Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23507 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23507 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: NOME COGNOME nato in ALBANIA il 04/12/1982; NOMECOGNOME nato in ALBANIA il 02/03/1994;
avverso la sentenza del 10/06/2024 della Corte d’appello di Venezia
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio alla Cor d’appello competente relativamente al trattamento sanzionatorio e dichiararsi i ric inammissibili nel resto.
udito l’Avvocato COGNOME Emanuele del Foro di Verona in difesa di NOME COGNOME il quale si rip ai motivi di ricorso chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza dell’8 luglio 2022, il Giudice dell’udienza preliminare del Tribunal Verona, all’esito di giudizio celebrato nelle forme del rito abbreviato, dichiarava NOME responsabile del reato ascrittogli al capo 12) dell’imputazione, condannandolo, operata riduzione per il rito, alla pena di anni 4 mesi 8 di reclusione ed euro 20.000 di multa, o pagamento delle spese processuali e di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare subita.
Il medesimo giudice, invece, assolveva NOME COGNOME dal reato a lui ascritto al capo 1 per non aver commesso il fatto.
Per quanto concerne il capo 12), a NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME era contestato il delitto di cui all’art. 73 comma 1 D.P.R. 309/1990 per avere, in con tra loro, detenuto a fini di spaccio 453 grammi di cocaina, occultandoli all’interno d cassetta porta-attrezzi tenuta nel magazzino sito in San Bonifacio (VR), INDIRIZZO luogo di abitazione e di lavoro di NOME COGNOME, in data 5.8.2020.
Dagli atti di indagine emergeva che, in data 5.8.2020, COGNOME, accompagnato da NOME COGNOME, raggiungeva il capannone di INDIRIZZO intrattenendosi a parlare con ragazzo. I Carabinieri procedevano quindi alla perquisizione personale di Sineballa, rinvenen nelle sue mutande un involucro contenente 10 grammi di cocaina, e del capannone, trovando all’interno di una cassetta degli attrezzi occultata in un mezzo in disuso, 453 grammi di coca ripartiti in 30 involucri, e un bilancino di precisione. Veniva tratto in arresto COGNOME che ammetteva la proprietà dello stupefacente, mentre il ragazzo, identificato in COGNOME riusciva a darsi alla fuga.
Riguardo alla posizione di NOME COGNOME accusato di concorso nel reato di cui al capo 12 dagli atti di indagine emergeva che lo stesso, dopo l’arresto di COGNOME si era prod per quest’ultimo, anticipando parte delle spese legali, interloquendo con il difensore in m ai fatti e alla individuazione di chi avesse fatto la “soffiata” ai Carabinieri, nonché pr COGNOME al momento della sua scarcerazione.
Nelle conversazioni intercettate durante i colloqui in carcere tra COGNOME COGNOME e il f COGNOME, quest’ultimo riferiva che NOME COGNOME aveva anticipato 1.800 euro all’avvocato NOME. COGNOME raccontava poi al fratello di essersi assunto la responsabilità del fatto di ai Carabinieri, e che NOME e NOME erano spaventati, temendo conseguenze, ma lui li aveva rassicurati.
In sede di spontanee dichiarazioni rese in udienza, COGNOME negava ogni addebito, affermando di aver aiutato COGNOME perché era un suo dipendente da anni, ma di essersi poi fatto restituire il denaro che gli aveva anticipato.
Il GUP, all’esito dell’istruttoria, riteneva di escludere la responsabilità di NOME COGNOME il capo 12), osservando come, se anche poteva ritenersi che la sua posizione fosse di spicc rispetto a quella degli altri soggetti, non fosse consentito il “salto logico”
coinvolgimento nella detenzione dei 453 grammi di cocaina nel capannone. Rilevava inoltre come, in mancanza di altri dati investigativi, il solo fatto che COGNOME fosse stato visto ne precedenti nei pressi del capannone e che avesse incontrato i coimputati non potesse fondare i giudizio di colpevolezza.
1.2 Con sentenza del 10 giugno 2024, la Corte d’appello di Venezia, in parziale riform della sentenza impugnata, in accoglimento dell’appello del P.M., ha dichiarato NOME COGNOME responsabile del delitto ascrittogli al capo 12) e lo ha condannato alla pena di anni 4 e me di reclusione ed euro 20.000 di multa.
Sono stati ritenuti decisivi il fatto che lo stesso, dopo l’arresto di COGNOME COGNOME prodigato largamente per lui, in particolare anticipando parte delle spese legali a favore difensore di Sineballa, interloquendo col difensore in merito ai fatti in contestazi prelevando COGNOME all’uscita dalla Casa Circondariale al momento della sua scarcerazione”, nonché il fatto che “COGNOME ha fatto riferimento alle vicende che hanno portato all’arr essendo a conoscenza delle relative circostanze… esprimendosi al plurale… COGNOME ha fa pervenire a Sineballa Oljan… la richiesta di pagare 36.000 euro respinta”, riteneva ch elementi, “valutati coordinatamente nel loro insieme”, comprovassero la penale responsabilit dell’imputato.
La Corte distrettuale ha confermato nel resto la sentenza impugnata, condannando NOME COGNOME al pagamento delle spese del grado di appello.
Riguardo alla posizione di NOMECOGNOME oltre al dato della presenza in loco al momen del rinvenimento della sostanza, ha valorizzato principalmente il contenuto di una serie intercettazioni, significative del suo concorso nella detenzione.
Avverso la sentenza della Corte d’appello hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME e di NOME COGNOME
Il difensore di NOME COGNOME ha articolato tre motivi di ricorso.
3.1 Con il primo motivo, la difesa deduce il difetto di motivazione, ai sensi degli ar lett. e), in relazione agli artt. 125, comma 3, e 605, cod.proc.pen., rilevando che la sen della Corte d’Appello di Venezia non può ritenersi motivata con riferimento alle numero censure mosse alla decisione di primo grado.
Il ricorrente sottolinea che la censura riguarda sia l’aspetto relativo alla ricostruz fatti e conseguente affermazione di responsabilità penale di NOME COGNOME sia il pr attinente al trattamento sanzionatorio.
In relazione al primo aspetto, il ricorrente evidenzia che i giudici di secondo grado formula definita “quasi di stile”, hanno affermato, a pag. 8 della decisione, che “la posizi NOME COGNOME è stata oggetto di attento e minuzioso esame da parte del giudice di prime cur che è giunto all’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, a fronte di ciò non offerta dalla difesa una valida credibile diversa ricostruzione dei fatti”.
L’affermazione, secondo il ricorrente, non valuta adeguatamente tanto le specifiche censure mosse alla decisione di primo grado, quanto la diversa ricostruzione dell’accadut prospettata dalla difesa, che presenterebbe i medesimi requisiti di solidità indiziaria di proposta dall’accusa.
3.2 Con il secondo motivo, il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 606 lett. b), in re agli artt. 533, comma 1, 187 e 192 cod.proc.pen, la valutazione probatoria operata dalla Cor d’Appello.
In proposito rileva che il giudice di secondo grado si è limitato a parlare di “att minuzioso esame” effettuato in primo grado, senza confrontarsi con le numerose circostanze non adeguatamente spiegate nella ricostruzione del GUP.
In particolare, il difensore evidenzia che all’imputato è contestato, in concorso con persone, di aver detenuto, a fini di spaccio, 453 grammi di cocaina occultati in una casse porta-attrezzi nel magazzino di San Bonifacio, luogo di lavoro di NOME COGNOME, in assenz prove di un’attività concorrente di Sina Emiliano nel reato.
3.3 Con il terzo motivo, il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod.proc relazione agli artt. 62-bis e 133 cod.pen., il diniego delle circostanze attenuanti generich mancata rideterminazione della pena.
Il difensore evidenzia che il corretto comportamento processuale tenuto dall’imputato, ch non ha posto in essere alcuna attività dilatoria ed ha anzi fornito giustificazione del p operato, unitamente alla sua situazione familiare particolarmente complessa, documentata in atti, avrebbero dovuto indurre il giudice a concedere le attenuanti generiche.
4. Il difensore di NOME COGNOME ha articolato tre motivi di ricorso.
4.1 Con il primo motivo, la difesa deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett cod.proc.pen., in relazione all’art. 111, comma 6, Cost. e dell’art. 546, comma 1, cod.proc.pe la violazione delle norme di legge che impongono la motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, ed in particolare delle sentenze, lamentando che la Corte d’Appello di Venez venendo meno ai precetti di legge, abbia reso una motivazione apparente ed in realtà del tutt assente, priva di logica probatoria e critica rispetto alla sentenza assolutoria del giud primo grado.
Il ricorrente evidenzia che il giudice di secondo grado abbia rivalutato un unico att indagine (l’informativa finale dei Carabinieri), senza un vaglio critico sia delle osservazion in ottica assolutoria dal giudice di primo grado, sia delle osservazioni effettuate dalla dife
Deduce che, con il mero rimando all’informativa citata, il giudice di secondo grado omesso di confrontarsi, secondo canoni di logica critica, con gli altri elementi valutati i dal giudice di primo grado, rendendo la decisione di appello del tutto apparente e priva motivazione.
4.2 Con il secondo motivo, formulato ex art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., ricorrente lamenta la carenza e la manifesta illogicità della motivazione resa dalla C
d’Appello sul capo 12 di imputazione, rilevando che la stessa omette di prendere i considerazione una molteplicità di elementi probatori, tra cui anche le censure contenu nell’atto d’appello del Pubblico Ministero.
4.3 Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod.proc.pen., in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod.pen, la totale omissione, sentenza impugnata, di qualsiasi riferimento ai criteri di determinazione della pena e valutazione in ordine alla concedibilità o meno delle circostanze attenuanti generiche
Il Procuratore Generale ha depositato memoria, chiedendo annullarsi con rinvio alla Corte d’Appello competente relativamente al trattamento sanzionatorio e dichiararsi i rico inammissibili nel resto.
Il difensore di NOME COGNOME ha depositato motivi aggiunti, con cui ha ulteriorme illustrato i motivi di ricorso, suddividendo il terzo motivo dell’originario ricorso in due rispettivamente riferite alla mancata concessione delle attenuanti generiche e alla eccessiv della pena inflitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è infondato.
In ordine al primo motivo di ricorso, si deve innanzitutto definire la relazione intercorre tra le due sentenze di merito.
La questione assume rilevanza preliminare, data la necessità di individuare l’ambito d riferimento dei motivi di ricorso, ovvero se debba essere circoscritto alla sola sentenz appello o se possa essere esteso anche alle argomentazioni contenute nella decisione di primo grado.
Va premesso che, in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, la sentenza appellata e quella di appello, quando non vi è difformità sui punti denunciati integrano vicendevolmente, formando un tutto organico e inscindibile, una sola entità logico giuridica, alla quale occorre fare riferimento per giudicare della congruità della motivaz integrando e completando con quella adottata dal primo giudice le eventuali carenze di quell di appello (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Genitore e altro – Rv. 266617-01; Sez.6, n.2841 del 13/11/2012, dep. 2013, COGNOME, Rv. 256435; Sez. 3, n. 13926 del 10/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 252615; Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, COGNOME, Rv. 209145; Sez. 2, n. 1309 del 22/11/1993, dep. 1994, COGNOME, Rv. 197250).
Inoltre, costituisce orientamento interpretativo consolidato nella giurisprudenza della Co di legittimità che, nel caso di doppia conformità, sia ammissibile la motivazione della sente d’appello per relationem a quella della decisione di primo grado, sempre che le censure formulate contro la prima sentenza non contengano elementi e argomenti diversi da quelli già
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esaminati e disattesi, in quanto il giudice di appello, nel controllare la fondatezza elementi su cui si regge la sentenza impugnata, non è tenuto a riesaminare questioni sommariamente riferite dall’appellante nei motivi di gravame, sulle quali si sia soffermat primo giudice, con argomentazioni ritenute esatte e prive di vizi logici, non specificament criticamente censurate.
La motivazione della sentenza di appello è del tutto congrua, in altri termini, se il gi d’appello abbia confutato gli argomenti che costituiscono “l’ossatura” dello schema difensi dell’imputato, e non una per una tutte le deduzioni difensive della parte, ben potendo, in opera, richiamare alcuni passaggi dell’iter argomentativo della decisione di primo grad quando appaia evidente che tali motivazioni corrispondano anche alla propria soluzione alle questioni prospettate dalla parte (Sez. 6, n. 1307 del 26.9.2002, dep. 2003, COGNOME, R 223061).
Nel caso in esame, le questioni proposte nei motivi di appello risultano già puntualment affrontate nella sentenza di primo grado. Le specifiche deduzioni difensive, in ordine a prospettata mancanza di motivazione, sussistendo i requisiti per ritenere la doppia conformità sono infondate, in considerazione della esaustiva risposta che si ricava dalla lettura congiu delle decisioni ai motivi di censura.
In relazione al secondo motivo, concernente la valutazione probatoria operata dai giudici di merito, occorre ricordare i limiti del sindacato di legittimità.
A fronte dei rilievi esposti dal ricorrente, appare opportuno rammentare che compito d questa Corte non è quello di ripetere l’esperienza conoscitiva del Giudice di merito, bensì verificare se il ricorrente sia riuscito a dimostrare, in questa sede di legittimità, l’incomp strutturale della motivazione della Corte di merito; incompiutezza che derivi dalla presenza argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati s contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vi insormontabili incongruenze tra loro ovvero dal non aver il decidente tenuto presente fa decisivi, di rilievo dirompente dell’equilibrio della decisione impugnata, oppure dall assunto dati inconciliabili con “atti del processo”, specificamente indicati dal ricorrente siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa tale che la lo rappresentazione disarticoli l’intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radica incompatibilità così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione (Cass. Sez. 2, n. 13994 del 23/03/2006, P.M. in proc. Napoli, Rv. 233460; Cass. Sez. 1, n. 20370 del 20/04/2006, COGNOME ed altri, Rv. 233778; Cass. Sez. 2, n. 19584 del 05/05/2006, COGNOME ed altri, Rv. 233775; Cass. Sez. 6, n. 38698 del 26/09/2006, imp. COGNOME ed altri, Rv. 234989
Pertanto, il ricorso per cassazione è ammesso per vizi della motivazione riconducibili sol e tassativamente, alla motivazione totalmente mancante o apparente, manifestamente illogica o contraddittoria intrinsecamente o rispetto ad atti processuali specificamente indicati, nei in cui il giudice abbia affermato esistente una prova in realtà mancante o, specularmente
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ignorato una prova esistente, nell’uno e nell’altro caso quando tali prove siano i determinanti per condurre a decisione diversa da quella adottata. Il giudice di legittimità può conoscere del contenuto degli atti processuali per verificarne l’adeguatezz dell’apprezzamento probatorio, perché ciò è estraneo alla sua cognizione: sono pertanto irrilevanti, perché non possono essere oggetto di alcuna valutazione, tutte le deduzioni c introducano direttamente nel ricorso parti di contenuto probatorio, tanto più se articolat concreto ponendo direttamente la Corte di cassazione in contatto con i temi probatori e materiale loro pertinente al fine di ottenerne un apprezzamento diverso da quello dei giudi del merito e conforme a quello invece prospettato dalla parte ricorrente (in tal senso anc Sez. 7, n. 12406 del 19/02/2015 – dep. 24/03/2015, COGNOME, Rv. 262948).
Nel caso di specie, l’esame congiunto delle sentenze di merito mostra come la responsabilità di NOME COGNOME sia stata logicamente e coerentemente affermata sulla base di un articolato quadro indiziario.
Il GUP ha fondato il proprio convincimento su plurimi elementi di prova, tra cui la presen di NOME COGNOME insieme a NOME COGNOME presso il capannone dove è stato rinvenuto lo stupefacente; il contenuto di conversazioni intercettate in cui NOME COGNOME chiedeva COGNOME se questi si fosse assunto la responsabilità della detenzione dello stupefacent ricevendo risposta affermativa (RIT n. 258/2020, progr. n. 8, p. 1061); una conversazione i cui NOME, parlando con il fratello, riferiva che COGNOME (NOME COGNOME gli aveva chiest sarebbe preso tutta la responsabilità; una conversazione dello stesso NOME COGNOME con NOME COGNOME in cui affermava: “se invece quelli ci aprivano un problema più grande se ci beccavano dentro quando è arrivato COGNOME… quel giorno che c’era COGNOME… per parlare, giusto per parla mettiamo caso che succedeva e come ha detto lui ‘il peggio che poteva succedere’…” (RIT n. 142/2020, progr. n. 29, p. 1096).
Da questi elementi il giudice di primo grado ha logicamente dedotto la consapevolezza di NOME COGNOME circa la presenza dello stupefacente nel capannone e il suo concorso nel reato di detenzione a fini di spaccio.
La Corte d’appello ha confermato tale valutazione, ritenendo che il giudice di prime cur avesse svolto un “attento e minuzioso esame” della posizione dell’imputato.
D’altro canto, va rilevato che nonostante l’evocazione di vizi per i quali è previsto il r per cassazione, i motivi di ricorso propongono essenzialmente censure in fatto opponendo al giudizio dei giudici una diversa valutazione dei fatti accertati, con manifestazione pri illogicità.
Gli ultimi due motivi, concernenti le circostanze attenuanti generiche e il trattam sanzionatorio, sono infondati.
In proposito, va premesso che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del meri esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purc non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati ne
133 cod. pen., considerati preponderanti ai fini della concessione o dell’esclusione (cfr. Sez n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME Rv. 271269-01; nella specie, la Corte di cassazione h ritenuto sufficiente, ai fini dell’esclusione delle attenuanti generiche, il richiamo in sen numerosi precedenti penali dell’imputato).
Nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che i giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle p rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti comunque rilevanti, rimanendo tutti gli altri disattesi o superati da tale valutazione (Sez. 28535 del 19/03/2014, Lule, Rv. 259899; Sez. 6, n. 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244-01).
Al fine di ritenere o escludere le circostanze attenuanti generiche il giudice può limita prendere in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 cod. pen., quello che ritiene preva e atto a determinare o no il riconoscimento del beneficio, sicché anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all’entità del reato e alle modalità di esecuzi esso può risultare all’uopo sufficiente (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, R 279549-01; Sez. 2, n. 3609 del 18/01/2011, COGNOME, Rv. 249163-01).
Nel caso di specie, i giudici di merito hanno fatto riferimento, da un lato, all’assen elementi positivi, dall’altro, all’elevato dato ponderale e alla natura pesante della sos stupefacente illecitamente detenuta.
Quanto al trattamento sanzionatorio, questa Corte ha avuto più volte modo di precisare che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti p le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di mer quale, per assolvere al relativo obbligo di motivazione – non sindacabile in sede di legittim è sufficiente che dia conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. con espre del tipo: “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, come pure con il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere, essendo, invece, necessaria una specifica dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale (ex multis, Sez. 3, n. 6877 del 26/10/2016, d 2017, S., Rv. 269196; Sez. 2, n. 36104 del 27/04/2017, Mastro, Rv. 271243).
È stato altresì precisato che non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione de giudice nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale che deve esser calcolata non dimezzando il massimo edittale previsto per il reato, ma dividendo per due numero di mesi o anni che separano il minimo dal massimo edittale ed aggiungendo il risultato così ottenuto al minimo (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, Del Papa, Rv. 276288).
Nel caso di specie, la pena concretamente inflitta è stata applicata dai giudici di meri misura inferiore alla media edittale e parametrata alla gravità del fatto, puntualme sottolineato dagli stessi, sicchè non appare fondata la relativa censura.
Il ricorso di NOME deve essere pertanto respinto, lo la condanna del medesimo al pagamento delle spese processuali.
I primi due motivi del ricorso di NOME COGNOME, afferenti al vizio di motivazione in all’accertamento di responsabilità, sono fondati.
5.1 II tema della motivazione rafforzata in caso di riforma in appello di una senten assolutoria è stato affrontato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 14800 del 21/12/2017, c ha sancito il principio secondo cui la presunzione di innocenza e il ragionevole dubb impongono soglie probatorie asimmetriche in relazione alla diversa tipologia dell’epilo decisorio: la certezza della colpevolezza per la condanna, il dubbio processualmente plausibile per l’assoluzione.
Analoghe sono le conseguenze sull’estensione dell’obbligo di motivazione, che, in caso di totale riforma in grado di appello, si atteggia diversamente a seconda che si verta nell’ipo di sovvertimento della sentenza assolutoria ovvero in quella della totale riforma di sentenza di condanna. Mentre nel primo caso, al giudice d’appello si impone l’obbligo d argomentare circa la plausibilità del diverso apprezzamento come l’unico ricostruibile al di l ogni ragionevole dubbio, in ragione di evidenti vizi logici o inadeguatezze probatorie abbiano inficiato la permanente sostenibilità del primo giudizio, per il ribaltamento d sentenza di condanna, al contrario, il giudice d’appello può limitarsi a giustificare la perdu sostenibilità di ricostruzioni alternative del fatto, sulla base di un’operazione essenzialmente demolitivo.
5.2 Nel caso in esame, la Corte d’appello ha riformato la sentenza assolutoria di prim grado, ritenendo la responsabilità di NOME COGNOME per il reato contestato al capo 12.
La motivazione addotta a sostegno di tale riforma si fonda essenzialmente su un unico elemento: il comportamento tenuto dall’imputato dopo l’arresto di NOME COGNOME consisti nell’anticipare parte delle spese legali, nell’interloquire con il difensore e nel prel coimputato al momento della sua scarcerazione.
Tuttavia, il suddetto elemento era stato già ampiamente valutato dal giudice di prim grado, il quale, all’esito di un percorso argomentativo articolato e logicamente coerente, ave ritenuto che da esso non potesse desumersi, al di là di ogni ragionevole dubbio, l responsabilità dell’imputato in ordine alla detenzione dello stupefacente rinvenuto n capannone.
La Corte d’appello, nel riformare la sentenza assolutoria, avrebbe dovuto fornire un motivazione rafforzata, confrontandosi puntualmente con le argomentazioni sviluppate dal giudice di primo grado e dimostrando, con un’analisi approfondita e critica dell’in compendio probatorio, l’esistenza di vizi logici o di inadeguatezze tali da rendere insosteni la decisione di assoluzione.
Al contrario, la motivazione della sentenza impugnata risulta carente sotto moltepli profili.
La Corte d’appello non ha adeguatamente confutato le argomentazioni svolte dal giudice di primo grado, limitandosi a riportare uno stralcio dell’informativa finale dei Carabinie
valorizzare un elemento (l’interessamento di COGNOME per COGNOME) che era stato già ampiamente considerato.
Non ha considerato gli elementi a discarico emersi dalle indagini, tra cui gli esiti neg delle perquisizioni effettuate a carico dell’imputato, che il GUP aveva ritenuto significativi.
Non ha adeguatamente valutato le dichiarazioni spontanee rese dall’imputato, il quale aveva fornito una spiegazione alternativa del suo comportamento, affermando di aver aiutato COGNOME in quanto suo dipendente da anni e di essersi poi fatto restituire il denaro anticipa
Non ha considerato il contenuto di intercettazioni ambientali che confermavano la restituzione del denaro anticipato per la difesa di Sineballa, circostanza che avrebbe potu corroborare la versione dell’imputato.
Non ha considerato gli elementi evidenziati nella consulenza tecnica prodotta dalla difesa sulle intercettazioni ambientali.
Come correttamente rilevato dal ricorrente, la Corte d’appello si è limitata a utilizzar passaggio della sentenza di primo grado in cui veniva esposta la tesi accusatoria, prima dell sua confutazione da parte del GUP. Tale circostanza dimostra l’assenza di un’analisi critica approfondita delle risultanze processuali.
In sostanza, la Corte d’appello non ha adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata che le Sezioni Unite, nella sentenza suindicata, hanno individuato come necessario in caso di riforma di una sentenza assolutoria. La motivazione risulta infatti carente, illogica e pr quel confronto critico con le argomentazioni del giudice di primo grado che avrebbe dovuto caratterizzarla.
5.3 II vizio motivazionale risulta evidente, considerando che il GUP, nella sentenza di prim grado, aveva dedicato ampio spazio alla valutazione degli elementi probatori relativi al posizione di NOME COGNOME prendendo in considerazione molteplici elementi: servizi di OCP, intercettazioni, CNR, esiti negativi delle perquisizioni effettuate all’imputato, dichia spontanee rese dallo stesso e valutazioni del Tribunale del Riesame di Venezia.
A fronte della approfondita motivazione assolutoria, la Corte d’appello ha fornito un motivazione del tutto inadeguata, limitandosi ad affermare che gli elementi evidenziat “valutati coordinatamente nel loro insieme”, comproverebbero la penale responsabilità dell’imputato, senza spiegare perché tali elementi dovrebbero prevalere su quelli valorizzati d giudice di primo grado a sostegno dell’assoluzione.
La decisione va pertanto annullata nei confronti di NOME COGNOME con rinvio, per nuov giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia.
Assorbiti gli ulteriori motivi.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata nei confronti di NOME COGNOME e rinvia, per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’appello di Venezia. Rigetta il ricorso di NOME COGNOME e condan il predetto ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così è deciso, 30/04/2025
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