Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19055 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19055 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nata a Roma il 30/09/1964
avverso la sentenza del 28/10/2024 della Corte d’appello di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni rassegnate in data 01/04/2025 del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità del ricorso; lette le conclusioni rassegnate, tramite memoria in data 15 /04/2025, dall’ Avv. NOME COGNOME nella qualità di difensore della ricorrente, che ha insistito per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna inflitta a NOME COGNOME per il delitto di bancarotta semplice documentale, aggravato dal riconoscimento in capo all’imputata della recidiva , reiterata, infra-quinquennale; reato dalla stessa commesso da legale rappresentante della omonima ditta individuale, dichiarata fallita in data 18 gennaio 2017.
Il ricorso per cassazione proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di tre motivi.
Il primo motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione: è dedotto che, mentre l’affermazione di responsabilità di NOME COGNOME poggiava sulla sicura conoscenza da parte di costei della dichiarazione di fallimento dell ‘omonima ditta individuale, desunta dal fatto che il Curatore fallimentare l’avesse comunicata a NOME COGNOME indicato come compagno dell’imputata e «reale dominus dell’azienda», tanto che questi si era impegnato a mettere a disposizione dell’ufficio fallimentare le scritture contabili dell ‘impresa , il diniego delle circostanze generiche richieste dall’imputata era stato giustificato con la mancanza di prova circa il ruolo di amministratrice di comodo da lei espletato in seno all’azienda.
Il secondo motivo denuncia il vizio argomentativo in punto di diniego di riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto corredato da motivazione apparente: sarebbero state, infatti, disattese in maniera apodittica le deduzioni difensive con le quali erano state lumeggiate le ragioni di meritevolezza del beneficio, essendosi, oltretutto, assegnato un peso decisivo, in senso negativo, alla legittima scelta dell’imputata di restare assente nel processo.
Il terzo motivo denuncia il vizio di motivazione in punto di mancata esclusione della recidiva contestata, avendo la Corte territoriale dato unicamente conto dei plurimi precedenti penali della ricorrente senza indicare in che termini gli stessi fossero tali da riverberarsi sulla sua più intensa capacità a delinquere e sulla sua più significativa pericolosità sociale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
La sentenza deve essere annullata per le sole ragioni di seguito indicate.
1. Il primo motivo è infondato.
L’addebito mosso alla ricorrente NOME COGNOME è riferito al fatto, punito dall’art. 217, comma 2, L.F., di «avere omesso di tenere i libri e le altre scritture contabili della omonima ditta individuale sin dall’inizio dell’attività di impresa, ris alente al 12 gennaio 2015» in violazione del dovere di istituzione e di conservazione delle stesse su di lei gravante in quanto amministratrice formale dell’impresa dichiarata fallita, non il fatto, punito dall’art. 220 L.F., di non avere ottemperato all’o rdine del tribunale di depositare i bilanci e le altre scritture contabili entro il termine di tre giorni dalla comunicazione della sentenza dichiarativa di fallimento, che presuppone l ‘ avvenuta rituale comunicazione di questa al fallito.
Ne viene che è privo di decisività l’argomento , cui è affidato il motivo in disamina, che non fosse nota alla ricorrente l’avvenuta dichiarazione di fallimento dell’impresa individuale, in quanto comunicata dal Curatore fallimentare al solo NOME COGNOME sul cui ruolo in seno all’azienda la Corte territoriale avrebbe reso una motivazione contradditoria.
Ciò che rileva piuttosto -e nella sentenza impugnata se ne è dato atto -è che «nulla (del compendio contabile) era stato possibile reperire presso la sede legale, posto che la ditta anzidetta risultava ‘trasferita’» (cfr. pag. 2) e che, neppure nel corso del processo penale, l’imputata, ancorché obbligata personalmente, a norma degli artt. 2214 e 2241 cod. civ., alla regolare tenuta dei libri e delle scritture contabili nella propria azienda (Sez. 5, n. 709 del 01/10/1998, dep. 1999, Rv. 212147), avesse offerto utili ragguagli in ordine alla sorte del compendio contabile.
Né, d’altro canto, con la presente impugnativa, sono stati allegati specifici ed inopinabili elementi di prova attestanti il ruolo di mera testa di legno, come tale inconsapevole dello stato delle scritture contabili (Sez. 5, n. 43977 del 14/07/2017, Rv. 2 71754), rivestito dalla ricorrente in seno all’impresa; elementi tanto più necessari ove considerato che l’esercizio dei poteri o delle funzioni dell’amministratore di fatto – in ipotesi attribuito a NOME COGNOME – non è incompatibile con la «concomitante esplicazione dell’attività di altri soggetti di diritto, i quali -in tempi successivi o anche contemporaneamente – esercitino in modo continuativo e significativo i poteri tipici inerenti alla qualifica o alla funzione» (Sez. 5, n. 12912 del 06/02/2020, Rv. 279040).
2. Anche il secondo motivo è infondato.
Il diniego delle circostanze attenuanti generiche è stato adeguatamente giustificato nella sentenza impugnata valorizzando il comportamento processuale dell’imputata, la quale, rimanendo assente, non aveva offerto neppure nel processo penale -come già in sede fallimentare -elementi conoscitivi utili a far luce sulla sorte delle scritture contabili che era suo dovere custodire. Donde, come già affermato dal diritto vivente con riguardo al diritto dell’imputato al silenzio, anche per il diritto a non compar ire nel processo, vale il principio di diritto secondo cui «Ai fini del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, il pieno esercizio del diritto di difesa non autorizza l’imputato a tenere comportamenti processualmente obliqui e fuorvianti, in violazione del fondamentale principio di lealtà processuale che deve comunque improntare la condotta di tutti i soggetti del procedimento, e la cui violazione è indubbiamente valutabile da parte del giudice di merito» (Sez. U, n. 36258 del 24/05/2012, Rv. 253152).
E’, invece, fondata la censura, articolata con il terzo motivo, che attinge il profilo della recidiva, reiterata, infra-quinquennale, ritenuta a carico di NOME COGNOME.
La motivazione rassegnata dal Giudice censurato, che si è limitato ad affermare che la recidiva in nessun caso poteva essere esclusa, tenuto conto dei precedenti documentati a carico d ell’imputata, non è tale da soddisfare l’obbligo di specifica ed individualizzante motivazione che incombe sul giudice di merito ai fini dell’applicazione della circostanza aggravante di cui all’art. 99 cod. pen. (Sez. U, n. 32318 del 30/03/2023, COGNOME, Rv. 284878; S.U, n. 5859 del 27/10/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251690; Sez. U, n. 35738 del 27/05/2010, Calibé, Rv. 247838); motivazione che, così come concepita dal diritto vivente, impone di «verificare in concreto se la reiterazione dell’illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all’eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell’esistenza di precedenti penali» (Sez. U, n. 35738/2010, COGNOME, in motivazione).
Tanto comporta l’a nnullamento della sentenza impugnata limitatamente alla recidiva con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Il ricorso deve essere, invece, rigettato nel resto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla recidiva con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Roma. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 24/04/2025.