Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 35810 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 35810 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a IVREA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/12/2024 della CORTE APPELLO di TORINO visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto ProRAGIONE_SOCIALEtore NOME COGNOME, che ha concluso, riportandosi alla memoria in atti, per il rigetto del ricorso.
udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME CELERE, che, dato atto di avere cognizione della memoria predisposta dalla ProRAGIONE_SOCIALE Generale, discute i motivi di ricorso, si riporta ai propri scritti insistendo per l’accoglimento dei motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Torino, decidendo sull ‘ appello del Pubblico Ministero, ha riformato la decisione del primo giudice – che aveva assolto NOME COGNOME dal reato continuato di cui agli artt. 476 commi 1 e 2 e 479 cod. pen., per concorso nella falsificazione di 27 cartelle cliniche relative a interventi chirurgici eseguiti su pazienti della RAGIONE_SOCIALE, di cui egli era direttore sanitario –
affermandone la responsabilità e condannandolo alla pena di giustizia, condizionalmente sospesa, con le statuizioni civili in favore della costituita RAGIONE_SOCIALE.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, con il ministero del difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME, che svolge un motivo unico, di seguito enunciato nei limiti richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
Denuncia violazione dell’art. 603, comma 3 -bis , cod. proc. pen., per avere la Corte di appello proceduto al una solo parziale rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale , escutendo i testimoni dell’Accusa, senza rinnovare le testimonianze a discarico introdotte dalla difesa. Inoltre, la sentenza impugnata non sarebbe corredata della motivazione rafforzata necessaria per giustificare l ‘overruling .
Ci si duole, anche, delle contraddizioni rilevabili tra le dichiarazioni dei testimoni assistiti e quelle rese dai testi semplici; si segnalano i dissapori tra il ricorrente e COGNOME, obliterati dalla sentenza; si contesta l’affermazione che i coimputati COGNOME, COGNOME e COGNOME si siano assunti da subito le loro responsabilità; si stigmatizzano le aporìe presenti nelle dichiarazioni dei coimputati con il restante materiale probatorio, non considerate dalla Corte di appello, che le ha valutate come marginali, mentre si trattava di importanti elementi di prova, che erano stati adeguatamente vagliati dal primo giudice; si richiamano gli orientamenti in tema di valutazione frazionata delle dichiarazioni dei coimputati, per segnalare come le loro ondivaghe dichiarazioni ne minino la credibilità soggettiva, oltre a essere prive di elementi di riscontro; da ultimo, la difesa ricorrente pone il tema del risarcimento del danno conseguente alla pronuncia di condanna, denunciando la assoluta mancanza di motivazione nella valutazione del danno prodotto alla RAGIONE_SOCIALE, individuato, in assenza di pregiudizio economico, nel dispendio di energie del personale per le straordinarie attività di controllo delle cartelle cliniche nonché nella infedeltà nei rapporti con la struttura, pregiudizi confutati dalla difesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso non è fondato.
2.Come premesso, la difesa ricorrente lamenta che, nel ribaltare il verdetto assolutorio di primo grado, la Corte di appello ha proceduto a una rinnovazione solo parziale delle prove dichiarative assunte nel dibattimento, obliterando quelle a discarico indicate dalla difesa. D’altronde, mancherebbe la necessaria motivazione rafforzata in merito alle ragioni del capovolgimento del giudizio di attendibilità dei coimputati.
2.1. In particolare, ricorda il ricorrente, il verdetto assolutorio era stato giustificato dal primo giudice in ragione della ritenuta inattendibilità delle dichiarazioni dei coimputati, anche per un ravvisato contrasto tra le dichiarazioni dei testi ‘puri’ (in particolare, NOME COGNOME e NOME COGNOME) e quelle dei testimoni assistiti, in particolare dei coimputati COGNOME e COGNOME (i quali, come il dr. COGNOME, hanno ammesso le loro responsabilità e patteggiato le rispettive posizioni), con
riguardo alla circostanza che essi fossero stati convocati dal direttore sanitario e da lui richiesti di apportare correzioni sulle cartelle cliniche già ‘ chiuse ‘ , integrandole con la indicazione di sintomatologie che consentissero il rimborso da parte dell’RAGIONE_SOCIALE dei costi degli interventi effettuati in regime convenzionale. Al contrario, l’imputato era stato ritenuto credibile dal primo giudice -e, anche in questo caso, la Corte di appello ha rovesciato il giudizio -in merito al fatto che egli si sarebbe limitato a sollecitare i medici della struttura a un più attento rispetto delle circolari, da lui stesso emanate, circa le modalità di compilazione delle cartelle cliniche degli interventi, senza richiedere loro di modificare quelle già chiuse e senza essersi accorto delle aggiunte successivamente apposte dai medici.
2.2. Con riguardo ai testi di cui il ricorrente lamenta la omessa escussione da parte della Corte di appello, conviene ricordare che le loro testimonianze sono state così riassunte dal primo giudice:
–COGNOME: a pg. 16 la sentenza di primo grado riferisce che, sentito all’udienza del 13 maggio 2022, ha dichiarato di avere ‘ assistito COGNOME nel momento in cui quest’ultimo aveva esortato verbalmente personale medico, tra cui il COGNOME, a compilare correttamente le cartelle cliniche ‘;
–COGNOME: a pg. 19, il Tribunale riporta che egli ha dichiarato di avere collaborato con la clinica RAGIONE_SOCIALE e si occupava di verificare l’appropriatezza dei codici sulle cartelle cliniche )
–COGNOME: a pag. 19 della sentenza di primo grado, si legge che egli ha riferito, all’udienza del 13 luglio 2022, che COGNOME e COGNOME compilavano le cartelle cliniche in maniera approssimativa;
2.3. E’ opportuno richiamare la sentenza di primo grado anche con riguardo al contenuto della testimonianza di NOME COGNOME ( testimone dell’Accusa ), in merito al quale la Difesa lamenta che la Corte di appello avrebbe tenuto conto solo di una parte della sua deposizione.
Come riportato a pg. 15 della sentenza di primo grado, egli ha riferito di essere stato chiamato in direzione sanitaria e che ivi aveva trovato il NOME ‘ seduto con tutte le sue cartelle, solo le sue cartelle ‘ , il quale aveva ‘ dato vita a una sorta di revisione davanti ‘ , così descrivendo anche la posizione in cui si trovavano: ‘ tipo io ero seduto lì, lui era seduto lì ‘… io sono stato chiamato a lavoro in itinere…’ , e precisando che, mentre NOME apportava le correzioni sulle cartelle sanitarie, l’COGNOME si trovava nel suo ufficio ‘ poi è venuto un attimo e adesso non mi ricordo neanche più, forse ci siamo solo salutati…poi il direttore è torNOME giustamente nel suo ufficio ‘ .
2.4. Il teste NOME e il testimone assistito dr. COGNOME, nelle more della celebrazione del giudizio di secondo grado, sono deceduti, e, pertanto, per loro non è stata possibile la rinnovazione istruttoria.
2.5. Circa le discordanze tra testi puri e testimoni assistititi segnalate dalla Difesa ricorrente, si osserva come, riprendendo le dichiarazioni rese nel giudizio di primo grado dal dr. COGNOME, la Corte territoriale abbia ricordato che questi aveva riferito che l’incarico di prelevare le cartelle cliniche era stato dato dall’COGNOME all’impiegato NOME, circostanza non confermata da
quest’ultimo che, come si è vi sto, ha riferito di essere stato chiamato ‘a lavoro in itinere’ , ovvero di avere trovato il COGNOME già alle prese con le sue cartelle sanitarie.
2.6. Il contrasto segnalato dalla Difesa è stato vagliato dalla Corte di appello, la quale, sul punto, ha chiarito che potrebbe essersi trattato di una mera supposizione del NOME, peraltro, coerente con le dichiarazioni dei testi COGNOME e NOME, impiegati amministrativi della clinica, a proposito del fatto che solo il direttore sanitario poteva dare disposizioni circa il prelievo, dagli armadi chiusi a chiave, delle cartelle cliniche definite, e che, di fatto, era proprio l’COGNOME che era solito impartire disposizioni in tal senso; in ogni caso, la Corte territoriale ha ritenuto trattarsi di una circostanza del tutto marginale, incapace di inficiare l’attendibilità del narrato del teste assistito che, di fatto, ha trovato conferma sostanziale nel narrato dell’NOME . E la difesa, oltre a contestare tale valutazione, non fornisce elementi indicativi del contrario, ovvero della predicata decisività.
2.6. Quanto all’altro coimputato, dr. COGNOME, questi ha ricordato la Corte territoriale -dichiarò che, quando fu convocato dal dott. COGNOME, in direzione sanitaria ‘ c’erano siRAGIONE_SOCIALEmente altre persone senza tuttavia altro precisare ‘, e ha considerat o che ‘ il dott. COGNOME, dunque, non ha in alcun modo riferito che qualche impiegato abbia assistito -rendendosene conto -a quanto COGNOME gli chiese di fare o quanto, di fatto, egli fece ‘, concludendo che ‘ nessun contrasto, dunque, con quanto riferito dai testi NOME e NOME, non essendo dirimente se questi ultimi sapessero -o potessero accorgersi -di quanto in tali circostanze effettuato dai medici sulle cartelle loro sottoposte ‘ . Ha, inoltre, osservato -alla luce delle dichiarazioni rese proprio dal COGNOME dinanzi alla Corte di appello -a proposito della consapevolezza che i medici possano avere avuto della circostanza di intervenire su cartelle mediche ‘chiuse’, che la questione andava affrontata sotto il diverso profilo che essi avevano ricevuto una convocazione dal loro superiore, da cui erano stati rimproverati, e, messi di fonte alle loro inadempienze, assecondato la richiesta di apportare le opportune modifiche, ‘ senza porsi il problema se le cartelle fossero o no fossero chiuse ‘.
2.7. Ancora, ha considerato la Corte di appello come risulti logicamente comprensibile che la richiesta del direttore sanitario, dr. COGNOME, di effettuare le correzioni sulle cartelle cliniche sia stata formulata ai medici, qui testimoni assistiti, negli uffici della direzione sanitaria, ma non alla presenza degli impiegati amministrativi, come peraltro concordemente dichiarato dai predetti coimputati, riscontrandosi reciprocamente, la cui attendibilità è stata valutata con congruo ragionamento, segnalandosi come essi si siano immediatamente assunte le loro responsabilità, abbiano patteggiato le loro posizioni, e non avessero alcun motivo di astio nei confronti dell’COGNOME, neppure specificamente allegato dall’odierno ricorrente.
2.8. Ha aggiunto, la sentenza impugnata, che il movente della condotta illecita del ricorrente -misconosciuto dal primo giudice -era individuabile, non in ragioni economiche, ma, alla luce delle stesse dichiarazioni dell’COGNOME, nell’intento di garantire alla struttura di cui era stato nomiNOME direttore sanitario, il rimborso, senza abbattimenti, di tutti gli interventi effettuati in regime di convenzione, e dato atto che il ricorrente non ha mai negato la convocazione dei
medici in direzione sanitaria richiamandoli al rispetto delle istruzioni da lui stesso impartite con le circolari, ‘ con ciò in qualche modo riscontrando quanto riferito dai testimoni circa le convocazioni da ciascuno avute ‘.
2.9. Quanto alla circostanza -fermamente smentita dall’COGNOME che egli avesse richiesto ai medici della struttura di correggere/integrare le cartelle cliniche, la Corte di appello, come si è già osservato, ha, del tutto ragionevolmente, argomentato, a confutazione della tesi affermata dal primo giudice, la propria diversa valutazione circa il giudizio di attendibilità pieno espresso in merito alle dichiarazioni rese sul punto dai tre medici, che materialmente falsificarono, ex post, le cartelle mediche , per contro, ponendo in rilievo l’evidente mendacio del ricorrente, incompatibile logicamente con la circostanza che i medici avessero apportato modifiche su cartelle che non fossero più nella loro disponibilità ma, appunto, in quella esclusiva del direttore sanitario, (pg. 25 e 26); in particolare, ha individuato una circostanza capace di smentire tabularmente la affermazione del ricorrente, di non essersi accorto delle alterazioni presenti su tre cartelle del COGNOME.( pg. 27).
2.10. Dunque, il ragionamento giustificativo della decisione è stato esposto dalla Corte di appello con argomenti del tutto coerenti con le fonti di prova e intrinsecamente razionali.
3.Fatta tale preliminare ricognizione delle ragioni della decisione impugnata, si osserva come, a proposito del perimetro entro il quale la Corte di appello si è determinata nella individuazione delle prove dichiarative da rinnovare, la sentenza impugnata si sia attenuta al principio di diritto, reiteratamente affermato, a tenore del quale, in caso di impugnazione della sentenza di assoluzione da parte del pubblico ministero, l’obbligo di rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, previsto dall’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen., anche con riferimento alle prove a discarico richieste dalla difesa, non riguarda tutte le prove dichiarative assunte in primo grado, ma solo quelle che, secondo le ragioni specificatamente prospettate nell’atto di impugnazione, siano state oggetto di erronea valutazione da parte del giudice di primo grado e siano ritenute decisive ai fini della valutazione di responsabilità. ( Sez. 3 n. 16444 del 04/02/2020, Rv. 27942502, Conf. Sez. 2 n. 5231 del 13/12/2018 (dep. 2019) Rv. 276050; Sez. 1 n. 12928 del 07/11/2018 (dep. 2019) Rv. 276318).
In tale ottica ermeneutica, la deduzione difensiva incentrata sulla mancata rinnovazione istruttoria dei testimoni a discarico risulta infondata per due ordini di ragioni.
4.1. In primo luogo, l’appellante non ha assolto, nel giudizio di secondo grado, all’onere di allegazione della incompletezza dell’attività istruttoria del giudice di appello, dal momento che, in quella sede, per quanto emerge dal verbale di udienza, la parte nulla ha obiettato in merito alla decisione della Corte territoriale circa la disposta rinnovazione istruttoria, né ha sollecitato il Collegio a integrare l’ordinanza istruttoria indicando prove a discarico da riassumere.
4.2. Inoltre, l’infondatezza dell a doglianza difensiva riposa nella genericità della formulazione, in quanto priva della individuazione di una ragione di decisività delle deposizioni della cui mancata
rinnovazione ci si duole , come riassunte poc’anzi e valutate dalla sentenza impugnata. Nella sentenza di primo grado, invero, non è dato riscontrare, dalla sintesi consegnata dal giudice territoriale, una tale pregnanza di contenuto delle deposizioni dei testi indicati dalla difesa, immediatamente percepibile, capace di evidenziare -nell’ottica dell’appellante che la loro assunzione avrebbe portato a un diverso esito decisorio, così da imporne la rinnovazione da parte della Corte di appello. Non dice, il ricorrente, come si collochino, nell’ambito della attività istruttoria svolta dalla Corte di appello e secondo le coordinate delineate dal gravame interposto dall’Inquirente, le dichiarazioni testimoniali non rinnovate, tali, cioè, che esse potessero risultare determinanti nell ‘ottica decisoria, ovvero in grado di scalfire il quadro indiziario a cui si era pervenuti durante il processo e a indurre una valutazione globale differente dell’intera vicenda, peraltro alla luce del principio che impone, nella valutazione della prova indiziaria, di procedere a una valutazione globale e unitaria, evitando la parcellizzazione sterile degli indizi.
4.3. Come è noto, secondo le Sezioni unite ( Sez. U, n. 27620 del 28/04/2016, Dasgupta, Rv. 267489), costituiscono prove decisive quelle che hanno determiNOME, o anche soltanto contribuito a determinare, l’assoluzione di primo grado e che, pur in presenza di altre fonti di prova di diversa natura, se espunte dal complesso materiale probatorio, si rivelano potenzialmente idonee ad incidere sull’esito del giudizio, nonché quelle che, pur ritenute dal primo giudice di scarso o nullo valore, siano, invece, nella prospettiva dell’appellante, rilevanti da sole o insieme ad altri elementi di prova – ai fini dell’esito della condanna.
Se questa è la definizione “positiva” di prova decisiva, la Suprema Corte ha fornito anche indicazioni in negativo: non si ritiene decisivo quell’apporto dichiarativo il cui valore probatorio, in sé non idoneo a formare oggetto di diversificate valutazioni tra primo e secondo grado, si combini con fonti di prova di diversa natura non adeguatamente valorizzate o erroneamente considerate o addirittura pretermesse dal primo giudice, ricevendo soltanto da queste, nella valutazione del giudice di appello, un significato risolutivo ai fini dell’affermazione della responsabilità. (cfr anche Sez. U, n. 18620 del 19/1/2107, Patalano, Rv. 269785-269787).
4.4. Il ricorso non individua -confrontandosi con le ragioni della decisione della Corte di appello – quale contributo dichiarativo decisivo avrebbero potuto apportare le testimonianze non rinnovate dei testi COGNOME, COGNOME e COGNOME, il cui propalato la Corte di appello ha interpretato in maniera conforme al primo giudice, piuttosto, dolendosi astrattamente della mancata rinnovazione di prove assunte come favorevoli all’imputato, e concentrando il dissenso valutativo rispetto agli argomenti della sentenza impugnata su circostanze che il Giudice a quo , con ragionevole argomentazione, ha già considerato marginali; avrebbe, piuttosto, dovuto evidenziare, il ricorrente, elementi concreti, nella deposizione dei testi omessi, potenzialmente indicativi della capacità di scardinare il ragionamento probatorio formulato dall’appellante, e fatto proprio dalla Corte di appello.
4.5. Di qui anche un risvolto di genericità del ricorso, che non consente di comprendere le ragioni della decisività della rinnovazione istruttoria, riguardata nell’ottica dell’appello, atteso che si
tratterebbe di procedere ad attività istruttoria con riferimento a prove alle quali il giudice di appello ha attribuito il medesimo significato già dato dal giudice di primo grado.
Non coglie nel segno neppure la doglianza incentrata sulla mancanza della motivazione rafforzata, che, insieme alla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, costituisce, secondo gli approdi di questa Corte di legittimità, una delle due regulae juris che, nel caso di riforma in appello del verdetto assolutorio di primo grado – nel postulare un giudizio di colpevolezza conforme al parametro ‘dell’al di là di ogni ragionevole dubbio” suscettibile di scardinare il pronunciamento liberatorio -il giudice del gravame deve rispettare.
5.1. Da un lato, qualora scaturisca da un diversa valutazione di prove dichiarative ritenute decisive, la riforma presuppone la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale; per altro verso, il ribaltamento deve poggiare su una motivazione c.d. rafforzata, con la quale il giudice di appello, che riformi totalmente la decisione di primo grado, è tenuto a delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e a confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificare la riforma del provvedimento impugNOME (Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231679 – 01). Come è stato precisato, si tratta di obblighi concorrenti, non alternativi, sicchè la sentenza di appello che ribalti la decisione assolutoria di primo grado, con condanna dell’imputato, postula l’adozione di una motivazione rafforzata e la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale ai sensi dell’art. 603, comma 3bis , cod. proc. pen.( Sez. 3 n . 16131 del 20/12/2022 (dep. 2023 ) Rv. 284493 -03).
5.2. Come è noto, la regola processuale sulla rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale di cui all’art. 603, comma 3bis, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, (c.d. Riforma Cartabia), in vigore a far data dal 30 dicembre 2022, ha circoscritto l’obbligo di rinnovazione ai soli casi di prove dichiarative (i) assunte nel corso del dibattimento di primo grado ovvero (ii) all’esito di integrazione probatoria disposta nel giudizio abbreviato ai sensi degli artt. 438, comma 5, e 441, comma 5, cod. proc. pen.
5.3. Con specifico riguardo al versante motivazionale, nella successiva elaborazione giurisprudenziale, si è precisato che il giudice di appello che riformi totalmente la decisione di primo grado non può limitarsi ad imporre la propria valutazione del compendio probatorio perché preferibile a quella coltivata nel provvedimento impugNOME (Sez. 6, n. 10130 del 20/01/2015, Marsili, Rv. 262907), piuttosto consistendo, la motivazione rafforzata, nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degli istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore, (Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, Rv. 278056), tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio, anche
in caso di impugnazione proposta dalla parte civile per le sole statuizioni civili. ( Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017 Rv. 272082 ) .
5.4. Di tali principi la Corte di appello ha fatto corretta applicazione.
La motivazione resa a giustificazione del ribaltamento assolutorio soddisfa i criteri che presidiano la c.d. “motivazione rafforzata”, trattandosi innegabilmente di una motivazione dotata di una forza persuasiva superiore in grado di conferire al decisum l a maggiore solidità possibile.
Dal confronto con la sentenza di primo grado, emerge, invero, che la Corte di appello ha riesamiNOME ciascuna prova posta a fondamento della motivazione assolutoria dalla sentenza di primo grado, compiendone una critica analitica che si sottrae a censure di manifesta illogicità, avendo illustrato compiutamente le ragioni per cui ha ritenuto che esse assumano una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado. Nel misurarsi con la motivazione del primo giudice, la Corte di appello ha opposto una ragionata diversa valutazione del quadro probatorio, e, in specie, delle prove dichiarative rese dai coimputati, specificamente individuando le ragioni per le quali, rispetto a quella dell’imputato, ha ritenuto maggiormente persuasiva la versione da loro resa nella ricostruzione del fatto, osservando che essi avevano immediatamente ammesso la falsificazione delle cartelle mediche, acceduto al rito alternativo, erano sostanzialmente immuni da rivalse economiche da parte dell’RAGIONE_SOCIALE né sospetti di evi denti motivi di astio o inimicizia nei confronti dell’odierno ricorrente , giungendo a ritenere le loro dichiarazioni attendibili, con valutazione affatto irragionevole, anzi, corredata di ampie argomentazioni e puntuali riferimenti fattuali, oltre che dotate di riscontri.
Se il riferimento a una motivazione rafforzata significa attendersi un apparato giustificativo vincolato nelle sue cadenze argomentative, nel quale siano esposte quelle tappe non eludibili del percorso che il giudice è tenuto a compiere nell’attività di gi udizio, tali aspettative risultano pienamente rispettate dalla sentenza impugnata, non ravvisandosi aporìe argomentative che ne minino la persuasività, mentre il ricorrente formula deduzioni del tutto generiche sul punto.
La doglianza involgente il tema del risarcimento del danno è del tutto inammissibile, per la genericità dell’articolazione e perchè omette di confrontarsi con le motivazioni dei giudici di merito che hanno ben considerato le ragioni di danno patite dall ‘RAGIONE_SOCIALE a cagione della condotta dell’imputato.
7.Al rigetto del ricorso segue, ex lege , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 17 settembre 2025
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME