Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38891 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38891 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ORUNE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/10/2023 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di SASSARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
lette le conclusioni della difesa che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Sassari, con sentenza del 26 ottobre 2023, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Nuoro, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in termini di equivalenza alla contestata aggravante, ha rideterminato la pena inflitta a NOME COGNOME in misura pari ad anni sei di reclusione ed euro 26.000 di multa, in relazione a due contestazioni di acquisto di sostanza stupefacente del tipo cocaina nel mese di luglio del 2008.
v 1.1 Tribunale, sulla scorta delle dichiarazioni testimonialLa eva ritenuto che COGNOME e i coimputati fossero spacciatori che in modo sporadico si rifornivano tra loro, aiutandosi vicendevolmente in caso di difficoltà, nel reperire lo stupefacente. Aveva ritenuto, tuttavia, non provato che la detenzione fosse finalizzata allo spaccio, rilevando come in alcuni capi di imputazione si facesse solo genericamente riferimento a quantità imprecisate di droga. Così, nel caso di COGNOME al quale era stata contestata solo la condotta di acquisto di sostanza stupefacente senza alcuna indicazione circa la destinazione della stessa allo spaccio. Il Tribunale, dunque, assolveva tutti gli imputati, ivi compreso l’odierno ricorrente.
Veniva proposto appello dal Procuratore Generale per la posizione di COGNOME limitatamente al capo UU) (l’acquisto in concorso con COGNOME NOME di 73 grammi di cocaina in Nuoro in data 8.8.2008) rilevando che dalle intercettazioni in atti poteva desumersi chiaramente la prova dello spaccio e che il coimputato COGNOME, tratto in arresto per il medesimo fatto, aveva definito la propria posizione, con pena concordata giusta sentenza del 18.6.2009 1 divenuta irrevocabile. Chiedeva, dunque, la riforma della sentenza previa, eventuale, rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
La Corte territoriale ha accolto il ricorso, sulla scorta delle dichiarazioni res a dibattimento dal Sovrintendente COGNOME, (ritenute utilizzabili benché rese di fronte a giudice diverso, avuto riguardo al consenso prestato dalla difesa all’udienza del 30.4.2015 a pag. 7 del verbale) dalle quali emergono i contatti del COGNOME con soggetti dediti all’attività di spaccio. La Corte ha posto l’accento sul controllo operato sull’auto a bordo della quale si trovavano lo stesso COGNOME e COGNOME in occasione del quale quest’ultimo era tratto in arresto richiamando le intercettazioni disposte sull’utenza del COGNOME che mettevano in luce la programmazione e poi l’invio di persona di fiducia per il trasporto della cocaina.
Le risultanze delle intercettazioni passate in rassegna, in uno ai verbali di perquisizione e sequestro della sostanza stupefacente, sono state poste a
fondamento del giudizio espresso circa il concorso del COGNOME nell’acquisto della droga da parte del COGNOME e la finalità di spaccio nel territorio di Nuoro. Come pure la sentenza emessa nei confronti di COGNOME ha concordato la pena di anni due e mesi otto di reclusione. Gli elementi acquisiti sono stati ritenuti idonei a riformar la sentenza in punto di responsabilità in relazione al capo UU) senza necessità di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale.
La Corte ha, altresì, escluso la ricorrenza dell’ipotesi attenuata di cui al quinto comma avuto riguardo alla capacità del prevenuto di mettersi in contatto con fornitori all’ingrosso in altre città, all’utilizzo di una terza persona per il tra della merce, all’apprezzabile quantitativo di droga sequestrata ) oltre che alla programmazióne di altri incontri con i medesimi fornitori per ulteriori acquisti Elementi questi valutati dalla Corte come indicativi della destinazione dello ti stupefacente a terzi e GLYPH ‘inserimento del COGNOME in un circuito illecito.
Avverso la sentenza è stato proposto ricorso nell’interesse del COGNOME affidandolo a quattro motivi.
2.1. Con il primo si deducono violazioni di legge e vizi di motivazione con riferimento alla sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti. Ad avviso della difesa difetta nel caso in esame la c.d. motivazione rafforzata, atteso che la Corte A ectleLARris’ territoriale si è limitata a svolgere una rilettura c552-rearip degli indizi operata Tribunale di Nuoro. Il RG. con l’atto di appello ha chiesto la riforma della sentenza previa rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale con riferimento al capo UU) della rubrica. La richiesta era conseguenza diretta del rilievo evidenziato con lo stesso atto di appello con l’affermazione che “alla luce degli elementi emersi a dibattimento sarebbe stato doveroso da parte del Giudice disporre ex art. 507 cod. proc. pen. l’assunzione di nuove prove, chiedendo o meglio disponendo l’acquisizione delle intercettazioni richiamate dal teste COGNOME“.
La Corte ha ignorato la richiesta di rinnovazione in spregio all’art. 603 comma Att4 3 bis / cod. proc. pen. e Ozttel costante elaborazione giurisprudenziale sia di legittimità che della CEDU (Sez. V n. 36824/2023 e corte EDU (Lorefice c. Italia del 29.6.2017).
La difesa di COGNOME, inoltre, si era opposta alla acquisizione della sentenza di applicazione della pena a carico del concorrente nel reato NOME COGNOME e aveva chiesto con la memoria allegata la rinnovazione mediante esame dello stesso COGNOME. Richiesta che è stata ignorata dalla Corte.
1.2. lon il secondo motivo si deduce la violazione dell’art. 606 lett. b), c) ed e) / cod. proc. pen. Era sta eccepita la inammissibilità dell’appello proposto dal P.G. per mancanza di specificità dei motivi / che non erano stati enunciati in forma chiara, puntuale e precisa nei rilievi critici. A fronte delle apodittiche affermazi
contenute nel. ricorso, il PG esauriva le confutazioni richiamando le captazioni telefoniche mai acquisite al processo inferendo acriticamente che la polizia aveva accertato che COGNOME doveva inviare a Cagliari una persona di sua fiducia incaricata presumibilmente del trasporto della cocaina. Si chiede, dunque, che sia questa Corte a dichiarare tale inammissibilità.
Sotto altro profilo, la difesa pone il dubbio della legittimazione della Procura Generale ad impugnare la sentenza di primo grado /tenuto conto della disposizione contenuta nell’art. 593 /comma 3 bisrcpp che limita la facoltà del PG ai soli casi di avocazione o acquiescenza al provvedimento da parte del Procuratore della Repubblica. Inoltre il P.M. di udienza aveva chiesto l’assoluzione tanto che la difesa aveva rinunciato alla discussione semplicemente adeguandosi alle richieste del P.M. Dunque, a suo avviso, non vi sarebbe stata alcuna acquiescenza.
1.3. Con il terzo motivo si contesta il passaggio della motivazione laddove si legge che “il capo di imputazione, seppure non indicando esplicitamente la destinazione della droga all’attività di spaccio descrive chiaramente la condotta, ossia quella di acquisto non lecito in quanto finalizzato allo spaccio”:
La Corte territoriale afferma che la destinazione della droga all’attività d spaccio sia descritta chiaramente nel capo di imputazione. E ciò attraverso una libera interpretazione.
1.4. Con il quarto motivo si deducono violazioni di legge e vizi di motivazione, rilevando che gli elementi di prova presi in esame sono gli stessi che il primo giudice aveva ritenuto inidonei ad affermare la responsabilità dell’imputato. La sentenza impugnata fa ricorso ad elementi di prova supposti e mai acquisiti al processo pur in presenza dell’obbligo imposto dall’art. 192 1 comma c.p.p. e ciò senza che fossero state indicate, neppure in via sommaria, le fonti di prova prescritte dall’art. 429 lett. d) cpp. La sentenza si fonda sui tabulati del cellul del ricorrente e sulle conversazioni telefoniche captate dalla stessa utenza senza che le stesse siano state acquisite al fascicolo del dibattimento e delle quali i giudice di primo grado aveva disposto la trascrizione e la traduzione nelle forme della perizia ma tra le quali non compaiono quelle inerenti posizione di COGNOME. Tanto che la motivazione della Corte fa esclusivamente riferimento agli allegati all’annotazione di PG nonostante l’espresso divieto stabilito dall’art. 514 comma 2 e 191 cod. proc. pen. Ne consegue che la motivazione è nel suo insieme inesistente perché fondata su prove acquisite in violazione di legge.
In ogni caso il contenuto delle conversazioni telefoniche trascritto dalla polizia giudiziaria e illegittimamente usato dalla sentenza non fa riferimento ad acquisto di stupefacenti ed inoltre il contenuto delle conversazioni è attribuito al ricorrent solo in virtù della titolarità dell’utenza.
La Corte ha ritenuto di poter utilizzare quelle conversazioni solo perché contenute nell’ordinanza applicativa della misura cautelare nei confronti di COGNOME solo successivamente al fatto che costui all’atto dell’arresto del concorrente COGNOME è stato semplicemente identificato.
La Procura Generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha chiesto il rigetto del ricorso.
In data 24 giugno 2024 sono pervenute conclusioni della difesa che ha insistito nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Va GLYPH innanzitutto ricordato il GLYPH principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte secondo cui, nel caso di riforma di una decisione assolutoria emessa in primo grado, al giudice di appello è richiesta una motivazione rafforzata che dia conto dei passaggi logici relativi alla disamina di tutti gli elementi che conferiscono alla «decisione una forza persuasiva superiore» (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056 – 01), salvo che «il provvedimento assolutorio abbia un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo, posto che, in tale ipotesi, non vi è neppure la concreta possibilità di confutare argomenti e considerazioni alternative del primo giudice, essendo, invece, il giudizio d’appello l’unico realmente argomentato» (Sez .5, n. 12783 del 24/01/2017, Caterino, Rv. 269595 – 01).
Sotto altro profilo, questa Corte ha chiarito che «il giudice di appello investito della impugnazione del pubblico ministero avverso la sentenza di assoluzione di primo grado, anche se emessa all’esito del giudizio abbreviato, con cui si adduca una erronea valutazione delle prove dichiarative, non può riformare la sentenza impugnata, affermando la responsabilità penale dell’imputato, senza avere proceduto, anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 603, comma terzo, cod. proc. pen., a rinnovare l’istruzione dibattimentale attraverso l’esame dei soggetti che abbiano reso dichiarazioni sui fatti del processo, ritenute decisive ai fini del giudizi assolutorio di primo grado» (Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267487 – 01; cfr. pure Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano Rv. 269786).
L’art. 603 cod. proc. pen., a seguito della novella del 2017, all’art. comma 3 bis prevede che in caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi che attengono alla «valutazione della prova
dichiarativa», il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale. a prova dichiarativa, il giudice dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale.
Il comma 3 bis cit., a seguito delle modifiche apportate dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 150, dispone che «Nel caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, ferme le disposizio di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell’istruzione dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel corso del giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 441, comma 5». La norma come modificata, si applica anche ai giudizi di appello celebrati, come nel caso in esame, dopo l’entrata in vigore della novella, stante l’assenza di norme transitorie (cfr. Sez. 5, n. 17965 del 14/02/2024, Coveri, Rv. 286490 – 01; Sez. 3, n. 10691 del 10/01/2024, S., Rv. 286089 – 01).
La norma, come modificata, delimita l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria alle prove assunte nel dibattimento in primo grado e in quelle assunte a seguito di integrazione probatoria disposte nel giudizio abbreviato ai sensi degli artt. 438 e 441 cod. proc. pen., in termini di continuità con la previgente normativa rimanendo ancorata alle medesime coordinate elaborate dalla giurisprudenza di legittimità.
Rimane, pertanto, fermo il principio sècondo cui «ai fini della rinnovazione dell’istruttoria in appello ex art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., per motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa devono intendersi non solo quelli concernenti l’attendibilità dei dichiaranti, ma, altresì, tutti quelli che implicano u diversa interpretazione delle risultanze delle prove dichiarative, posto che il loro contenuto – salvo non attenga ad un oggetto del tutto definito o ad un dato storico semplice e non opinabile – è frutto della percezione soggettiva del dichiarante, onde il giudice del merito è inevitabilmente chiamato a “depurare” il dichiarato dalle cause di interferenza provenienti dal dichiarante, in modo da pervenire ad una valutazione logica, razionale e completa» (Sez. 2, n. 13953 del 21/02/2020, NOME, Rv. 279146 – 01; cfr. pure Sez. 5, n. 3007/2021, cit.).
3. Alla luce della superiore premessa occorre rilevare che la Corte territoriale, con motivazione logica e coerente con le emergenze acquisite, ha offerto una ricostruzione delle vicende oggetto del capo UU), l’unico oggetto del ricorso del Procuratore Generale, pervenendo alla affermazione di responsabilità del COGNOME in merito alla detenzione di oltre 70 grammi di sostanza stupefacente del tipo cocaina e lo ha fatto ka fronte di una sentenza di primo grado avente «un contenuto motivazionale generico e meramente assertivo». Non può non
osservarsi come tra la dichiarazione valutata dal Tribunale e dalla Corte di appello non vi sia alcuna diversità in relazione al contenuto della prova dichiarativa del teste COGNOME le cui dichiarazioni, lo si ripete, sono state acquisite sull’accordo dell parti. I giudici di merito, pur pervenendo a conclusioni diverse, hanno comunque apprezzato il contenuto accusatorio nei confronti del COGNOME, salvo ritenere – il primo giudice – che si trattava di spacciatori che operavano in un meccanismo di mutuo soccorso e che anche COGNOME si riforniva della sostanza “nei momenti di penuria anche al fine di rivenderela”. Si affermava nella sentenza di primo grado che le condotte non erano riscontrate dimenticando, quanto alla posizione del COGNOME, che erano in atti la perquisizione, il sequestro e l’arresto di COGNOME, quale, in occasione dell’episodio in contestazione, salito a bordo dell’auto del ricorrente che lo attendeva, come da accordi presi, veniva trovato in possesso di 73 grammi di cocaina. Nel vuoto motivazionale della sentenza assolutoria si assumeva, tra l’altr9 che i quantitativi di droga oggetto delle imputazioni erano per lo più modesti, senza alcun riferimento ai 73 grammi di cocaina sequestrati che avevano determinato l’arresto del COGNOME.
La Corte territorialek ha motivato diffusamente sui riscontri alle dichiarazioni legittimamente utilizzate del teste COGNOME, operando una valutazione che non afferiva affatto alla attendibilità dello stesso, inquadrandole nel contesto delle prove acquisite, per di più su fatti “oggettivi e non opinabili” con i quali, a b vedere, la difesa non si confronta affatto. La Corte territoriale ha riportato l dichiarazioni dell’AVV_NOTAIO COGNOME laddove lo stesso, dopo aver premesso che sulla scorta di attività tecniche avevano appreso che una persona, incaricata da COGNOME COGNOME doveva portare a Cagliari una partita di cocaina, ha riferito di avere svolto attivit di osservazione e di avere notato COGNOME in auto, in attesa dell’arrivo di un autobus dal quale scendeva il COGNOME. Una volta salito sull’autovettura del COGNOME, COGNOME veniva sottoposto a perquisizione in occasione della quale erano rinvenuti in dosso allo stesso, 70 grammi di cocaina. Da lì l’arresto del COGNOME e la identificazione del COGNOME, attività alla quale l’AVV_NOTAIO. COGNOME aveva preso parte.
5. Occorre, a questo punto rilevare che la difesa lamenta la circostanza che la Corte territoriale abbia utilizzato le intercettazioni disposte sull’utenza d COGNOME e lo fa in maniera aspecifica (“al di là di ogni osservazione sulla acquisibilità delle intercettazioni richiamate dal teste”), senza confrontarsi con l motivazione della sentenza emessa dalla Corte laddove a pagina 5~ssi legge “prodotte agli atti”.
La difesa si duole, ancora, della acquisizione della sentenza di applicazione pena nei confronti del concorrente nel reato, NOME COGNOME e della omessa rinnovazione mediante esame dello stesso.
6.1 Quanto al primo punto va ricordato che «la sentenza definitiva resa in altro procedimento penale, acquisita ai sensi dell’art. 238 bis cod. proc. pen può essere utilizzata non solo in relazione al fatto storico dell’intervenuta condanna o assoluzione ma anche ai fini della prova dei fatti in essa accertati, ferma restando l’autonomia del giudice di valutarne i contenuti unitamente agli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio, in rapporto all’imputazione sulla quale è chiamato a pronunciarsi» (Sez. 2 n. 52589 del 06/07/2018 ud., Rv. 275517 – 01).
6.2 Quanto al secondo profilo va rilevato che, per un verso, l’allegazione secondo la quale sarebbe stato chiesto l’esame del coimputato COGNOME è del tutto aspecifica in quanto non viene neppure indicato quando sarebbe stata formulata tale richiesta e per altro verso, che nel giudizio d’appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria. Tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito e l’obbligo di motivazioneLir~i -figgttrp, che può essere anche implicita, «si sottrae al sindacato di legittimità quando la struttura argomentativa della motivazione della decisione di secondo grado si fonda su elementi sufficienti per una compiuta valutazione in ordine alla responsabilità» (Sez. 6, n. 2972 del 04/12/2020, dep. 2021, G, Rv. 280589; Sez. 6 n. 30774 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257741; Sez. 6 n. 11907 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259893; Sez. 6, n. 5782 del 18/12/2006, COGNOME, Rv. 236064).
Del pari manifestamente infondato è il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce l’omessa pronuncia di inammissibilità dell’atto di gravame proposto dal P.G.. L’atto di appello proposto investiva la sentenza di primo grado specificatamente in relazione al reato di cui al capo UU, ritenuto riscontrato dall’attività svolta dagli investigatori / come testimoniata dall’AVV_NOTAIO confluita nella perquisizione del coimputato, nel rinvenimento di oltre 70 grammi di sostanza stupefacente e nell’arresto di costui. Dunque l’appello non era né generico né aspecifico.
Del pari manifestamente infondato l’argomento che pone in dubbio la legittimazione ad impugnare della Procura Generale, proposto in mancanza di avocazione. Sul punto va rammentato che le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 21716 del 23/2/2023 hanno affermato il principio in forza del quale il Procuratore generale che propone appello si assume la responsabilità
ordinamentale di avere esercitato il potere-dovere di coordinamento e di preliminare verifica assegnatogli dall’art. 166 dAVV_NOTAIO att. cod. proc. pen indicando i proprio ufficio come legittimato ad impugnare ai sensi dell’art. 593 bis cod. proc. pen.. Non vi è alcuna previsione normativa che consenta di sostenere che il giudice dell’impugnazione possa sindacare il contenuto dell’intesa raggiunta tra i due uffici requirenti e ciò per l’evidente ragione che tale meccanismo non determina alcuna limitazione per le ragioni difensive dell’imputato o delle altre parti private poich tende solo a che, contro la sentenza di primo grado, la parte pubblica presenti un solo atto di appello.
Del pari inammissibili il terzo e il quarto motivo con i quali si lamenta l violazione dell’art. 521 cod. proc. pen. per omessa contestazione della finalità di spaccio nell’imputazione oltre che violazioni di legge e vizi di motivazione in relazione alla destinazione allo spaccio della sostanza stupefacente.
Con motivazione né illogica né incongrua la Corte ha ritenuto che la destinazione alla cessione a terzi dello stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato (e del COGNOME) fosse contestata in fatto con riferimento anche alle modalità di apprensione dello stesso ed alla “esistenza di accordi e corresponsabilità con il COGNOME arrestato per il medesimo titolo di reato e quindi nella evidente illecita detenzione del medesimo quantitativo. La Corte, peraltro, con motivazione esente da censure ha precisato che “contrariamente a quanto valutato dal Tribunale, il capo di imputazione, pur izeindicando esplicitamente la destinazione della deroga all’attività di spaccio, descrive chiaramente la condotta, ossia quella di acquisto non lecito in quanto finalizzato allo spaccio. Su tale contestazione la difesa, nel corso di tutto il giudizio, veniva posta in grado d argomentare e difendersi, senza alcun pregiudizio a suo carico”.
Per il resto, il quarto motivo, non si confronta con la motivazione della sentenza laddove assume, mediante una lettura alternativa non consentita in questa sede, che dalle conversazioni telefoniche trascritte dalla polizia giudiziaria, ribadendo l’illegittimo utilizzo delle stesse, non si farebbe riferimento all’acquis di sostanze stupefacenti, che difetterebbero i requisiti di chiarezza e decifrabilit e che da esse emergerebbero solo vaghi indizi, dimenticando che da esse si è pervenuti al rinvenimento della cocaina oggetto dell’imputazione per la quale si è proceduto.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso proposto dall’imputato segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna oltre che al pagamento delle spese del procedimento, della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero (cfr. C. Cost. 186/2000).
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Deciso in data 11 luglio 2024