi della cartiere di COGNOME NOME COGNOME erano stati immediatamente monetizzati,
restando ignota la destinazione degli importi prelavati, sulle conversazioni intercettate e sugli incontri di COGNOME NOME COGNOME o dei suoi emissari, con COGNOME
Tale impianto ricostruttivo Ł stato recepito dalla Corte territoriale che ha sottolineato la valenza significativa degli “incontri documentati”, delle dichiarazioni rese da COGNOME NOME COGNOME e delle intercettazioni telefoniche per poi segnalare che gli importi delle fatture emesse in poco piø di un anno dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della RAGIONE_SOCIALE di Jacoboni, pari a oltre €415.000,00, erano “del tutto incompatibili con il volume di affari e con la forza economica della società dello RAGIONE_SOCIALE“.
Orbene, Ł vero che non tutti i motivi di appello proposti nell’interesse di Jacoboni che si assumono negletti trovano una risposta, esplicita o implicita, nella decisione impugnata, ma non può ignorarsi che quelli trascurati, in alcuni casi per la loro manifesta infondatezza, in altri per la loro genericità, non confrontandosi compiutamente con la trama argomentativa del GUP, e talvolta per la marginalità nell’economia della decisione delle questioni che sollevano, risultano inidonei a intaccare la tenuta logica dell’impianto argomentativo che sorregge la decisione.
3.1 Il motivo di gravame riprodotto alle pag. 3 e seguenti del ricorso, propone letture alternative delle conversazioni intercettate che ignorano i passi di dialoghi ritenuti dal GUP dimostrativi dell’ipotesi accusatoria. A mero titolo esemplificativo, nella telefonata del 27/2/2017 di pag. 145 della sentenza di primo grado, COGNOME, afferma: “Siccome abbiamo fatto passare un po’ di tempo perchØ per i ricambi. .. “.
Tale espressione appare del tutto in linea con il modus procedendi dell’associazione che incassava i bonifici dei beneficiari della falsa fatturazione e poi provvedeva alla restituzione in contanti, nelle mani del “cliente”, di quanto ricevuto, scomputato l’aggio riconosciuto a COGNOME.
Stessa strategia difensiva si rileva in relazione alla telefonata del 5/5/2017 riportata a pag. 146 della sentenza, non confrontandosi il gravame con l’espressione di COGNOME: “Devo poi anche farti vedere una cosa che abbiamo fatto i conti sui ricambi, sì che poi, non ci torna come dicevamo alla fine ci deve essere uno scambio di ricambi maggiore … sì perchØ tanto alla fine il giro dopo, o quello dopo ancora, devono esserci piø ricambi, ecco”.
3.2 Ulteriore espediente utilizzato dalla difesa per accreditare la lettura alternativa delle intercettazioni prospettata Ł dato dalla sovrapposizione delle parti delle conversazioni relative alle foto e ai video che COGNOME inviava a COGNOME, e che questi, talvolta, restituiva al primo, per ragioni che rimangono ignote nell’ipotesi ricostruttiva della difesa, che generalmente seguivano sviluppi comunicativi chiari e immediatamente intelligibili, con quelle che invece riguardano il denaro che COGNOME inviava a COGNOME che procedono utilizzando un codice
linguistico prodotto dalla sedimentazione dei rapporti pregressi che tuttavia, a dispetto delle cautela adottate, viene sovente vanificato dall’inserimento nello sviluppo espressivo di frasi e preposizioni del tutto illogiche.
Esemplificativa, al riguardo, Ł l’interpretazione data dalla difesa alla intercettazione del 5/5/2017, riportata a pag. 175 della sentenza, che riferisce la spedizione ai “ricambi” mentre il testo della telefonata rende evidente la correttezza della lettura dei giudici di merito che hanno legato la “spedizione” ai dischetti ritenendo la richiesta di COGNOME, che rivendicava l’invio di “piø ricambi”, in quanto altrimenti gli mancavano “dei test”, inerente al denaro che COGNOME doveva restituirgli, tant’Ł che COGNOME rinviò a un successivo incontro il necessario chiarimento.
Altre telefonate, valorizzate dal GUP in quanto ritenute rivelatrici della illiceità del rapporto, sono dal motivo di gravame riportato in ricorso del tutto ignorate, come ad esempio quelle del17/5/2017, sintetizzata a pag. 182 della sentenza di primo grado, in cui, a seguito dei controlli dell’Agenzia delle Entrate, COGNOME allarmato, come sottolineato dal GUP, spiegò a COGNOME quanto stava avvenendo e gli confidò che stava cercando di “sistemare delle cose”. Al che COGNOME chiese se il controllo fosse relativo “a qualche ricambio” suo.
Il motivo di gravame, quindi, non si confronta compiutamente con l’articolata motivazione resa in relazione al significato delle intercettazioni telefoniche dal Gl..ÌP così sottraendo il deficit motivazionale denunciato allo scrutinio di questa Corte.
3.3 Il ricorso riproduce, ancora, il motivo di gravame con cui la difesa aveva contestato la valenza significativa dell’interrogatorio di COGNOME prospettando, sostanzialmente, che COGNOME era stato vittima di un raggiro in quanto, a sua insaputa, il valore delle prestazioni lui rese dal dichiarante era inferiore a quanto riportato in fattura.
Anche tale argomento non si confronta con la motivazione di primo grado che riporta ampi stralci dell’interrogatorio reso da COGNOME NOME COGNOME il 13/3/2020, dal quale emerge con evidenza che l’associazione a delinquere soddisfaceva la richiesta dei soggetti economici con cui interagiva di disporre di documentazione atta a dimostrare costi non sostenuti mediante l’emissione di fatture false, nel senso che non c’era una prestazione di servizi sottostante, o di “fatture gonfiate”, che riportavano un valore superiore a quello effettivo, facendo seguito in entrambi i casi al bonifico del cliente la restituzione del denaro scomputato l’ammontare di quanto trattenuto a tiolo di compenso.
Non Ł causale che lo sforzo esegetico della difesa non si confronta con il passo del verbale in cui COGNOME dichiarò: “Con COGNOME e COGNOME ho scambiato fatture gonfiate fino al 2017″.
Il motivo, inoltre, non risulta ignorato dalla Corte territoriale che, in ordine il valore significativo assegnato alla prova, non si Ł limitata a richiamare la
motivazione del GUP ma ha anche sottolineato che l’ipotesi alternativa difensiva era smentita dal fatto che non risultava che COGNOME, avendo COGNOME ammesso di aver praticato” un enorme sovrapprezzo rispetto alle prestazioni ricevute”, non aveva “ritenuto di agire per ripetere quanto estortogli”.
3.4 Il ricorso lamenta ancora che la Corte territoriale non aveva risposto all’argomento difensivò volto a privare di rilevanza indiziaria l’incontro avvenuto il 1/3/2017 fra COGNOME e COGNOME NOME COGNOME al casello di Sasso Marconi.
Va, però, osservato che le censure difensive che si assume ignorate dalla Corte territoriale sono generiche confrontandosi con solo alcuni degli indizi utilizzati nel ragionamento probatorio dei giudici di merito.
Il GUP, infatti, aveva messo in evidenza che il viaggio di COGNOME era finalizzato alla restituzione dei pagamenti ricevuti non soltanto a COGNOME ma anche ad altre società che si avvalevano del sistema di fraudolente fatturazioni che il primo gestiva. Il possesso di ingenti somme anche dopo l’incontro con COGNOME da pare del COGNOME risulta, quindi, avallare e non smentire l’ipotesi accusatoria. Il GUP, ancora, dà rilievo all’intercettazione del 1/3/2017, riportata a pag. 178 della sentenza, con cui COGNOME informò COGNOME del controllo in atto, per sottolineare che COGNOME affrontò una questione in relazione alla quale tenne a precisare che non vi era la necessità di adottare cautele per poi aggiungere che aveva dimenticato la restituzione dei DVD. Da tale intercettazione viene desunto che non tutti “i discorsi” potevano essere affrontati tranquillamente per telefono e, soprattutto, che la restituzione dei DVD non era stata la causale del precedente incontro.
3.5 Altro motivo di censura esposto in ricorso Ł relativo alla sentenza della Corte di Giustizia Tributaria dell’Emilia Romagna del 7/7/2021, che la difesa lamenta essere stata ignorata dalla Corte territoriale.
SennonchØ la sentenza Ł relativa a un contratto pubblicitario, relativo all’anno d’imposta 2015, intercorso fra la RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Il rapporto Ł, quindi, relativo a un anno di imposta differente da quello in esame e del tutto indimostrata risulta l’affermazione, che si legge in ricorso nonchØ nelle note d’udienza, secondo cui “la RAGIONE_SOCIALE si avvaleva per collocare le sponsorizzazioni nel motorsport della stessa RAGIONE_SOCIALE“.
La decisività della lacuna motivazionale denunciata Ł, quindi, rimasta indi mostrata.
Irrilevante, ai fini della presente valutazione Ł anche la sentenza del Tribunale di Bologna, sia in quanto priva dell’attestazione del passaggio in giudicato sia in quanto determinata da un compendio probatorio sostanzialmente diverso da quello valutato nel presente processo, dando atto la pronuncia che quel procedimento aveva potuto contare solo “sugli esiti dell’attività investigativa
condotta dalla Guardia di Finanza di Arce nell’ambito di una piø ampia attività di indagine; atti di cui non vi Ł alcuna traccia”.
3.6 La valutazione del motivo in valutazione non può, ancora, ignorare che le censure difensive ignorano l’argomento logico sviluppato dalla Corte d’appello, che ha rilevato come gli importi delle fatture incriminate era del tutto “incompatibile con il volume di affari e con la forza economica sul mercato della società di RAGIONE_SOCIALE“.
Trattasi di una valutazione, aderente alle risultanze probatorie, in grado di sorreggere autonomamente il giudizio in ordine all’inesistenza dei rapporti economici documentati dalle fatture incriminate con cui il ricorso non si confronta e che, per questo, connota il motivo in valutazione di un evidente difetto di specificità.
4. Venendo al secondo motivo d’impugnazione, la sentenza assume che il valore dei beni Ł “ben inferiore all’imposta evasa”. La sentenza di primo grado, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, determina il valore della quota degli immobili spettante a Jacoboni in circa € 116.000,00. L’altro parametro di riferimento Ł, tuttavia, determinato in modo approssimativo, avendo calcolato il GUP che il totale delle imposte evase Ł pari a € 165.150,00 su cui però viene applicata una riduzione di un quarto essendo rimasto accertata che le fatture utilizzate dalla RAGIONE_SOCIALE erano relative a “operazioni solo in parte inesistenti”. La sentenza di primo grado, tuttavia, non precisa sulla base di quali criteri si Ł ritenuto di dover determinare nella misura del 25% il valore effettivo delle prestazioni documentate nelle fatture incriminate. La questione era stata con il gravame sollevata dinanzi alla Corte d’appello, che tuttavia non ha superato il deficit motivazionale cui era incorso il GUP, avendo ribadito che l’ammontare dell’imposta evasa corrispondeva al 75% del valore complessivo delle fatture incriminate senza però spiegarne le ragioni. c~ e..’·’ ~~”(, A..’A.~-:. ~-“‘ ~~””””., ~ ~1..1.l.J ~~”””~,riw~ ,u….., ~ J~~o.. ‘l
5. Aspecifico risulta anche il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME.
La condanna di COGNOME per il reato associativo ha quale premessa l’irrilevanza degli scopi personali perseguiti attraverso l’associazione così da potersi ravvisare l’associazione fra colui che vende le fatture per operazioni inesistenti e colui che le acquista per conseguire vantaggi fiscali (pag. 75 della sentenza di primo grado).
Il GUP, quindi, mette in evidenza il carattere strutturato e continuativo dei rapporti fra COGNOME e COGNOME NOME COGNOME che faceva sì che il primo scaricasse “sistematicamente gli introiti della sua Pubblievolution sulla cartiera” (pagg. 82 e 141), concorresse nell’individuazione delle cartiere da utilizzare così da rendere necessaria una “contabilità relativa agli illeciti flussi di denaro” (pagg. 82 e 142). Il GUP, ancora, sottolinea che anche l’interrogatorio del ricorrente
rendeva manifesto che lo stesso fosse consapevole della struttura associativa gestita da COGNOME NOME COGNOME
Il ragionamento probatorio del GUP Ł integralmente recepito dalla Corte d’appello.
5.1 A tale apparato argomentativo il ricorso oppone censure generiche che non si confrontano con gli elementi probatori inseriti nei processi inferenziali sviluppati nelle sentenze di merito e non confutano le argomentazioni in punto di diritto che sorreggono la condanna.
Si assume che COGNOME non aveva avuto rapporti con soggetti differenti COGNOME NOME COGNOME. La sentenza di primo grado dà, invece, conto degli incontri del ricorrente con COGNOME NOME, con la commercialista dell’associazione, COGNOME, e con una delle teste di legno posto al vertice di una delle cartiere, COGNOME.
Si contesta, poi, che COGNOME fosse partecipe di un preventivo accordo volto alla commissione di una serie di delitti con piø persone. Tale argomento, però, non si confronta con il principio di diritto, richiamato a pag. 77 della sentenza di primo grado, secondo cui ai fini dell’integrazione del vincolo associativo non Ł richiesta la prova della conoscenza reciproca di tutti gli associati, ma Ł sufficiente la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e volontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo schema legale.
Il ricorso, ancora, non tiene conto dello sforzo profuso dai giudici di merito per dimostrare il carattere sistematico e continuativo dei rapporti di COGNOME con l’associazione capeggiata da COGNOME NOME COGNOME che imponevano la tenuta di una contabilità dei flussi illeciti di denaro e che garantivano al primo di poter disporre di tutte le fatture per operazioni inesistenti che gli accorrevano, così fornendo un contributo essenziale all’operatività del sodalizio.
Si deduce, inoltre, che l’istruttoria non ha dato prova della stabilità del vincolo associativo senza però confrontarsi con gli argomenti che sorreggevano l’opposta conclusione cui sono pervenuti i giudici di merito e senza confutare efficacemente l’affermazione della Corte territoriale che aveva rilevato che l’appello di COGNOME non aveva contestato l’esistenza del sodalizio criminoso.
5.2 Non aderente alla ricostruzione dei giudici di merito Ł poi l’equiparazione alla posizioni di COGNOME, assolto per il reato associativo. Di COGNOME, infatti, a differenza di COGNOME, concordava con COGNOME le cartiere da utilizzare per l’emissione delle fatture (pag. 122 della sentenza di primo grado), disponeva di un “conto aperto” che necessitava la tenuta di una contabilità degli illeciti flussi di denaro (pag. 142 sentenza di primo grado), aveva rapporti non soltanto con COGNOME COGNOME e con il corriere del denaro, COGNOME Daniele (pag. 135 della sentenza di primo grado) ma anche con COGNOME, la testa di legno che
risultava l’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, la commercialista COGNOME NOME COGNOME, NOME (pag. 136 della sentenza di primo grado).
Il differente grado di inserimento nella struttura associativa fornisce quindi logica e adeguata motivazione alle opposte conclusioni cui Ł pervenuta la Corte territoriale in ordine al reato associativo in relazione alle posizioni di COGNOME e COGNOME.
5.3 L’aspecificità o la palese infondatezza delle doglianze difensive, per le ragioni già esposte, impediscono che il ricorso superi il vaglio di ammissibilità.
Venendo al ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME COGNOME va osservato che la posizione del predetto Ł stata definita mediante l’accogliento della richiesta di pena concordata dalle parti processuali con rinuncia agli altri motivi.
Giova premettere che in tema di concordato in appello, Ł ammissibile il ricorso in cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis cod. proc. pen. solo per motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della. pronuncia del giudice, risultando tutti gli altri profili assorbiti dalla rinuncia ai motivi di gravame diversi da quelli inerenti alla pattuizione raggiunta dalle parti (Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019- dep. 20/05/2019, COGNOME Rv. 276102-01).
E’ stato, infatti, precisato che a seguito della reintroduzione del cosiddetto patteggiamento in appello, per opera dell’art. l, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo grado, nell’accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599 bis cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell’imputato per una delle cause previste dall’art. 129 cod. proc. pen., nØ sull’insussistenza di circostanze aggravanti o sulla sussistenza di attenuanti in quanto, a causa dell’effetto devolutivo proprio dell’impugnazione, una volta che l’imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice Ł limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (cfr. Sez. 3, Ordinanza n. 30190 del 08/03/2018, Hoxha, Rv. 273755; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, COGNOME e altro, Rv. 272853; Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Bouachra, Rv. 274522), cosicchØ anche eventuali doglianze in ordine alla erronea qualificazione giuridica della condotta risultano precluse dalla rinuncia ai motivi di impugnazione relativi alla responsabilità.
Il raggiungimento dell’accordo ih ordine alla pena, ancora, determina la radicale inammissibilità di ogni doglianza relativa ad una quantificazione della pena diversa da quella concordata e con riferimento a motivi ai quali la parte ha espressamente rinunciato.
Tali parametri condannano all’inammissibilità il ricorso.
In conclusione, i ricorsi di COGNOME e COGNOME devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi Ł ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che COGNOME e COGNOME versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. l, comma 64, l. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di COGNOME NOME limitatamente al punto concernente la confisca e rinvia per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte d’appello di Roma. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di COGNOME Dichiara inammissibili i ricorsi di COGNOME NOME COGNOME e di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 24/6/2025