Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 5676 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 5676 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Fossombrone il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 05/12/2022 della Corte d’appello di Ancona
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento della sentenza con rinvio sulla recidiva e l’inammissibilità nel resto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO che ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnata sentenza la Corte d’appello di Ancona, in riforma della sentenza di assoluzione del Tribunale di Urbino, ha condannato l’imputato, con le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla recidiva reiterata, alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 2 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, perché, quale titolare dello “RAGIONE_SOCIALE“, al fin di evadere le imposte sui redditi e sul valore aggiunto, indicava nella dichiarazione
annuale relativa alle suddette imposte per l’anno 2011, elementi passivi fittizi avvalendosi di fatture per operazioni in parte inesistenti emesse dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE e dalla ditta individuale RAGIONE_SOCIALE, per importi indicati nel capo di imputazione.
Con la medesima sentenza sono state applicate le pene accessorie e disposta la confisca per equivalente fino alla concorrenza della somma di C 219.356,00, ai sensi dell’art. 12 d.lgs 10 marzo 2000, n. 74, quale profitto del reato.
1.1. Il Tribunale di Urbino aveva assolto l’imputato perché il fatto non sussiste ritenendo che, alla luce delle testimonianze RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e della documentazione acquisita, era dimostrato che la prestazione indicata nelle fatture fosse stata effettivamente svolta. Le imprese individuali emittenti erano esistenti e non mere cartiere, gli investimenti per l’acquisto di impianti fotovoltaici erano caratterizzat forti intenti speculativi, legati all’entità dei contributi, con la conseguenza che, ri gli incentivi statali, molti degli impianti recati nelle fatture, legati ad una percen sui contratti conclusi, non erano stati pagati ai collaboratori, che gli importi elev dei compensi indicati nelle fatture erano stati ritenuti non congrui in base ad un ragionamento essenzialmente di carattere presuntivo e inidoneo a ritenere inesistente la prestazione indicata e che, di conseguenza, non essendo stati acquisiti elementi per ritenere che l’attività di collaborazione indicate nelle fatture non fos avvenuta per nulla o in parte, l’imputato doveva essere assolto con la formula piena.
1.2. La Corte d’appello di Ancona, investita dell’impugnazione del Pubblico Ministero, è pervenuta a diverso epilogo di condanna sulla scorta di una diversa valutazione del compendio probatorio e segnatamente delle dichiarazioni testimoniali di COGNOME e COGNOME, assunte ai sensi dell’art. 603 cod.proc.pen., e della valutazione del compendio documentale.
Secondo la sentenza impugnata era dimostrata l’inesistenza parziale delle prestazioni indicate nelle fatture oggetto di contestazione emesse dalle ditte individuali RAGIONE_SOCIALE, nella specie sovrafatturazione, in ragione della circostanza che gli accordi di collaborazione erano solo verbali, che le ditte individual non avevano alcuna struttura aziendale, che le fatture erano state emesse dallo stesso RAGIONE_SOCIALE di contabilità del quale si serviva il COGNOME, che le fatture recavan indicazioni generiche in ordine all’attività svolta, che entrambi i soggetti emitten non avevano percepito il compenso fatturato, né avevano intrapreso azioni legali per il recupero, che il COGNOME aveva utilizzato una partita iva relativa ad una ditta cessata nel 1995, che non vi era alcuna conferma nei movimenti bancari, non risultando
pagati neppure gli acconti, ma che, soprattutto, il totale delle fatture emesse, rispettivamente per C 175.000,00 quelle emesse da COGNOME, e per C 168.000,00 quelle emesse da COGNOME, erano per importi che tenuto conto delle percentuali pattuite, risultavano afferenti ad imponibile non congruo in quanto pari a quasi la totalità del fatturato della ditta dell’imputato, elemento da cui la corte territoria tratto la conclusione dell’inesistenza in parte delle fatture e segnatamente nell’importo ritenuto certamente inferiore, e, dunque, ritenendo integrato il reato contestato sotto il profilo della sovrafatturazione.
Avverso alla sentenza ha proposto ricorso l’imputati a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
Violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione all mancanza di motivazione rafforzata.
La Corte d’appello sarebbe pervenuta alla condanna, con ribaltamento del giudizio assolutorio, sulla scorta degli stessi elementi di fatto valutati dal pr giudice omettendo il necessario confronto con la sentenza di assoluzione e ritenendo maggiormente convincente la mera sproporzione, ritenuta su base meramente presuntiva, degli importi indicati nelle fatture emessi dai collaboratori COGNOME rispetto al fatturato complessivo dello “RAGIONE_SOCIALE” del ricorrente.
Tale ragionamento sarebbe illogico, e la sentenza impugnata non sarebbe dotata di forza persuasiva maggiore rispetto a quella di assoluzione. Né si sarebbe confrontata con le osservazioni svolte dalla difesa che evidenziavano anche un travisamento probatorio.
Violazione di cui 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. in relazione alla mancanza di motivazione in relazione alla sussistenza della recidiva reiterata in assenza di motivazione sulla maggiore pericolosità del ricorrente.
Il difensore ha depositato motivi nuovi, ex art. 585 comma 4 cod.proc.pen., con i quali, in relazione al primo motivo di ricorso, ha rilevato il travisamento probator nel quale sarebbe incorsi i giudici dell’impugnazione là dove avrebbero affermato l’inesistenza – inapplicabilità – inefficacia del contratto avente quale compenso per l’attività svolta una percentuale sul fatturato variabile dal 7,5 al 15 % (quanto RAGIONE_SOCIALE) e la circostanza che le fatture non vennero mai onorate, risultando al contrario onorate almeno in parte e, in relazione al secondo motivo ha insistito nella assenza di motivazione in punto riconoscimento degli effetti della recidiva secondo
l’insegnamento delle Sezioni Unite.
In udienza, il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto l’annullamento con rinvio limitatamente alla recidiva, inammissibile nel resto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato in relazione al secondo motivo, nel resto va rigettato.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
Va, anzitutto, ricordato che, secondo gli approdi di questa Corte di legittimità, deve ritenersi pacifico che la riforma in appello del giudizio assolutorio di primo grado impone al giudice del gravame il rispetto di due regole: per un verso, il ribaltamento deve poggiare su una motivazione c.d. rafforzata e, per altro verso, qualora scaturisca da un diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, la riforma presuppone la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, e ciò perchè il giudizio d colpevolezza sia conforme al parametro dell’a/ di là di ogni ragionevole dubbio e ai principi espressi dalla giurisprudenza della Corte Edu in tema di interpretazione dei principi contenuti nella Convenzione europea dei diritti dell’Uomo e segnatamente dall’art. 6 i par. 3 flett d) ) della Convenzione europea dei diritto dell’Uomo.
In relazione al primo motivo di ricorso, con riguardo al solo profilo della motivazione rafforzata, non venendo in rilievo il tema della rinnovazione dell’istruttoria essendo stati risentiti i testi COGNOME e COGNOME, deve rammentarsi, com affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte Suprema, che “in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionament probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugnato” (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, dep. 20/09/2005, COGNOME, Rv. 231679). Tale affermazione è stata reiteratamente espressa dalla giurisprudenza successiva (Sez. n. 6, n. 10130 del 20/01/2015 Rv 262907; Sez. 6, n. 39911 del 04/06/2014, Rv. 261589; Sez. 2, n. 50643 del 18/11/2014, Rv. 261327; Sez. 5, n. 8361 del 17/01/2013 Rv. 254638), si da essere considerato orientamento consolidato il principio secondo cui, in tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che riformi la decisione di assoluzione del giudice di primo grado, nella specie pervenendo a una sentenza di condanna, non può limitarsi ad inserire nella struttura argomentativa della decisione impugnata, genericamente richiamata, delle notazioni critiche di dissenso, essendo, invece, necessario, per non incorrere nel vizio di motivazione, che riesamini, sia pure in sintesi, il complessivo materiale probatorio vagliato dal primo giudice, dando conto
delle ragioni dell’incompletezza, dell’incoerenza tali da giustificare la riforma de sentenza impugnata.
Orbene, così delineati i termini della questione, la sentenza impugnata ha rispettato tale dictum.
La torte territoriale ha ripercorso il giudizio di primo grado, ha riportat motivi di impugnazione ed è pervenuta al diverso epilogo dando conto delle ragioni dell’incompletezza e dell’incoerenza della conclusione del primo giudice, tali da giustificare la riforma della sentenza impugnata.
La Corte territoriale ha esaminato lo stesso materiale probatorio, rinnovando le testimonianze dei soggetti emittenti, ed è pervenuta ad un giudizio di condanna fondato sulla maggior forza persuasiva del ragionamento che si fondava, a sua volta, sulla valutazione complessiva degli elementi presi in esame dal giudice di primo grado che, peraltro, Ri aveva sottaciuto la valenzakli alcuniv”(la circostanza che il RAGIONE_SOCIALE avesse utilizzato una partita iva chiusa nel 1995 e la circostanza che le fatture dell ditte emittenti erano state emesse dallo stesso RAGIONE_SOCIALE di consulenza dell’imputato).
La torte territoriale, all’esito della rinnovazione delle dichiarazioni rese d soggetti emittenti, ha offerto una congrua motivazione all’esito della valutazione complessiva del materiale probatorio evidenziando l’incoerenza delle ragioni dell’assoluzione superate da puntuale argomentazione che soddisfa l’obbligo di motivazione rafforzata. Segnatamente, come evidenziato al par. 1.2., gli accordi di collaborazione erano solo verbali, le ditte individuali non avevano alcuna struttura aziendale, le fatture erano state emesse dallo stesso RAGIONE_SOCIALE di contabilità del quale si serviva il COGNOME, le fatture recavano indicazioni generiche in ordine all’atti svolta, entrambi i soggetti emittenti non avevano percepito il compenso fatturato, né avevano intrapreso azioni legali per il recupero, il COGNOME aveva utilizzato una partita iva relative ad una ditta cessata nel 1995, che non vi era alcuna conferma nei movimenti bancari, non risultando pagati neppure gli acconti. L’incoerenza tra importo delle fatture rispetto al fatturato della ditta dell’imputato, dato sconfessato dalle deduzioni difensive che attraverso la censura del travisamento probatorio tende invero alla rivalutazione del fatto, è logicamente spiegata, dai giudici territoriali, tenuto conto delle complessive risultanze probatorie (tra cui la partita cessata che non era stata valutata dal primo giudice) ragionamento logico, che non supera il dubbio di cui all’art. 530 comma 2 / cod.proc.pen., in ordine alla prova della sovrafatturazione che integra la parziale inesistenza punita dall’art. 2 d.lvo n. 74 de 2000, contestata al ricorrente.
È fondato il secondo motivo di ricorso. La torte territoriale non ha reso alcuna motivazione in relazione all’applicazione della recidiva.
Come è noto, in tema, al fine di porre alcuni punti fermi, sono intervenute le PtSezioni Unite di questa Corte (S.U. n. 35738 del 27/05/2010 P.G. in<Calibè, Rv. 247838) che hanno stabilito che la recidiva, operando come circostanza aggravante inerente alla persona del colpevole, va obbligatoriamente contestata dal pubblico ministero, in ossequio al principio del contraddittorio, ma può non essere ritenuta configurabile dal giudice, a meno che non si tratti dell'ipotesi di recidiva reiterata prevista dall'art. 99, comma 5, cod. pen., (prima della pronuncia della Corte cost. n. 185 del 2015) nel qual caso va anche obbligatoriamente applicata. Nell'enunciare tale principio, la Corte ha precisato che, in presenza di contestazione della recidiva a norma di uno dei primi quattro commi dell'art. 99 cod. pen., è compito del giudice quello di verificare in concreto se la reiterazione dell'illecito sia sintomo effettivo di riprovevolezza della condotta e di pericolosità del suo autore, avuto riguardo alla natura dei reati, al tipo di devianza di cui essi sono il segno, alla qualità e al grado di offensività dei comportamenti, alla distanza temporale tra i fatti e al livello di omogeneità esistente tra loro, all'eventuale occasionalità della ricaduta e a ogni altro parametro individualizzante significativo della personalità del reo e del grado di colpevolezza, al di là del mero e indifferenziato riscontro formale dell'esistenza di precedenti penali che peraltro, nel caso in esame, neppure vengono elencati.
Nel giudizio di rinvio, la Corte d'appello, valuterà altresì l'eventuale ricorrenza della causa di proscioglimento, ex art. 129 cod.proc.pen., della prescrizione del reato maturata prima della pronuncia della sentenza di annullamento (Sez. 5, n. 22781 del 30/03/2021, Riviello, Rv. 281316 – 01) i cui termini dipendono dal riconoscimento o meno della contestata recidiva.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione della recidiva con rinvio alla Corte d'appello di Perugia. Rigetta nel resto il ricorso.
CIA deciso il 22/11/2023
k