Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27388 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27388 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME nato a LICATA il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 30/11/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le richieste del PG COGNOME, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che si è riportato ai motivi e ai motivi nuovi e ne ha chiesto l’accoglimento; sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente, che si è riportato ai motivi e ai motivi nuovi e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, in funzione di Tribunale del riesame, in accoglimento dell’appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l’ordinanza del AVV_NOTAIO per le AVV_NOTAIO preliminari del Tribunale di Palermo in data 24 ottobre 2023, ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME
NOME COGNOME, in relazione ai plurimi reati di cui agli artt. 110-629, 110-353, 110-512-bis cod. pen. a lui provvisoriamente ascritti.
Ricorre per cassazione il suddetto indagato, a mezzo dei propri difensori, articolando quattro motivi di impugnazione, di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Con il primo motivo, si deduce la violazione di legge (artt. 629 e 353 cod. pen. e 273 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i delitti di estorsione aggravata e di turbata libert degli incanti di cui ai capi 1-2. L’ordinanza impugnata non contestualizzerebbe le dichiarazioni accusatorie della persona offesa COGNOME, implausibili e contraddittorie (anche avuto riguardo alla tempistica e alle sue implicazioni negli accordi diretti alla partecipazione alla vendita giudiziaria), senza neppure vagliare adeguatamente i rapporti tra Cusumano e COGNOME. Peraltro, i giudici della cautela avrebbero fatto un cattivo governo della giurisprudenza in tema di estorsione cosiddetta “ambientale”, che, correttamente intesa, ne limiterebbe l’applicazione al solo contenuto minatorio della condotta, ma non alla presentazione di una richiesta. Anche l’aggravante del metodo mafioso, infine, nonostante l’indubitabile natura oggettiva, sarebbe stata desunta soltanto dalla «elaborazione concettuale» operata dalla vittima.
2.2. Con il secondo motivo, si deduce la violazione di legge (artt. 629 e 353 cod. pen. e 273 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i delitti di estorsione aggravata e di turbat libertà degli incanti di cui ai capi 3-4. La piattaforma indiziaria non consentirebbe, invero, di affermare l’attribuzione dell’incarico intimidatorio da parte di COGNOME frutto di ragionamenti congetturali basati su dichiarazioni meramente de relato rese da NOME COGNOME e non valutate con il dovuto rigore, quanto alla credibilità soggettiva e oggettiva e alla necessità di riscontri.
2.3. Con il terzo motivo, si deduce la violazione di legge (artt. 512-bis cod. pen. e 273 cod. proc. pen.) e il vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per i plurimi delitti di trasferimento fraudolento di valo di cui ai capi 5-11. All’indagato, sarebbero in effetti rimproverati semplici atti gestione, irrilevanti rispetto alla condotta di fittizia attribuzione delle quote soggetto interposto e aventi al più ad oggetto la mera amministrazione dei beni dei vari patrimoni sociali. Neppure, si rinverrebbero concreti elementi che comprovino il dolo intenzionale, anche tenuto conto della evidente consapevolezza della inidoneità della intestazione a soggetti per i quali l’interposizione fittizi presume ex lege.
2.4. Con il quarto motivo, la difesa si duole dell’erronea applicazione dell’art. 273, comma 3, cod. proc. pen. e della mancanza di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza di esigenze cautelari, dal momento che sarebbe stato del tutto
obliterato nella motivazione del Tribunale il lungo tempo intercorso dalla asserita commissione dei fatti e la scelta della misura intramuraria sarebbe giustificata con vuote formule di stile.
2.5. Sono stati presentati motivi aggiunti, con cui si deduce ulteriormente la violazione di legge (in relazione agli artt. 353, 512-bis, 628, 629 e 416-bis.1 cod. pen., 273 e 274 cod. proc. pen. e 71, digs. 6 settembre 2011, n. 159) e il vizio di motivazione, ripercorrendo le valutazioni del Gip in ordine alla pregnanza indiziaria delle risultanze investigative per quanto attiene ai tre «blocchi di contestazioni» (condotte in danno di NOME COGNOME; condotte in danno di NOME COGNOME; trasferimento fraudolento di valori).
All’odierna udienza camerale, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Per quanto attiene alle censure in tema di gravità indiziaria, occorre precisare, preliminarmente, come il ricorso per cassazione per vizio di motivazione sul punto consenta al giudice di legittimità la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976. Cfr. anche Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400, che ha chiarito come il controllo di legittimità non concerna la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori).
Nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha fornito una congrua motivazione, non incorrendo in vizi logico-giuridici e con costante riferimento a specifici elementi del compendio investigativo, per quel che concerne:
l’attendibilità della denuncia e delle successive sit di NOME COGNOME; l’inequivoco tenore delle conversazioni intercorse tra quest’ultimo e COGNOME e COGNOME; gli ulteriori riscontri offerti dalle acquisizioni documentali relative a procedura di espropriazione immobiliare n. 272/2014 R.Es., dal pedinamento satellitare del veicolo di COGNOME e soprattutto dalle sit di NOME COGNOME; l’evocazione di consorterie mafiose mediante la tipicità del modus operandi (pp. 11-21);
il muscolare intervento dello stiddaro NOME COGNOME COGNOME unitamente ad altri notori mafiosi, tra cui NOME COGNOMECOGNOME affiliato alla famiglia di Palma di
COGNOME – presso la persona offesa NOME COGNOME, affinché costui non partecipasse a una vendita giudiziaria a cui era interessato COGNOME; la conversazione in cui il medesimo COGNOME riconduce il proprio intervento a specifica richiesta dello stesso COGNOME, attraverso la mediazione dell’altro sodale NOME COGNOME; le diatribe per la spartizione del compenso versato da COGNOME quale corrispettivo dell’opera criminale prestata; le acquisizioni documentali relative alla procedura di espropriazione immobiliare n. 225/208 R.Es. (pp. 21-26);
– l’attività di amministratore occulto – di per sé sola inidonea ad integrare la fattispecie contestata – espletata però successivamente a conferimenti in beni e denaro al momento dell’acquisto delle quote sociali; i plurimi elementi che attestano, accanto all’ininterrotto e pacifico esercizio di poteri gestori e datoria la piena titolarità di COGNOME delle suddette imprese (quali, tra gli altri, la di rivendicazione della qualità di proprietario, registrata dall’attività captativa quant a RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE); la totale innpossidenza e l’assoluta mancanza di autonomia gestionali e finanziaria in capo ai formali amministratori; l’inequivoca logica di gruppo con cui operavano le plurime attività imprenditoriali di COGNOME; il fondato timore di essere oggetto di misure di prevenzione, a cui d’altronde era già stato sottoposto, continuando a commettere reati (pp. 27-36).
I suddetti profili di censura risultano dunque non consentiti.
Quanto alle dedotte violazioni di legge, può osservarsi quanto segue.
2.1. Secondo la consolidata esegesi di legittimità, per estorsione “ambientale” si intende quella particolare forma di estorsione, che viene perpetrata da soggetti notoriamente inseriti in pericolosi gruppi criminali che spadroneggiano in un determinato territorio e che è immediatamente percepita dagli abitanti di quella zona come concreta e di certa attuazione, stante la forza criminale dell’associazione di appartenenza del soggetto agente, quand’anche attuata con linguaggio e gesti criptici, a condizione che questi siano idonei ad incutere timore e a coartare la volontà della vittima (Sez. 2, n. 53652 del 10/12/2014, COGNOME, Rv. 261632. Cfr. anche Sez. 2, n. 21707 del 17/04/2019, COGNOME, Rv. 276115, in tema di estorsione ambientale e circostanza aggravante del metodo mafioso). Peraltro, non è necessario che nella contestazione sia formalmente contenuta l’espressa qualificazione dei fatti come “estorsione ambientale”, essendo sufficiente l’indicazione dei requisiti oggettivi e soggettivi del delitto come declina nel caso concreto (Sez. 2, n. 18566 del 10/04/2020, Abbruzzese, Rv. 279474-02).
L’ordinanza impugnata, come accennato, chiarisce adeguatamente come COGNOME abbia detto a chiare lettere a COGNOME che «non avrebbe dovuto in alcun modo partecipare all’asta», reiterando successivamente l’intimazione e monitorando l’ottemperanza da parte della persona offesa, nonché come, debitamente contestualizzato, il tono e l’atteggiamento dell’indagato risultassero
già di per sé minacciosi, a prescindere dalla gelida pacatezza dell’autore. Sopiscono, ad ogni buon conto, ogni residua perplessità le parallele minacce, mediante esplosione di colpi di arma da fuoco, in danno del fratello della persona offesa. Con queste nitide puntualizzazioni, il ricorrente non si confronta: sono dunque aspecifiche e comunque non risultano pertinenti le doglianze in tema di estorsione ambientale.
2.2. L’aggravante del metodo mafioso, contestata anche in relazione ai capi 1-2, ferma restando la sua incontestata natura oggettiva, è stata ritenuta sussistente non sulla base di claudicanti congetture psicologiche, ma sul presupposto che la minaccia – reiteratamente prospettata in un territorio notoriamente soggetto all’influsso di consorterie mafiose e con messaggio del tutto trasparente, nonostante l’apparente moderazione dei toni adoperati – avesse assunto la veste – ben più penetrante, energica ed efficace – propria dell’agire mafioso (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 32564 del 12/04/2023, Bisogni, Rv. 28501802). Lo stato di paura cagionato alla persona offesa rappresenta proprio la conseguenza concreta della mafiosità della condotta e non vale a caratterizzare in senso soggettivo l’aggravante; il ricorrente, invero, fraintende il contenuto dell’art 70 cod. pen., a mente del quale, viceversa, sono circostanze oggettive quelle che, come nel caso di specie, «concernono la natura, la specie, i mezzi, l’oggetto, il tempo, il luogo e ogni altra modalità dell’azione, la gravità del danno o del pericolo, ovvero le condizioni o le qualità personali dell’offeso», mentre sono soggettive «quelle che concernono la intensità del dolo o il grado della colpa, o le condizioni e le qualità personali del colpevole, o i rapporti fra il colpevole e l’offeso, ovve che sono inerenti alla persona del colpevole».
2.3. In merito a quanto affermato da NOME COGNOME, materiale coesecutore dei delitti di cui ai capi 3-4, in relazione al mandato criminale ricevuto in via mediata da COGNOME, è opportuno sottolineare come il dialogo, avvenuto tra soggetti inconsapevoli della captazione in corso, non sia assimilabile a una testimonianza indiretta e pertanto non possa ritenersi soggetto, ex art. 195 cod. proc. pen., a verifica di attendibilità della fonte primaria, ma abbia al contrari inequivoco valore di prova diretta (Sez. 2, n. 32569 del 16/06/2023, Aguì, Rv. 284980-03; Sez. 2, n. 10366 del 06/03/2020, COGNOME, Rv. 278590-02; Sez. 2, n. 49082 del 17/04/2018, Lipari, Rv. 274808). Nella vicenda in esame, l’ordinanza del riesame illustra adeguatamente la rigorosa valutazione operata in merito alla genuinità delle affermazioni captate, anche registrando, come già accennato, persuasivi elementi di riscontro.
In ogni caso, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità
se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164).
2.4. In tema di trasferimento fraudolento di valori, il delitto è configurabile anche nel caso in cui i beni del soggetto sottoposto o sottoponibile a misura di prevenzione patrimoniale siano stati fittiziamente intestati a persone (quali, per quanto qui rileva, la convivente) per le quali opera la presunzione d’interposizione fittizia ex art. 26, comma 2, clAgs. 6 settembre 2011, n. 159, salva la verifica della capacità elusiva dell’operazione patrimoniale (Sez. 1, n. 39846 del 23/05/2023, Salerno, Rv. 285368-02; Sez. 2, n. 13915 del 09/12/2015, dei). 2016, Scriva, Rv. 266386; Sez. 1, n. 49970 del 19/12/2014, dep. 2015, Burzì, Rv. 265408). Esulano in ogni caso dal novero tassativamente indicato dalla suddetta disposizione i congiunti della convivente, non insorgendo con essi alcun rapporto di affinità, stante il chiaro disposto dell’art. 78 cod. civ.
Risultano dunque compiutamente accertati, secondo quanto già specificato al precedente paragrafo 1, gli elementi costitutivi del reato, consistenti nella attribuzione fittizia della titolarità o disponibilità delle risorse destina conferimenti nel costituendo patrimonio sociale da parte del soggetto interessato e nel perseguimento dello scopo di eludere, in tal modo, l’applicazione di misure di prevenzione patrimoniali (Sez. 2, n. 19649 del 03/02/2021, Amato, Rv. 281423; Sez. 2, n. 35826 del 12/07/2019, Como, Rv. P_IVA).
2.5. Tutti i restanti profili di censura sono dunque non consentiti e in ogni caso generici e manifestamente infondati.
Quanto al periculum libertatis, i giudici di merito hanno chiarito le esigenze cautelari di reiterazione del reato e l’adeguatezza della misura, con argomentazioni tutt’altro che illogiche o contraddittorie, fondando la prognosi infausta di reiterazione, per quanto attiene ai capi 1-4, accanto alla rilevante gravità dei fatti e alla negativa personalità dell’imputato, sull’esistenza dell’aggravante ex art. 416-bis.1 cod. pen. (oltre a quanto considerato sub 2.2., può rilevarsi come non risulti devoluto in questo giudizio di legittimità il riconoscimento della circostanza, sia in punto di “merito” che di “agevolazione”, in relazione dei delitti di cui ai cap 3-4), a fronte della quale opera la presunzione relativa di pericolosità sociale ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. In riferimento ai capi 5-11, si è opportunamente sottolineato il collaudato e sistematico meccanismo elusivo e la pervicace prosecuzione dell’attività di impresa. In ogni caso, non si ravvisano idonei elementi di segno contrario. Il contenimento carcerario è dunque reso
necessario dalla assoluta necessità di isolare completamente l’indagato da contatti esterni.
Il solo decorso del tempo, al contrario di quanto prospettato dal ricorrente (anche a prescindere dal fatto che gli ultimi delitti contestati risalgono al 2021), non risulta sufficiente, avuto riguardo all’aggravante “mafiosa” contestata e ritenuta, a superare la suddetta presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., per quanto attiene ai requisiti dell’attualità e della concretezza de pericolo (cfr., da ultimo, Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Ferri, Rv. 282766-02; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004).
Il motivo di ricorso per cassazione che deduca assenza delle esigenze cautelari è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando come nel caso di specie, in cui ci si limita di fatto a rimarcare la rilevanza del lass cronologico intercorso dai fatti e la sufficienza della misura autocustodiale propone censure che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628).
Il motivo, in conclusione, è manifestamente infondato.
4. Il Collegio, da ultimo, è consapevole del contrasto presente nella giurisprudenza di legittimità, talora in effetti meno tranciante di quanto possa desumersi da una superficiale lettura delle decisioni, in merito alla necessità di una motivazione cosiddetta “rafforzata” anche per l’appello cautelare che riformi in senso sfavorevole all’indagato la decisione di rigetto impugnata dalla parte pubblica.
4.1. Alcuni precedenti affermano che l’overtuming cautelare non imporrebbe una motivazione rafforzata, poiché sarebbe sufficiente che il Tribunale del riesame compia una valutazione totale, autonoma e completa degli elementi addotti dalle parti nel contraddittorio pieno, confrontandosi con gli argomenti che fondano la decisione impugnata, in quanto, diversamente da quanto richiesto nel giudizio di merito, non è necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della soluzione adottata dal primo giudice (cfr., da ultimo, Sez. 5, n. 28580 del 22/09/2020, M., Rv. 279593, che ha però temperato tale conclusione, precisando come, nel procedere ad una verifica, sia pure implicita, degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, le ragioni fatte proprie dal Tribunale debbano caratterizzarsi per una maggiore persuasività e credibilità razionale; Sez. 3, n. 31022 del 22/03/2023, COGNOME, Rv. 284982-04, che muove dal diverso «standard cognitivo» che governa il procedimento incidentale, reputando necessario solo un confronto critico con il contenuto della pronunzia riformata, che deve essere vagliato e superato con argomentazioni
autonomamente accettabili, tratte dall’intero compendio processuale. Anche Sez. 6, n. 11550 del 15/02/2017, Emmanuello, Rv. 269138, sottolinea come il differente canone valutativo sia costituito dalla semplice gravità indiziaria e non dalla certezza processuale della responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio, confermando tuttavia l’obbligatorietà di una verifica, sia pur implicita, degli argomenti a sostegno della decisione liberatoria impugnata, se interferenti con i presupposti della divergente valutazione adottata in appello, configurandosi altrimenti un vizio di motivazione).
Altro orientamento ravvisa viceversa, in assenza di mutamenti del materiale probatorio acquisito, l’obbligatorietà di un rafforzato onere motivazionale, valevole a superare le lacune dimostrative evidenziate dal primo giudice, essendo necessario confrontarsi con le ragioni del provvedimento riformato e giustificare, con assoluta decisività, la diversa scelta operata. Pur non essendo necessaria la dimostrazione, oltre ogni ragionevole dubbio, della insostenibilità della decisione riformata, ogni divergente valutazione adottata dal Tribunale deve essere comunque dotata di maggiore persuasività e credibilità razionale rispetto a quella riformata (Sez. 1, n. 47361 del 09/11/2022, COGNOME, Rv. 283784; Sez. 1, n. 16029 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 266622. Nel medesimo solco interpretativo, Sez. 6, n. 17581 del 08/02/2017, COGNOME, Rv. 269827, ha però puntualizzato che, diversamente dalla sentenza di condanna che riforma quella assolutoria, non è indispensabile una piena confutazione delle ragioni del provvedimento riformato).
Il Collegio, obliterando ogni scollamento meramente terminologico, ritiene nondimeno di non poter contraddire, neppure solo formalmente, quest’ultima linea esegetica, avuto riguardo, in particolare, all’insegnamento costante del massimo consesso di legittimità in tema di paradigmi minimi dell’onere argomentativo in caso di revirement rispetto alla precedente decisione.
In via generale, invero, la motivazione rafforzata, richiesta nel caso di riforma di un primo provvedimento favorevole all’indagato/imputato all’esito della relativa impugnazione, consiste nella compiuta indicazione delle ragioni per cui una determinata prova assume una valenza dimostrativa completamente diversa rispetto a quella ritenuta dal giudice di primo grado, nonché in un apparato giustificativo che dia conto degli specifici passaggi logici relativi alla disamina degl istituti di diritto sostanziale o processuale, in modo da conferire alla decisione una forza persuasiva superiore, tale da far venir meno ogni ragionevole dubbio e di conferire alla decisione la maggiore solidità possibile. «La motivazione rinforzata presuppone ed impone, innanzitutto, una cautela decisionale, cioè un’attenzione valutativa e una prudenza deliberativa per così dire maggiorate nella disamina di quel dato istituto di diritto sostanziale o processuale, ovvero per quel determinato aspetto della vicenda giuridica. Fare riferimento a una “motivazione rafforzata”
significa attendersi un apparato giustificativo nel quale siano esposte quelle tappe non eludibili del percorso che il giudice è tenuto a compiere nell’attività di giudizio» (Sez. 6, n. 22086 del 04/06/2021, COGNOME, non massimata; cfr. anche Sez. 2, n. 33544 del 30/05/2023, G,, non massimata; Sez. 6, n. 51898 del 11/07/2019, P., Rv. 278056; Sez. 5, n. 54300 del 14/09/2017, Banchero, Rv. 272082).
Non può dunque che reputarsi imprescindibile un irrigidimento dell’onere motivazionale in capo al giudice dell’impugnazione, in un’ottica schiettamente argomentativa che prescinde dai diversi standard probatori del ragionevole dubbio ovvero della qualificata probabilità di colpevolezza, prescritti per l’affermazione di responsabilità nel giudizio di cognizione o di gravità indiziaria nell’incident cautelare.
In entrambi i casi, la presunzione di innocenza è superata dalla confutazione del percorso logico-giuridico che aveva portato alla prima decisione, a séguito di una contrapposizione di natura in primo luogo dialettica, diretta a superare i precedenti dubbi sulla fondatezza delle accuse, illustrandone puntualmente le fratture della tenuta logica dell’apparato motivazionale ovvero l’erronea valutazione o il travisamento di dati probatori (cfr. Sez. U, n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231679, in tema di obbligo, per il giudice dell’impugnazione, in sede di motivazione, di delineare le linee portanti del proprio alternativo ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione del provvedimento impugnato, dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da giustificarne la riforma. Sez. U, n. 14800 del 21/12/2017, dep. 2018, Troise, Rv. 272430 ha ribadito che, anche nel caso di ribaltamento assolutorio di una precedente sentenza di condanna, il giudice di appello è tenuto a un preciso onere motivazionale, dovendo offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata. Sez. U, n. 14426 del 28/01/2019, Pavan, Rv. 275112-03, in motivazione, ha chiarito che l’ontologica contraddittorietà della decisione sulla colpevolezza dell’imputato, derivante da due sentenze dal contenuto antitetico pur essendo entrambe fondate sulle medesime prove, è risolta dalla combinata applicazione dei principi del contraddittorio cartolare e della motivazione rafforzata. Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano, Rv. 269785, in motivazione, ha ulteriormente sottolineato come per una riforma in deterius non basti una diversa valutazione di pari plausibilità rispetto alla lettura del primo giudice, occorrendo invece «una forza persuasiva superiore». Sez. U, n. 11586 del 30/09/2021, dep. /2022, D., Rv. 282808, in motivazione, infine, ha insistito sulla necessità di una particolare incisività del rafforzament delle argomentazioni motivazionali, idoneo a compensare l’eventuale sacrificio del contraddittorio). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ferma restando, dunque, la diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine all’affermazione di responsabilità (Sez. U, n. 36267 del 30/05/2006, Spennato, kv. 234598), e vieppiù tenuto conto dei persistenti rischi sistematici di scivolamento del baricentro del procedimento verso la fase delle AVV_NOTAIO (e delle eventuali vicende cautelari) in danno della ontologica centralità della fase dibattimentale e comunque del giudizio di cognizione, l’accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero avverso una decisione di rigetto da parte del AVV_NOTAIO preliminari non può che fondarsi su una struttura motivazionale in grado di resistere ai profili critici evidenziati dal prim giudice. Tra la motivazione dei provvedimenti (necessariamente esaustiva sulle questioni rilevanti e adeguata alle deduzioni delle parti) e l’atto impugnatorio, cerniera tra il primo e il secondo giudizio, intercorre fisiologicamente una «specificità relazionale» che connota l’intero sistema delle impugnazioni. La correttezza, anche dialettica, della motivazione è dunque il primo fondamento della correttezza della decisione e, in ogni caso, ne rappresenta un’insostituibile cartina di Tornasole in funzione del controllo endoprocessuale ed extraprocessuale del provvedimento giurisdizionale, nella più profonda osservanza del principio scolpito dall’art. 111, sesto comma, Cost.
4.2. Nel caso di specie, il AVV_NOTAIO per le AVV_NOTAIO preliminari non aveva accolto la richiesta di misura, ritenendo sinteticamente insufficiente la piattaforma indiziaria in relazione ai capi 1-2 e 5-11 e rilevando invece per i capi 3, 4, 6, 8, 9, 10 e 11 (condotte risalenti al periodo 2016-2020) il difetto di concretezza e attualità delle esigenze cautelari.
Il Tribunale del riesame si è confrontato esplicitamente con tutte queste divergenti valutazioni, laddove necessario, e le ha superate, singolarmente e complessivamente, nei termini riassunti nei precedenti paragrafi 1-3, all’esito di un serrato confronto critico connotato da maggiore persuasività e credibilità razionale e coerente con la disciplina codicistica e con la consolidata interpretazione giurisprudenziale (in particolare, in tema di presunzioni ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen.).
Il ribaltamento della pronuncia di rigetto delle richieste cautelari è dunque sorretto da un percorso giustificativo tale da rispondere appieno ai criteri della cosiddetta motivazione rafforzata.
Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
La declaratoria di inammissibilità travolge anche, ai sensi dell’art. 585, comma 4, cod. proc. pen., i motivi aggiunti presentati dal medesimo ricorrente, peraltro
anch’essi non consentiti e comunque manifestamente infondati, alla luce delle considerazioni che precedono.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
La Cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28, reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso 1’8 maggio 2024