Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 46834 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 46834 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nata a Caserta il 05/12/1966 rappresentata e difeso dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso la sentenza emessa in data 22/03/2024 della Corte di Appello di Napoli, seconda sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
preso atto che è stata richiesta dalle parti la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, cor bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dal legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5-duodecies del dl. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’ 17 del d.l. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, 112;
udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME che, riportandosi memoria scritta in data 02/09/2024, ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito il difensore della ricorrente, avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’ NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, la Corte di Appello di Napoli – in parziale riforma de pronuncia assolutoria con la formula perché il fatto non costituisce reato emessa in dat 16/06/2022 dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere ed appellata dal Pubblico Ministero – ha dichiarato la responsabilità di COGNOME NOME per il delitto di riciclaggio ( contestato a a) di imputazione) della somma di euro 670.450,00, provento di delitti di natura finanzia commessi da COGNOME NOME, da costei ricevuta sul conto corrente della società RAGIONE_SOCIALE di cui era legale rappresentante mediante un simulato contratto preliminare di vendita di u immobile sito in Castelmorrone; previa concessione di attenuanti generiche ha irrogato la pena di anni tre di reclusione ed euro 5.000,00 di multa, con dichiarazione di interdizione dai pub uffici per la durata di cinque anni.
Ha proposto ricorso per cassazione l’imputata, tramite i propri difensori fiduciari, con atti distinti.
2.1 Con atto a firma avv. COGNOME vengono articolati i seguenti motivi.
2.1.1. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 581 codice di rito.0=Rg:Ep
La Corte di appello avrebbe dovuto dichiarare inammissibile l’appello del pubblico ministero per duplice difetto di specificità dei motivi di gravame.
Sotto un primo profilo, rilevabile ai sensi dell’art. 581, comma 1, lett. a) cod. proc. si deduce che l’atto di impugnazione è privo di riferimenti specifici alla motivazione della sente di primo grado e non indica i punti della decisione a cui esso si riferisce.
Sotto un secondo profilo, rilevabile ai sensi dell’art. 581, comma 1, lett. b) e comma 1 bis cod. proc. pen., si rileva che l’appello non si confronta con il costrutto argomentativo pronuncia del Tribunale mancando specifiche censure alla valutazione delle prove poste a fondamento del giudizio assolutorio, non essendo esplicitamente enunciati i rilievi criti relazione alle ragioni di fatto e di diritto espresse nel provvedimento impugnato che – dopo ave scandagliato tutte le prove dichiarative e documentali assunte in dibattimento – confutava modo chiaro e approfondito tutte le considerazioni sviluppate dal pubblico ministero in sede d conclusioni rilevando come, seppure l’operazione immobiliare oggetto di contestazione apparisse prima facie anomala, numerosi erano gli elementi che ponevano in dubbio la consapevolezza dell’imputata di avere utilizzato utilità provento di reati fiscali ascritti a COGNOME NOME, che altre somme di lecita provenienza riconducibile ai patrimoni societari dei Centri Morrone.
L’atto di appello costituisce semplicemente la mera riproposizione, financo letterale, del requisitoria scritta depositata in sede di conclusioni.
La questione di inammissibilità, dedotta con articolata memoria difensiva, è stata disattes dalla Corte di Appello con una mera formula di stile ritenendo “sufficientemente articolate ragioni fattuali e giuridiche del gravame”.
2.1.2. Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod, pro pen. in relazione all’art. 648 bis cod. pen, violazione dell’art. 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 533 cod. proc. pen. e violazione dell’art. 606, comma 1 lett. e) proc. pen. per mancanza di motivazione rafforzata.
Il Tribunale aveva ricostruito l’operazione immobiliare effettuata dall’imputata e rite integrati gli elementi oggettivi del contestato delitto di riciclaggio, ma non provato l’el soggettivo del dolo, neppure nella forma eventuale, e cioè la consapevolezza in capo a costei dell’ origine illecita delle somme di denaro impiegate.
La Corte di appello, nel ribaltare il giudizio assolutorio, ha semplicemente trasfuso sentenza le argomentazioni contenute nella requisitoria scritta del pubblico ministero che giudice di primo grado aveva già motivatamente confutato.
Il raffronto tra le due motivazioni rende palese come il collegio di secondo grado non abb adempiuto all’obbligo di motivazione rafforzata che impone di indicare le ragioni per le qual materiale probatorio abbia una valenza dimostrativa del tutto diversa rispetto a quella riten dal giudice di primo grado, tale da far venire meno” ogni ragionevole dubbio” e che, in caso contraria valutazione delle evenienze dibattimentali, avrebbe comunque reso necessaria la loro rinnovazione ai sensi dell’art. 603 cod. proc. pen.
La Corte territoriale non ha infatti spiegato come l’imputata potesse ipotizzare che la somma di euro 675.000,00, oggetto di riciclaggio, costituisse il profitto (inteso come risparmio di s di reati tributari commessi anni prima e realizzati attraverso operazioni complesse e sofistic che ella non poteva comprendere; non ha considerato – sotto il profilo del rapporto della COGNOME con la famiglia ed il gruppo COGNOME ritenuto dal collegio di tipo fiduciario – che l’im era semplicemente la titolare dell’impresa incaricata delle pulizie presso il centro Morr all’interno del quale, quindi, non aveva alcun ruolo gestorio; neppure ha tenuto in debito con che al momento dei bonifici contestati come riciclaggio le casse del centro Morrone erano assai floride, sicchè era ben arduo per l’imputata immaginare che tali somme provenissero da imposte non pagate anni prima.
A sostegno della sussistenza della prova del dolo, la Corte di appello ha dato rilevo carattere fittizio della operazione immobiliare che invece non si configura in quant documentato che la società RAGIONE_SOCIALE aveva acquistato il complesso immobiliare per euro 700.000,00 sostenendo poi costi di ristrutturazione per circa 2 milioni di euro; peraltro, passaggi di somme dal gruppo RAGIONE_SOCIALE alla società RAGIONE_SOCIALE sono tracciati. Non è idonea a sorreggere la affermata consapevolezza dell’imputata in ordine alla provenienza illecita di t denaro la mancata esecuzione del preliminare di vendita dell’immobile atteso che (come emerge dalle dichiarazioni rese in dibattimento da COGNOME Renato con le quali la Corte di appello non
è confrontata) dopo l’uscita dal gruppo di Morrone Paolo tale contratto era stato impugnato per bloccare proprio l’acquisizione dell’immobile.
La Corte di appello ha omesso totalmente di misurarsi con le dichiarazioni rese nel corso dell’esame da COGNOME NOME e dal teste COGNOME in merito agli elevati importi delle fatture emess dalla società RAGIONE_SOCIALE per il servizio di pulizia mensile prestato al centro COGNOME (20.000, euro) che, peraltro, sono irrilevanti in quanto non oggetto di imputazione, né costituiscon base del reato presupposto che è invece costituito da illeciti fiscali.
Peraltro, tali costi erano in linea con il deliberato ANAC e spiegabili con il numero di o (ben cinque) che svolgevano tale attività a tempo pieno, comprendente non solo lavori a terra ma anche sulle superfici laterali di ogni ambiente, come imposto dalla regione Campania, oltre a particolari servizi di pulizia nei laboratori di analisi e nei locali di medicina nucleare.
COGNOME NOME ha anche spiegato perché il centro COGNOME non aveva lui stesso acquistato l’immobile direttamente dalle proprietarie, anziché porre lo schermo della società dell’imputa affermando che ciò era avvenuto per cercare di spuntare un prezzo più vantaggioso ed ha illustrato precisamente la destinazione di tale bene.
2.1.3. Con il terzo motivo si deduce violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. p pen. in relazione all’art. 648 bis, comma quarto, cod. pen, violazione dell’art. 606, comma 1 lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 133 cod. pen. con riferimento alla dosimetria pena.
Quanto al primo profilo, evidenzia la difesa ricorrente, che i reati fiscali costi presupposto del riciclaggio rientravano, ratione temporis, nell’ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 bis comma quarto, cod. pen.
Quanto al secondo profilo, si rileva che la Corte di appello si è discostata immotivatament dal minimo edittale.
Il riconoscimento della attenuante ed una sanzione base inferiore avrebbero consentito il beneficio della sospensione condizionale e, in ogni caso, l’applicazione delle pene sostituti previste dall’art. 20 bis cod. pen.
2.2. Con atto a firma avv. COGNOME vengono articolati i seguenti motivi.
2.2.1. Con il primo motivo si deduce inosservanza delle norme processuali ai sensi dell’art 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. per difetto di motivazione rafforzata.
La Corte di appello ha semplicemente ripercorso le tesi contenute nell’atto di appello d pubblico ministero, senza affrontare sia il profilo della notevole distanza di tempo tra i reati (presupposto del contestato riciclaggio ) e l’intervento “ripulitore”, sia il tema del dolo all’imputata con riferimento alla sua consapevolezza in merito alla provenienza delittuosa del somme costituenti profitto degli illeciti tributari, di gran lungo inferiore al denaro movim dalle società del gruppo Morrone.
2.2.2. Con il secondo motivo si deduce inosservanza delle norme processuali ai sensi dell’art 606, comma 1 lett. c), cod. proc. pen. in relazione all’art. 603 codice di ribp.
La Corte di appello ha ribaltato la pronuncia assolutoria del giudice di primo grado senz prima procedere alla rinnovazione delle prove dichiarative assunte in dibattimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
E’ inammissibile per manifesta infondatezza, il primo motivo dedotto nel ricorso a firm avv. COGNOME con il quale si deduce il difetto del requisito di specificità dell’atto di appello p dal pubblico ministero avverso la sentenza assolutoria pronunciata dal giudice di primo grado.
1.1. Già sotto il vigore del previgente testo dell’art. 581 lett. d) cod. proc. pen. le Unite, con la pronuncia n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, avevano affermato il principio secondo cui l’appello (al pari del ricorso per cassazione) è inammissi per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argoment i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento dell impugnata.
L’art. 1, comma 55, della legge 23 giugno 2017 n. 103 ha riformulato l’art. 581 cod. proc pen. prevedendo che, a pena di inammissibilità, l’atto di impugnazione deve indicare, con enunciazione specifica, i capi ed i punti della decisione oggetto di gravame, le prove delle q si deduce l’inesistenza, l’omessa assunzione o l’omessa o erronea valutazione, le richieste, anche istruttorie avanzate al giudice a quo ed i motivi, con indicazione delle ragioni di diritto e deg elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Alla luce di tale novella legislativa, anche di recente questa Corte di legittimità ha ri che il giudice d’appello deve dichiarare l’inammissibilità dell’impugnazione quando i mot difettino di specificità o non siano validamente argomentati ovvero quando essi non affrontin la motivazione spesa nella sentenza impugnata (Sez. 5, n. 34504 del 25/5/2018, COGNOME, Rv. 273778; Sez. 5, n. 11942 del 25/02/2020 COGNOME Rv. 278859; Sez. 4, n. 36533 del 15/09/2021, Oddo, Rv. 281978).
La più recente riforma al codice di rito attuata con il D.L.vo 10 ottobre 2022 n. 150 introdotto il comma 1-bis dell’art. 581 cod.proc.pen. il quale prevede, proprio con riferimento all’atto di appello, che esso è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi, quando, ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relaz ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e p della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione.
1.2. Tanto premesso, l’appello proposto dal Pubblico Ministero presenta i crisrni del a mm issibil ità.
La Corte di Appello (pagine da 4 a 10 della sentenza) ha riportato l’intero contenuto dell’a di impugnazione della pubblica accusa concludendo per la specificità dello stesso in aderenza ai parametri normativi ed ermeneutici sopra richiamati, così motivatamente e correttamente P disattendendo l’eccezione difensiva di inammissibilità (pagg. da 4 a 10 della sentenz impugnata). GLYPH
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Esso infatti, in primo luogo, contiene ( pagina 4) l’enunciazione specifica del punto de decisione oggetto di gravame (il decisum assolutorio nei confronti di COGNOME, ai sensi dell’art. 530 comma 2 cod. proc. pen. in ordine al delitto di riciclaggio contestato al capo imputazione per difetto dell’elemento soggettivo) e del motivo di doglianza proposto (l’omessa ed erronea valutazione da parte del giudice di primo grado delle prove assunte in dibattimento con riferimento all’elemento psicologico del reato in valutazione).
A seguire nelle pagine successive, l’atto di gravame indica precisamente le prove che si assume essere state erroneamente valutate sviluppando, al contempo argomentati rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste nella sentenza impugnato a fondamento d specifico punto appellato (l’assenza di dolo).
In particolare, elenca precisamente, con costante riferimento alle risultanze dibattimenta gli elementi ritenuti dal pubblico ministero sintomatici della consapevolezza dell’imputata ordine alla provenienza delittuosa del denaro impiegato nella operazione immobiliare (pagg. da 10 a 17) ed altresì confuta ogni contraria argomentazione sviluppata nella sentenza appellata, così confrontandosi in maniera compiuta con ciascuno dei fattori valorizzati dal primo giudice p escludere, anche nella forma eventuale, l’elemento soggettivo del reato di riciclaggio in capo a COGNOME ( pagg. da 17 a 19).
Inammissibile è anche il secondo motivo dedotto nel ricorso a firma avv. COGNOME) con quale si deduce l’inosservanza dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. per mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale (tale profilo, sia pure non oggetto di specif autonoma doglianza, è richiamato anche nel secondo motivo di ricorso a firma avv. COGNOME.
2.1. E’ noto il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudice di appel che procede alla reformatio in peius della sentenza assolutoria di primo grado, non è tenuto alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, nel caso in cui si limiti ad una diversa valutaz termini giuridici di circostanze di fatto non controverse, senza porre in discussione le preme fattuali della decisione riformata (Sez. 4, n. 31541 del 22/06/2023, COGNOME, Rv. 284860; Se 2, n. 3129 del 30/11/2023, COGNOME, Rv. 285826).
2.2. Nel caso di specie, come emerge chiaramente dalla lettura della pronuncia impugnata, la Corte di appello si è attenuta alla ricostruzione della vicenda compiuta dal Tribunale e riformato la sentenza di primo grado perché, valutando il medesimo compendio probatorio anche (e non solo) in relazione alle prove dichiarative assunte nel corso del giudizio di primo grado uniche a dovere essere eventualmente rinnovate, se decisive, ove l’appello del pubblico ministero si fondi proprio su una diversa valutazione delle stesse), ne ha semplicemente tratt conseguenze diverse in punto di diritto.
La doglianza dedotta è peraltro del tutto generica atteso che in entrambi i ricorsi non so state neppure indicate quali fonti orali avrebbero dovuto essere oggetto di riassunzione avanti giudice di appello perché incidenti in modo decisivo sull’avvenuto overturning pregiudizievole per l’imputata.
Della mancata rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale non vi è dunque ragione d dolersi.
Manifestamente infondati sono anche il secondo motivo di ricorso a firma avv. COGNOME ed il primo dedotto nell’atto di impugnazione a firma avv. COGNOME relativi al difetto di motivaz rafforzata e alla violazione, da un lato, dell’art. 533 cod. proc. pen e, dall’altro, dell’ar bis cod. pen.
3.1. Il principio della motivazione rafforzata è ormai da anni recepito ed elaborato, co espressione delle fondamentali garanzie di cui agli artt. 24, comma 2, e 111 Cost., dal giurisprudenza di questa Corte. È sufficiente in proposito ricordare la pronuncia a Sezioni Uni n. 14426 del 14/01/2019, COGNOME, Rv. 275112 che ha affermato – ribadendo quanto già s’:atuito nella precedente pronuncia a Sezioni Unite n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679 che, in caso di riforma della decisione di primo grado, “il giudice di appello ha l’obbli delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confut specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, in modo da giustificare la riforma provvedimento impugnato”.
Tale indicazione ha trovato amplissima applicazione nella successiva elaborazione giurisprudenziale secondo cui, nel caso di ribaltamento della sentenza assolutoria, l’eventual rivisitazione in senso peggiorativo compiuta in appello sul medesimo materiale già valutato i prima istanza ed ivi ritenuto inidoneo a giustificare una pronuncia di colpevolezza, deve esse sorretta da argomenti dirimenti e tali da evidenziare carenze o insufficienze della decisio assolutoria la quale, quindi, si rivela, a fronte di quella riformatrice, non più sostenibile nel senso di lasciare in piedi residui ragionevoli dubbi sull’affermazione di colpevolezza motivazione rafforzata deve quindi mettere in luce carenze e aporie di quella decisione sulla base di uno sviluppo argomentativo che si confronti con le ragioni addotte a sostegno, confeziDnando una nuova e compiuta struttura motivazionale che dia ragione delle difformi conclusioni (cfr ex multis Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056; Sez. 6, n. 14444 del 21/02/2023, P., Rv. 2845-03; Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022 dep. 17.4.2023, B., Rv. 284493-03).
3.2. Tanto premesso, nel caso in esame la Corte di appello ha compiutamente assolto all’onere di motivazione rafforzata, nei sopra indicati termini declinati dalla giurisprude legittimità e ha sviluppato un percorso argomentativo ampio, di intrinseca coerenza logica e immune da travisamento della prova ( pagine da 12 a 16 della sentenza impugnata).
Sul punto va da subito precisato che la Corte territoriale ha ribadito la sussistenza contestato reato di riciclaggio nelle sue connotazioni oggettive, in piena aderenza a determinazioni del giudice di primo grado dal quale si è, invece discostato, nella valutazi della prova dell’elemento soggettivo del reato.
La linea portante della decisione riformata, si fondava sulla considerazione che non vi er piena certezza in ordine alla integrazione del dolo, anche in forma solo eventuale, in ca I
all’imputata e ciò in ragione di taluni “fattori” che portavano a dubitare della consapevol della COGNOME in ordine alla provenienza del denaro utilizzato per la ristrutturazione dell’immo dai reati fiscali commessi da COGNOME NOME, piuttosto che da altre somme- di origine lecit riconducibili al patrimonio del gruppo. In tal senso, il Tribunale evidenziava: la notevole dis temporale tra i reati presupposti e l’intervento “ripulitore”, la natura sofisticata delle illecite integranti gli illeciti finanziari in questione riconducibili al gruppo COGNOME l’imputata non era addentro e l’elevata capacità economica del gruppo medesimo con fatturati assai rilevanti, sicchè difficilmente la COGNOME avrebbe potuto rappresentarsi la possibilità denaro ricevuto provenisse proprio dagli illeciti tributari.
A fronte di tale apparato argomentativo, la Corte territoriale ha, invece, illustr valorizzateuna serie di elementi fattuali chiari, precisi e concordanti non considerati dal Trib i quali, se correlati tra loro, erano idonei sul piano logico a comprovare in capo all’imput dolo di reato, ancorchè in forma eventuale, e si è anche puntualmente confrontata, confutandoli ad uno ad uno, gli argomenti spesi nella sentenza di primo grado.
In particolare, i giudici di appello hanno dato rilievo, illustrandole precisamente numerose ed ingiustificate anomalie dell’ operazione immobiliare in contestazione, al caratter di totale estraneità della stessa all’oggetto sociale della società RAGIONE_SOCIALE di cui era ti l’imputata la quale era anche ricorsa ad un contratto preliminare di vendita di cosa altrui simul e dichiarato nullo in sede civile; allo stretto e consolidato legame fiduciario esistente da an l’imputata e la famiglia COGNOME (che non si era esaurito in un mero rapporto sinallagmatico i forza del quale RAGIONE_SOCIALE si occupava della pulizia dei locali del centro Morrone , ma che aveva visto anche la donazione alla COGNOME del 50% di una quota della società RAGIONE_SOCIALE facente parte della galassia Morrone e la corresponsione a costei di compensi mensili per il servizio pulizia pari a 20.000,00 euro, del tutto sproporzionati, per eccesso, rispetto ai costi di merc al rapporto pressochè contestuale tra la realizzazione dei reati presupposti (evasioni fiscali 2009 al 2011, giudizialmente accertate) e la articolata e complessa operazione immobiliare di cui sopra che si era sviluppata a partire già dall’anno 2012.
Tali dati erano ritenuti decisivi sul piano della prova del dolo c.d. eventuale e cioè rappresentazione, da parte della COGNOME, della concreta possibilità che le provviste ricevute impiegate fossero di provenienza delittuosa ed ella ne avesse accettato il rischio, a nu rilevando – proprio in virtù del quadro fattuale delineato – che gli illeciti finanziari fos connotati da modalità eventualmente non conosciute in dettaglio dll’imputata e che il cent COGNOME avesse una capacità economica elevata con fatturati assai rilevanti e di origine lecita
La Corte di appello ha dunque posto a fondamento del giudizio di responsabilità elementi aderenti alla realtà processuale aventi capacità dimostrativa rispetto all’ipotesi accusatori parte tralasciati ed in parte comunque erroneamente valutati dal primo Giudice, così sviluppando un alternativo ragionamento probatorio idoneo a superare le ragioni poste a fondamento dell’esito assolutorio, in piena aderenza ai criteri di giudizio di cui all’art. 533 cpp con ri
al principio dell’oltre ragionevole dubbio e senza incorrere nella violazione dell’art. 648 bis cod. pen. che è fattispecie per la quale il dolo eventuale è pacificamente configurabile.
Sono infine manifestamente infondati anche i due diversi profili di doglianza dedotti n terzo motivo del ricorso a firma avv. COGNOME
La violazione dell’art. 648 bis, comma 4, cod. pen non si configura atteso che il delitto di cui all’art. 3 del D.vo n. 74 del 2000, uno dei reati presupposto del reato di riciclaggio, all’epoca del fatto, era punito con la reclusione fino a sei anni, sicchè l’invocata attenuan’: poteva essere riconosciuta dalla Corte territoriale.
Quanto alla doglianza relativa al dosimetria della sanzione base i giudici di secondo grado pag. 16 della sentenza) hanno motivatamente ritenuto congruo il quantum determinato in anni quattro mesi sei di reclusione ed euro 7.500,00 di multa (misura prossima al minimo eclittale valorizzando, con corretta applicazione dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen., la co gravità del fatto che si era articolato in plurime operazioni, protratte nel tempo, vo ostacolare la provenienza delittuosa di una somma di denaro pari ad euro 670.450,00.
La prospettazione difensiva di una applicazione di pena sostitutiva ai sensi dell’art. 20 bis cod. pen. è generica in quanto esclusivamente collegata all’eventuale riconoscimento della ipotesi attenuata prevista dall’art. 648 bis, comma 4, cod. pen., non concedibile per le ragioni soprandicate, e alla richiesta di rivisitazione in melius della pena inflitta dal giudice di appello che, sul punto, ha motivato correttamente.
In ogni caso, la sostituzione in tale senso non risulta essere stata avanzata, sia pure in subordinata, nelle conclusioni rassegnate avanti il giudice di appello il quale non ha il pote procedere d’ufficio in assenza di alcuna specifica e motivata richiesta (in tal senso Sez. U, 12872 del 19/01/2017, COGNOME, Rv. 269125 e, più recentemente, a seguito della introduzione dell’art. 20 bis cod. pen, si veda Sez. 6, n. 46103 del 28/09/2023, COGNOME, Rv. 285491; Sez. 2, n. 4772 del 05/10/2023, A., Rv. 285996; Sez. 4, n. 43980 del 26/10/2023, Cruz, Rv. 285484; Sez. 6, n. 2106 del 10/11/2023, COGNOME, Rv. 285894; Sez. 6, n. 3922 del 21/11/2023, Z. Rv. 295902; Sez. 4, n. 636 del 29/11/2023, COGNOME, Rv. 285630).
Alla inammissibilità di entrambi i ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. la condanna dell’imputata al pagamento delle spese processuali e, valutati i profili di colpa n determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000 n. 186), al versamento della somma di euro tremila ciascuno a favore della Cassa delle ammende, che si ritiene equa considerando che l’impugnazione è stata esperita per ragioni manifestamente infondate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processual e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende
Così deciso il 24 ottobre 2024
I P esidente