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Motivazione recidiva: obbligo di specifica analisi

Un uomo, condannato per aver usato un documento falso per un finanziamento, ricorre in Cassazione. La Corte conferma la colpevolezza ma annulla la sentenza sul punto della recidiva. Viene ribadito che la motivazione della recidiva deve basarsi su un’analisi concreta della pericolosità del reo e non sulla mera esistenza di precedenti, annullando con rinvio per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 29 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Motivazione recidiva: Non basta avere precedenti, il giudice deve spiegare perché

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n. 4578/2024) offre un importante chiarimento su un tema cruciale del diritto penale: l’applicazione dell’aggravante della recidiva. La Corte ha stabilito che per aumentare la pena non è sufficiente la semplice presenza di condanne precedenti, ma è necessaria una specifica e approfondita motivazione sulla recidiva che dimostri la maggiore pericolosità sociale del reo. Analizziamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda giudiziaria ha origine da un tentativo di frode. Un uomo, in concorso con la moglie, aveva stipulato un contratto di finanziamento per l’acquisto di un elettrodomestico. Per ottenere il credito, aveva utilizzato una carta d’identità che, pur riportando la sua fotografia, era intestata a un’altra persona.

Condannato in primo grado e in appello per il reato di possesso e fabbricazione di documenti di identificazione falsi (art. 497 bis c.p.), l’imputato decideva di ricorrere alla Corte di Cassazione, lamentando diversi vizi nella sentenza di secondo grado.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’imputato ha basato il ricorso su tre principali argomentazioni:

1. Errata valutazione delle prove: Si sosteneva che la responsabilità fosse stata dedotta unicamente dalla presenza della sua foto sul documento, senza considerare che la moglie avrebbe potuto agire a sua insaputa.
2. Mancata assunzione di una prova decisiva: La difesa lamentava che non fosse stata ascoltata la moglie come testimone, la quale avrebbe potuto chiarire le dinamiche dei fatti.
3. Vizi sulla determinazione della pena: Si contestava il mancato riconoscimento di alcune attenuanti (come il risarcimento del danno) e, soprattutto, l’errata applicazione e la carente motivazione della recidiva, che aveva comportato un ingiustificato aumento della pena.

L’analisi della colpevolezza

La Corte di Cassazione ha rapidamente liquidato i primi due motivi di ricorso, dichiarandoli inammissibili. I giudici hanno sottolineato che tali censure miravano a una rivalutazione dei fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, aveva fornito una motivazione logica e coerente, ritenendo provato il concorso dell’imputato nel reato, dato che la sua fotografia era sul documento falso utilizzato per un contratto che lo vedeva come firmatario.

La Carente Motivazione della Recidiva: il Punto Focale

Il cuore della decisione della Cassazione risiede nel terzo motivo di ricorso. La Corte ha accolto la doglianza relativa alla recidiva, rilevando una totale assenza di motivazione da parte della Corte d’Appello. Quest’ultima, pur avendo a disposizione uno specifico motivo di gravame sul punto, non aveva verificato il rapporto tra i precedenti penali e il nuovo reato commesso.

I Principi delle Sezioni Unite

La Cassazione ha richiamato un’importante pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza Sabbatini), la quale ha stabilito che il giudice, nel riconoscere la recidiva, deve fornire una motivazione rafforzata. Non è sufficiente elencare i precedenti, ma è necessario spiegare in che modo i nuovi fatti dimostrino una “maggiore rimproverabilità” e una “progressiva determinazione criminosa” del reo.

Il giudice deve analizzare concretamente:
– La tipologia e l’offensività dei reati passati e presenti.
– La loro omogeneità e la distanza temporale.
– L’occasionalità o meno dell’ultimo delitto.

Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva omesso completamente questa analisi, limitandosi a confermare l’aumento di pena senza fornire alcuna giustificazione.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha ritenuto fondata la censura sulla recidiva perché la sentenza impugnata era priva di una motivazione adeguata. I giudici di merito non avevano adempiuto all’obbligo di spiegare perché i precedenti dell’imputato rendessero il nuovo reato più grave. Mancava un’analisi del “rapporto fra i fatti concreti oggetto delle precedenti condanne patite dal prevenuto e la nuova imputazione”. Questa omissione viola i principi consolidati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l’applicazione della recidiva non è un automatismo, ma richiede una valutazione sostanziale della personalità criminale del soggetto. Di conseguenza, pur confermando la colpevolezza dell’imputato per il reato contestato, la Corte non ha potuto fare altro che annullare la sentenza su questo specifico punto.

le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza della Corte d’Appello limitatamente alla valutazione sulla recidiva. Il caso è stato rinviato a un’altra sezione della stessa Corte d’Appello per un nuovo giudizio che dovrà, questa volta, fornire una motivazione completa e specifica sul perché, eventualmente, la recidiva debba essere applicata. La condanna per il reato di falso documento resta, quindi, definitiva, ma la quantificazione finale della pena è di nuovo in discussione. Questa sentenza ribadisce un principio di garanzia fondamentale: ogni aspetto della condanna, specialmente quelli che portano a un aumento della pena, deve essere sorretto da una motivazione logica, concreta e verificabile.

Perché la condanna per l’uso del documento falso è stata confermata?
La Corte di Cassazione ha ritenuto che i giudici di merito avessero motivato in modo logico la colpevolezza dell’imputato. La presenza della sua fotografia sul documento falso, utilizzato per un contratto che egli stesso ha firmato, è stata considerata una prova sufficiente del suo coinvolgimento, respingendo le sue lamentele come tentativi di riesaminare i fatti, cosa non permessa in sede di Cassazione.

Cosa significa che la motivazione sulla recidiva era mancante?
Significa che i giudici d’appello hanno aumentato la pena per la recidiva senza spiegare perché i precedenti penali dell’imputato lo rendessero più pericoloso o più propenso a delinquere. La Cassazione ha chiarito che non basta dire “è recidivo”, ma bisogna analizzare i reati passati e presenti per dimostrare un’effettiva progressione criminale.

Qual è la conseguenza pratica della decisione della Cassazione?
La sentenza è stata annullata solo per quanto riguarda la recidiva. Il caso torna alla Corte d’Appello, che dovrà decidere di nuovo se applicare o meno l’aumento di pena per la recidiva, ma questa volta dovrà motivare dettagliatamente la sua scelta. L’imputato è e rimane colpevole del reato, ma potrebbe ottenere una pena leggermente inferiore se i nuovi giudici ritenessero non giustificato l’aumento per la recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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