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Motivazione riesame: Cassazione su custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato in custodia cautelare per reati legati all’uso di armi da fuoco. La sentenza chiarisce un principio fondamentale sulla motivazione del riesame: l’obbligo del giudice di motivare la decisione è proporzionato ai motivi specifici presentati dalla difesa. Avendo la difesa scelto di concentrarsi solo sulle esigenze cautelari e non sui gravi indizi, la Corte ha ritenuto legittima la motivazione più sintetica del Tribunale su questo secondo punto, confermando la detenzione in carcere.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione riesame: Cassazione su custodia cautelare

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 35177/2025, offre importanti chiarimenti sull’obbligo di motivazione del riesame in materia di misure cautelari. La Corte ha stabilito che l’ampiezza della motivazione del Tribunale del riesame dipende strettamente dai motivi di ricorso presentati dalla difesa. Questa decisione sottolinea l’importanza della strategia difensiva e i suoi effetti diretti sulla revisione del provvedimento restrittivo.

I fatti del caso

Il caso riguarda un individuo sottoposto a custodia cautelare in carcere a seguito di un grave episodio di violenza, avvenuto nel contesto di una faida tra famiglie. L’indagato era accusato di aver esploso colpi di arma da fuoco verso un’altra persona, ferendola. Il Tribunale del riesame aveva confermato la misura detentiva disposta dal Giudice per le indagini preliminari.

Contro questa decisione, l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando principalmente tre vizi:

1. La mancata autonoma valutazione dei gravi indizi di colpevolezza da parte del Tribunale del riesame, che si sarebbe limitato a richiamare l’ordinanza precedente.
2. Una motivazione insufficiente riguardo alla sussistenza delle esigenze cautelari, in particolare il pericolo di reiterazione del reato.
3. La mancata giustificazione sull’impossibilità di sostituire il carcere con una misura meno afflittiva, come gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, anche in un’altra regione.

La strategia difensiva e la motivazione del riesame

Il punto cruciale del ricorso riguardava l’obbligo di motivazione del riesame. La difesa sosteneva che il Tribunale avesse erroneamente interpretato la sua strategia, omettendo una valutazione approfondita dei gravi indizi.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha evidenziato come, nella memoria presentata al Tribunale del riesame, la difesa avesse esplicitamente dichiarato di voler concentrare la propria attenzione “esclusivamente sul profilo delle esigenze cautelari”. Questa scelta strategica ha avuto un impatto decisivo.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendolo in parte inammissibile e in parte infondato. La decisione si basa su principi consolidati della giurisprudenza in materia di riesame delle misure cautelari.

Le motivazioni

La Corte ha chiarito diversi aspetti fondamentali:

1. Obbligo di motivazione proporzionato: Il Tribunale del riesame non è tenuto a una valutazione autonoma e totalizzante come quella del primo giudice. Il suo obbligo di motivazione è calibrato sulle censure specifiche sollevate dalla difesa. Se la difesa decide di non contestare un determinato presupposto della misura (in questo caso, i gravi indizi), il giudice del riesame può motivare su quel punto in modo più sintetico, anche per relationem, concentrandosi sugli aspetti effettivamente controversi.

2. Valutazione del pericolo di recidiva: La Corte ha ritenuto corretta e ben motivata la valutazione del Tribunale sul pericolo di reiterazione del reato. Tale valutazione si fondava su elementi concreti: la gravità dei fatti, inseriti in un contesto di faida criminale, la personalità negativa dell’indagato desunta anche dai carichi pendenti, e la sua dimestichezza con le armi. Questi elementi giustificavano la prognosi di un concreto e attuale pericolo di nuove condotte criminose.

3. Inidoneità delle misure alternative: Di conseguenza, la Corte ha confermato l’inidoneità degli arresti domiciliari, anche con braccialetto elettronico e in un comune diverso. La motivazione che giustifica la custodia in carcere come unica misura adeguata a contenere la pericolosità dell’indagato contiene implicitamente anche il giudizio di inadeguatezza di ogni altra misura meno restrittiva. La gravità del quadro complessivo rendeva insostituibile la misura di massimo rigore.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce un principio di grande rilevanza pratica: la strategia difensiva nel procedimento di riesame è cruciale. La scelta di concentrare le proprie argomentazioni su alcuni punti specifici, tralasciandone altri, delimita l’ambito del contraddittorio e, di conseguenza, l’ampiezza dell’obbligo di motivazione del giudice. Un’impugnazione mirata può essere una scelta tattica efficace, ma la difesa deve essere consapevole che ciò comporterà una motivazione più snella da parte del Tribunale sugli aspetti non contestati, senza che ciò costituisca un vizio della decisione.

Il Tribunale del riesame deve sempre riesaminare autonomamente tutti gli aspetti di una misura cautelare, anche quelli non contestati dalla difesa?
No. Secondo la Corte, l’obbligo di motivazione del Tribunale del riesame è proporzionato ai motivi specifici sollevati dalla difesa. Se la difesa limita la sua contestazione solo ad alcuni aspetti (ad esempio, le esigenze cautelari), il Tribunale può fornire una motivazione più sintetica sui punti non contestati (come i gravi indizi di colpevolezza).

È possibile ottenere gli arresti domiciliari in un’altra regione per evitare contatti con le persone coinvolte nei fatti?
Sebbene sia una possibilità prevista dalla legge, non è un diritto automatico. La Corte può ritenerla una misura inadeguata se la pericolosità sociale dell’indagato e la gravità dei fatti sono tali da rendere la custodia in carcere l’unica opzione idonea a prevenire la reiterazione dei reati, indipendentemente dal luogo di esecuzione della misura.

I procedimenti penali in corso possono essere utilizzati per valutare il pericolo che una persona commetta altri reati?
Sì. La sentenza conferma che, ai fini della valutazione del pericolo di reiterazione del reato, il giudice può prendere in considerazione non solo le condanne definitive ma anche i procedimenti penali pendenti a carico dell’indagato, poiché sono elementi idonei a delineare la sua personalità e la sua propensione a commettere reati della stessa specie.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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